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3/8/2021

American Art 1961-2001

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di Giovanna Leonetti
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Palazzo Strozzi ospiterà fino al 29 agosto la mostra American Art 1961-2001, una selezione di opere provenienti dal Walker Art Century (Pennsylvania), che testimoniano quarant’anni di storia americana, dagli anni della Guerra in Vietnam, fino agli eventi dell’11 settembre 2001.
La mostra segue un filo diacronico ripercorrendo in ogni sala le grandi correnti storiche che hanno rappresentato gli anni presi in esame.
Nella sala dedicata alla Pop art è prorompente la presenza di Andy Warhol, con le sue iconiche Boxes che immortalano i grandi brand famosi negli anni ’60 come Campbell’s e Brillo. Citiamo anche Sixteen Jackies, opera dove le immagini della First Lady vengono ripetute per quattro volte in modo seriale. Le figure provengono dai giornali dell’epoca e rappresentano Jackie prima e dopo l’assassinio di JFK. Questa opera racchiude in sé molti temi importanti del lavoro di Warhol, come la sua attrazione per le celebrità americane, il suo interesse per i mass media, la diffusione delle immagini e la sua preoccupazione per la morte, tema quest’ultimo diventato sempre più presente dopo il tentato omicidio subìto nel ’68.
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1: A sinistra: Andy Warhol, Boxes, 1964, vernice polimerica sintetica, serigrafia su legno. A destra: Andy Warhol, Sixteen Jackies, 1964, acrilico, smalto su tela. Immagine 2 - Andy Warhol, Sixteen Jackies, 1964, acrilico, smalto su tela.
Di particolare interesse la sezione dedicata alla collaborazione tra Merce Cunningham, John Cage, Robert Rauschenberg e Jasper Johns, figure che hanno rivoluzionato i campi della danza, musica e arte visiva, dando vita a una nuova interazione tra le discipline. Tra le opere presenti citiamo le scenografie ideate da Rauschenberg e Johns. Il primo crea una struttura autoportante costituita da una cornice di legno e rivestita da un collage di stoffa, carta, pittura e specchio. Johns invece, a seguito di una collaborazione a distanza con Duchamp, crea la scenografia per Walkaround Time, composta da sette scatole rettangolari di plastica trasparente, ognuna con un’immagine dipinta e serigrafata, con un motivo tratto dal Grande Vetro di Duchamp, come la Sposa e la Macinatrice di Cioccolato.
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2: A sinistra: Robert Rauschenberg, Elemento di scena per Minutiae, 1954-1976, olio, carta da giornale, legno, metallo e plastica con specchio e filo, su legno. Al centro: alcuni dettagli della scenografia. A destra: Jasper Johns, Elementi di scena per Walkaround Time, 1968, plastica, vernice, 7 cuscini gonfiabili.
Rappresentativa degli anni ’70 e ’80 è la sala dedicata all’Appropriation Art: gli artisti, attingendo alle immagini dei mass media, le rielaborano dandone un nuovo significato. Tra le opere presenti degna di nota è quella di Barbara Kruger, una serie di nove quadri contenenti figure di gesti che suggeriscono alcune parole del linguaggio dei segni. Sono presenti porzioni di immagini con tagli ravvicinati di visi e mani abbinati a scritte sovrapposte che nell’insieme danno il seguente messaggio We will no longer be seen and not heard ("Mai più noi saremo visti/viste senza essere ascoltati/e").
3: Barbara Kruger, Untitled (We Will no Longer be Seen and Not Heard), 1985, litografia, fotolitografia, serigrafia su carta.

Merita una menzione a parte la sala Biographies che testimonia una delle epidemie più grandi che ha colpito l’America negli anni Ottanta, il virus dell’AIDS. Le comunità artistiche, devastate dalla malattia, si attivarono attraverso la loro produzione artistica per denunciare l’indifferenza e la discriminazione del Governo e del presidente in carica Reagan. Ne è un esempio Rober Gober, presente in mostra con Newspaper (1992), il quale esprime l’orrore, la paura e il dolore di essere gay nella New York degli anni ’80.
Degno di nota è la sezione dedicata agli artisti racchiusi nella sala More Voices. Tra i tanti citiamo il lavoro di Hock Aye Vi/Edgar Heap of Birds, Building Minnesota (1990), installazione, caratterizzata da quaranta targhe, che testimonia uno dei momenti più tragici della storia americana, l’impiccagione di quaranta uomini della tribù Dakota avvenuta in Mankato.
Nell’ultima sala troviamo una sezione dedicata all’opera dell’artista afroamericana Cara Walker. L’artista è famosa per le sue silhouettes di carta ritagliata, sagome nere che risaltano sul bianco della parete. Walker utilizza queste figure per narrare storie di violenze e di soprusi ambientate nelle piantagioni di cotone prima della guerra di Secessione. Sono silhouettes delicate ma allo stesso tempo violente: Cut ne è un esempio. L’immagine a grandezza naturale di una donna nera che si taglia le vene dei polsi dopo essere stata violentata, affronta il ruolo delle donne di colore nella storia e le tematiche di genere.
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4: Kara Walker, Cut, 1998, carta ritagliata.
American Art è una mostra dalle mille sfaccettature che, attraverso la produzione artistica di cinquantatré artisti, ripercorre quarant’anni di storia americana. Un’esposizione eclettica che avrete modo di visitare fino al 29 Agosto.
Per informazioni relative a orari e biglietti visitare il sito https://www.palazzostrozzi.org/archivio/mostre/american-art-1961-2001/

Immagini tratte da foto dell'autore (Livia De Pinto)
locandina: https://www.palazzostrozzi.org/mostre-in-corso/
Foto di Livia De Pinto
Video di Livia De Pinto

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