7/6/2016 1974, CHRISTO A ROMA: L’IMBALLAGGIO DI PORTA PINCIANA E DI UNA PORZIONE DELLE MURA AURELIANERead Now
contemporaneo e alle avanguardie artistiche della seconda metà del Novecento, l’Italia trovò la sua Peggy Guggenheim. Bellissima, d’una eleganza superba e sofisticata, “una delle donne più splendide mai viste, capolavoro di architettura antropologica mediterranea […] era come se a una Sofia Loren fosse capitato in sorte di essere tanto intelligente quanto bella, tanto popolana quanto raffinata”, colta, intraprendente, appassionate e instancabile, amante e profonda conoscitrice d’arte, alla quale s’avvicina più per un istintivo piacere estetico, quasi carnale, sensuale, che per studio. “Credo che l’arte contemporanea io l’ho vissuta, più che studiata”, amava ripetere, e l’arte lei la visse dal di dentro e nella sua totalità, prima da semplice collezionista e poi da mecenate, patrocinando artisti allora ai margini del mercato e snobbati dal circuito dei grandi mercanti e delle più rinomate gallerie, nomi che, come quelli di Schifano, Festa, Angeli, Rauschenberg, Twombly, saranno di lì a poco battuti all’asta (e aggiudicati tutt’ora) a suon di milioni.
La vitalità del negativo 1960-70 (il titolo richiama esplicitamente il pensiero filosofico di Nietzsche) venne allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma e fu inaugurata il 30 Novembre 1970. “"Fu una vera impresa”- ricorda la Lonardi –“lavorammo tutta l'estate. E sempre con grande entusiasmo. La mostra si formò lentamente, nacque anche attraverso un dibattito con artisti che poi vi parteciparono come Paolo Scheggi o Gino Marotta, Piero Sartogo che si occupava dell'immagine dell'esposizione. Achille Bonito Oliva, che ne fu il curatore, era un artista tra gli artisti”. Esposero artisti d’avanguardia quali Enrico Castellani, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Gino De Dominicis, Joseph Beuys, Andy Warhol e l’affluenza di pubblico fu sorprendente. Un pubblico composito e variegato.“Molti giovani ma anche intellettuali e studiosi che nel tempo sarebbero divenuti importanti per il Paese. A volte non sapevo chi erano, non li conoscevo. Vedevo spesso due signore ben vestite, educate... Seppi dopo che erano le sorelle Montalcini. Era sempre presente il neuropsichiatra Giovanni Bollea, ma anche Alberto Arbasino, Enzo Siciliano, Mino Monicelli, Furio Colombo, Argan...". Contemporanea, 1973 Contemporanea, 1973 fu "una mostra che ha segnato la storia, oggi citata tra le più importanti del XX secolo. Per la prima volta le arti visive furono messe a confronto con il cinema, il teatro, la musica, l'architettura, la fotografia, l danza, i libri, i dischi d’artista, la poesia visiva e l’informazione alternativa”. Contaminazione, sconfinamento, ibridazione, interferenza tra i vari linguaggi dell’arte furono i principi compositivi di un allestimento che fu un vero azzardo a partire dalla scelta della sede espositiva. A Roma, al di là della Galleria d’Arte Moderna diretta da Palma Bucarelli, non si contavano altri spazi pubblici ufficiali per il contemporaneo. Tutto avveniva sotto la spinta di privati. Soggetti privati, gallerie private, artisti, critici, collezionisti. Ma una mostra tanto vasta, complessa e articolata come quella pensata da Achille Bonito Oliva e Graziella Lonardi Buontempo non poteva essere costretta tra le pareti di una galleria privata o nelle sale di un museo. Serviva uno spazio più ampio. “Un giorno improvvisamente mi balenò l'idea del parcheggio sotterraneo di Villa Borghese. La costruzione era terminata ma ancora non era utilizzata. Presi contatto con la società Condotte d'Acqua che ne era titolare e la proposta piacque molto. Aprire un parcheggio con una grande mostra, non ci furono problemi”. L’enorme parcheggio interrato progettato dall’architetto razionale Luigi Moretti negli spazi sotterranei di Villa Borghese divenne così in quell’occasione un’enorme “pinacoteca drive-in”. Fu uno spettacolo totale. “Ci fu” - ricorda la Lonardi – “chi giudicò l'idea pazza, o addirittura poco rispettosa nei confronti degli artisti. Non era il loro pensiero. In realtà si applicavano per la prima volta nuovi metodi e si entrava in nuovi luoghi. A visitare questa mostra, veramente per la prima volta, arrivarono intere famiglie, le mamme con i bambini. Il parcheggio diventò un luogo magico. Cinema, teatro, performance, tutto in contemporanea, tutto di altissima qualità. Giuseppe Bertolucci invitò l'Odin Teatret, Vassilicò, Carmelo Bene, Bob Wilson, Barba... proiettammo i film di Pasolini. Tra gli artisti ricordo Beuys, Warhol, Richard Serra, Rauschenberg, il gruppo Fluxus. C'era anche una sezione di informazione alternativa curata da Bruno Corà cui parteciparono Magistratura Democratica, Pio Baldelli, Franco Basaglia, Adele Cambria, Umberto Eco”. “Facemmo venire Christo…” e impacchettò Porta Pinciana!
Per 40 giorni nei mesi di febbraio e marzo 1974, Porta Pinciana e un tratto lungo 250 metri delle Mura Aureliane fu avvolto con del polipropilene e della corda per ricoprirne integralmente entrambi i lati, la sommità e gli archi. Quaranta operai edili portarono a compimento l’opera temporanea in quattro giorni. Il tratto scelto dagli artisti per la loro opera d’arte temporanea si trova tra l’imbocco di Via Veneto, una delle strade più animate di Roma, e il parco di Villa Borghese. Il progetto fu coordinato da Guido Le Noci, amico di lunga data dell’artista e proprietario della Galleria Apollinaire che aveva ospitato nel 1963 due personali di Christo. Tre dei quattro archi drappeggiati erano percorsi da un intenso traffico automobilistico mentre uno era riservato ai pedoni. Il Wrapped Roman Wall fu finanziato da Christo e Jeanne-Claude con la vendita degli studi preparatori di Christo: disegni, collage, modelli in scala, oltre che da precedenti opere e litografie. Gli artisti non accettarono sponsorizzazioni di alcun genere, come loro solito. “Non ci furono reazioni negative” – racconta la Lonardi – “Una notte avemmo qualche timore, forse qualcuno voleva incendiare il lavoro di Christo (gruppi di giovani neofascisti che mal digerivano che i teli dell’artista bulgaro coprissero una lapide a loro cara ndr.) Generalmente però fu seguito con affetto. Durante la preparazione i suoi teloni, le corde arancioni affascinarono i ragazzi, le donne, gli automobilisti che arrivavano a Porta Pinciana... Fu un'esperienza di bellezza e di freschezza, un'operazione di grande stile. Ho un solo rammarico: non sono rimasti a Roma i disegni preparatori di Christo, una cinquantina. Lo Stato non volle intervenire". Al termine dei 40 giorni la struttura fu smontata e riciclata. Immagini tratte da:
- 1,2,8,9 www.christojeanneclaude.net - 3 www.vogue.it - 4 www.undo.net - 5 www.ilgiornaledellarte.com - 6 www.manifestajournal.org - 7 www.domusweb.it
1 Commento
arturo tagliacozzo
4/7/2020 13:42:08
Bello grazie
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