![]() Rumore di stoviglie, il calore delle braci, il concitato vociare dei cuochi, uno schiavo che, maldestramente, inciampa rovesciando a terra il contenuto di una piccola anfora…eccoci nella cucina di una ricca domus romana. Noi, curiosi, cominciamo a sbirciare e assaggiare ciò che viene cucinato. Ma cosa mangiavano i nostri antenati? I loro alimenti non erano poi molto diversi da quelli che vediamo ancora oggi sulle nostre tavole. Certo, alcune pietanze non erano ancora giunte in Europa, come i pomodori o le patate, ma la loro dieta, sostanzialmente mediterranea, era molto simile alla nostra. ![]() Prima di passare ad analizzare i cibi, cerchiamo però di capire come era articolata la giornata “alimentare” degli antichi: erano presenti tre pasti, definiti jentaculum, prandium e coena. Solo quest’ultima potremmo definirla un pasto vero e proprio, in quanto gli altri due erano piuttosto frugali spuntini. Marziale infatti ricorda che se vorrai fare una colazione frugale senza carne, questo grosso formaggio del gregge Vestino arriva per te [1]; Plinio il Giovane scrive dello zio che il suo pasto era molto leggero, secondo il costume degli antichi [2], mentre Seneca prendeva lo spuntino senza apparecchiare e senza lavarsi le mani.[3] Le classi meno abbienti avevano una dieta semi-vegetariana, basata principalmente su cereali, in modo particolare grano, farro e miglio. La farina era impiegata sia per cucinare semplici polente (pules), sia per la produzione del pane. A Roma ne avremmo trovate svariate tipologie, un po’ come ai nostri giorni, che spaziavano dal cibarius (pane povero) al secundarius (pane integrale), dal pane farcito con lardo (adipatus) a quello biscottato (buccellatum); spesso era arricchito con l’aggiunta di semi di finocchio, sesamo o anice e reso particolare dalle forme dategli dai fornai (non da ultime quelle ricordanti i genitali). Sulle tavole dei Romani avremmo poi trovato sicuramente legumi e verdure: fave, fagioli, lenticchie, aglio, zucche, sono solo alcuni dei cibi consumati. Un paio di curiosità: i fagioli (phaseoli) che avremmo mangiato, non corrispondevano a quelli che conosciamo noi, provenienti dall’America Centrale, bensì una varietà africana; i piselli ci sarebbero apparsi più piccoli e grigiastri (specie Pisa Arvense); anche la zucca gialla (cucurbita), non era ancora giunta in Europa da oltreoceano, a differenza della sua sostituta Calabaza, di origine indiana e colore bianco. La dieta non poteva non comprendere la frutta, sia secca (noci, nocciole) sia fresca (mele, pere, susine, albicocche, noci-pesche, ciliegie, castagne). Il formaggio (caseus) era di due tipi, come ricorda Columella: fresco o stagionato, in base al latte utilizzato [4]. Venivano consumati anche carne e pesce, benché fossero principalmente appannaggio delle classi più ricche, ricadendo soprattutto su determinati tipi di animali; il pesce ebbe sempre un costo maggiore della carne, come dimostrato dall’Editto dei prezzi di Diocleziano, e ciò ne fece una sorta di status symbol dell’aristocrazia. Note: [1] Marziale, Xenia, XIII, 31 [2] Plinio il Giovane, Epistulae, 3,5 [3] Seneca, Epistulae, 83.6 [4] Columella, De re rustica, VII, 8,1 Immagini tratte da:
disegno cucina, da romanoimpero.com, voce "Cucina romana" pane, da Wikipedia, Di User:Beatrice - Opera propria, CC BY-SA 2.0 it, voce "Alimentazione nell'antica Roma" farro, da Wikipedia inglese, By Ziko - Own work, CC BY-SA 3.0, voce "spelt" fagiolo dall'occhio, da Wikipedia, Di Olivier Migeot - Opera propria, CC BY 3.0, voce "Vigna unguiculata" cucina ricostruzione, da Wikipedia inglese, By Carole Raddato from FRANKFURT, Germany - Reconstructed Roman kitchen (culina), Museum of London, CC BY-SA 2.0, voce "Londinium"
2 Commenti
isa
21/4/2016 17:25:54
interessante, continuate su questa strada
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Andrea
21/4/2016 19:54:28
Grazie mille! La prossima settimana uscirà la seconda parte!
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