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14/2/2017

Rabarama, o dell'uomo come enigma infinito

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di Alessandro Rugnone

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“[...] for the world, which seems
To lie before us like a land of dreams,
So various, so beautiful, so new,
Hath really neither joy, nor love, nor light,
Nor certitude, nor peace, nor help for pain;
And we are here as on a darkling plain
[...]


[…] perché il mondo, che pare
stendersi dinanzi a noi come una terra di sogni,
così vario, così splendido, così nuovo,
non possiede in realtà né gioia, né amore, né luce,
né certezza, né pace, né sollievo nel dolore;
E siamo qui, come in una piana che s’oscura
[...]”

(Dover Beach (1867), Matthew Arnold)


“We are the hollow men [...]
Shape without form, shade without colour,

Paralysed force, gesture without motion
; […]

This is the way the world ends.


Siamo gli uomini vuoti […]
figura senza forma, ombra senza colore,

forza paralizzata, gesto immoto;
[…]
E' questo il modo in cui finisce il mondo.
”

(The hollow men (1925), T.S.Eliot)

“Siamo gli uomini vuoti, […] siamo ombre”. A loro, sì lunga tratta/ di gente, ch'i' non averi creduto/che morte tanta n'avesse disfatta (Inferno, III), a un'umanità inane che s'affanna sul proscenio senza ribalta della modernità, che s'aggira inquieta tra i dedali della praziana Età dell'Ansia, disorientata, smarrita e stravolta, a simili esistenze fatte di niente, piatte, fatue e vane, a siffatte vite, grigie, sordide e insignificanti, il poeta rivolge la sua accorata supplica. Inascoltato. E l'amore, la gioia, la certezza, la luce, la pace e il conforto al dolore non sono che flebili Eco di passate esistenze in questa piana che s'oscura, istantanee trascolorate, beffarde illusioni. L'animo dell'uomo moderno è tarlato, roso, la felicità guastata, l'energia fiaccata, le sue ali tarpate, i suoi polsi serrati, il petto oppresso dal giogo dell'affanno, dell'angoscia e dell'inquietudine. Dio è morto, o silenziato dal tuono del cannone. La realtà è un cumulo d'immagini frante, è caos, e alla desolazione non c'è ristoro, all'aridità Oasi, alla disperazione conforto. “Tutta la vita è senza mutamento/ha un solo volto la malinconia/il pensiere ha per cima la follia/e l'amore è legato al tradimento”.
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Picasso, Guernica

L'orrore lo si esorcizza con l'inchiostro, al grigiore si risponde con l'impasto della tavolozza, l'angustia si modella con la creta, si scolpisce nel marmo o si fonde col bronzo.

Ne La metamorfosi Kafka fissò in pagine memorabili l'inquietudine sua e dei suoi consimili così come l'entomologo infilza con spilloni le farfalle alla sua collezione; Picasso scompose le atrocità della guerra in Guernica; Edvard Munch liberò il mal del secolo in un disperato Urlo senza tempo; Bacon sostanziò i suoi deliri in forme terrificanti; Hermann Nitsch celebrò in remissione dei nostri peccati la sua laicissima eucarestia col corpo e il sangue di bestie da soma; Alberto Giacometti plasmò nelle sue filiformi statuette il dramma de l'uomo a una dimensione. L'arte, più della coeva psicanalisi, riuscì quindi a scavare nelle discrasie del cosiddetto secolo breve, il Novecento dei conflitti e delle dittature, delle contraddizioni e delle fratture mai composte, e riesumare quella verità altrimenti sepolta dall'incedere violento e atroce della Storia.
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Munch, L'Urlo
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Alberto Giacometti, Man Pointing

Con Rabarama (al secolo Paola Epifani, Roma 1969) le fila di questo esistenzialismo astorico e transnazionale si riallacciano al contemporaneo in una riflessione artistica e sociologica mirata a ricostruire tassello per tassello il vissuto dell'uomo moderno ancora irrimediabilmente disgregato e franto. E' infatti il puzzle il pattern che l'artista romana predilige per le sue statuette in ceramica policroma o per le gigantesche sculture in metallo (bronzo, alluminio principalmente), marmo e gomma. Al centro l'uomo, quindi. In pose raccolte, riflessive, intimiste. Le braccia a cingere le gambe, la schiena china, la testa poggiata sulle ginocchia. La fronte corrugata, il volto spesse volte accigliato o fissato in un'espressione che suggerisce angoscia, inquietudine, talvolta paura, del sé e dell'altro. Pezzi di un puzzle che a stento combaciano, linee spiralate, contorte, aggrovigliate, lettere, numeri, lacerti d'un enigma infinito, e ancora alveoli, celle e innumerevoli altri pattern geometrici, tutte decorazioni scultoree che, se decifrate, rendono perfettamente l'immagine dell'uomo moderno, frammentato e irrisolvibile, perennemente alla ricerca di unità, d'una composizione ben al di là dal raggiungere.
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Rabarama
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Rabarama

Immagini tratte da:

Immagine 1, 5, 6: www.barbarapicci.files.wordpress.com
Immagine 2: www.restaurars.altervista.org
Immagine 3: www.ilpost.it
Immagine 4: www.tate.org

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