Il nome e la fama dell’artista tardo rinascimentale Tiziano Vecellio è noto a tutti. Meno conosciuta è l’opera in cui il dramma esistenziale dell’artista giunge a compimento: la Pietà. Siamo nel 1575-76 e l’artista, ormai anziano, non solo è giunto al tramonto della sua fortunata carriera, ma anche della sua vita. Vedremo come, nella metà del ‘500 con il sopraggiungere della vecchiaia e l’incombere della morte, la sua tecnica pittorica muterà profondamente. Egli, di fatto, compirà una serie di scelte che daranno un altro volto ai suoi dipinti, un volto avvilito e tragico. Abbandona i colori caldi e accesi come il rosso ed il giallo, tinte che avevano caratterizzato alcune tra le sue più celebri opere come l’Assunta (1518) e la Venere di Urbino (1538). Comincia a privilegiare una colorazione spenta, grigiastra e verdastra in cui la calda luminosità perde tutta la sua energia per lasciare spazio ad una fredda oscurità. Sembra che la tela venga, per così dire, “sporcata” da tinte cupe ed estremamente malinconiche. La pennellata viene stesa con violenza e disprezzo e in tal modo vengono meno quella precisione e quella delicatezza che da sempre avevano contraddistinto la sua pittura. Perché avviene tutto ciò? Cosa portò Tiziano ad un cambiamento così drastico e netto nel modo di concepire le sue opere? Tutto ciò si può spiegare ripercorrendo le ultime fasi che caratterizzarono la sua vita e osservando, soprattutto, la Pietà. Il dipinto è un olio su tela ed è l’ultimo capolavoro che l’artista veneto realizzò poco prima della sua morte. In verità, la morte del pittore anticiperà la fine dell’opera che verrà così conclusa dal suo allievo Palma il Giovane. A lui, infatti, si deve l’aggiunta del putto che sorregge una fiaccola accesa. Sullo sfondo è presente una grande nicchia tipicamente manierista e ai lati si osservano due sculture rappresentanti Mosè e la Sibilla Ellespontica, una profetessa appartenente alla tradizione pagana che avrebbe predettola morte di Cristo. Le due statue poggiano su pilastri dalla forma di leone che, senza dubbio, ricordano il simbolo di Venezia. Dinanzi al pilastro sormontato dalla figura della Sibilla è possibile scorgere una tavoletta votiva in cui, prostrati davanti alla Madonna, sono raffigurati Tiziano ed il figlio Orazio. Al centro vi è Maria che, con ammirevole compostezza e senza lasciar trasparire emozione alcuna, ha in braccio il corpo privo di vita di Cristo. Alla sua destra, invece, è presente la figura della Maddalena che, contrariamente a Maria, lancia un grido di dolore accompagnato da una forte gestualità che mostra ira e afflizione. La scena, dunque, si carica di pathos. Infine, inginocchiato accanto al corpo di Cristo, vi è Nicodemo che delicatamente gli afferra la mano. Nella figura dell’anziano e barbuto Nicodemo, gli studiosi hanno voluto vedere quella di Tiziano. Si osservacosì un Tiziano vecchio e, soprattutto, prossimo alla morte. Una morte non avvenuta a causa della sua avanzata età, ma dovuta ad una terribile e rapida epidemia di peste. Malattia che strappò, precedentemente, la vita anche al figlio Orazio. Dunque, è nella Pietà che Tiziano volle mostrare quel senso di malinconia e frustrazione dato dalla consapevolezza che di lì a poco, o meglio nel 1576, sarebbe stato sopraffatto dal sonno eterno. Nella tela traspare la presa di coscienza della caducità della vita e, soprattutto, dell’imprevedibilità della morte. Potremmo così considerare il dipinto come la manifestazione più sincera e intima delle paure, dei timori, delle sofferenze, dello sconforto, dell’angoscia e della perdita di fiducia nell’esistenza umana da parte di Tiziano. Un’opera in cui la sua interiorità e il suo pessimismo vengono volutamente messi a nudo. Immagini tratte da:
- Autoritratto Tiziano, wikipedia, pubblico dominio, voce: Tiziano - Assunta, wikipedia, pubblico dominio, voce: Assunta - Venere di Urbino, wikipedia, pubblico dominio, voce: Venere di Urbino - Pietà, wikipedia, pubblico dominio, voce: Pietà - Tomba di Tiziano, foto dell'autrice
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Gennaio 2022
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