29/1/2019 Letizia Battaglia, fotografie. Ai Granai di Villa Mimbelli dal 19 gennaio al 15 marzo - Comunicato stampaRead NowLetizia Battaglia nasce a Palermo nel 1935. Fotografa, artista, regista, ambientalista, politica, editrice, è tra le prime donne fotoreporter in Italia. Nel 1974 inizia la sua carriera di fotografa per il quotidiano L’ORA di Palermo e con il collega e compagno Franco Zecchin fonda l’agenzia “Informazione Fotografica”. Cronista di frontiera, documenta la Palermo in cui la mafia fronteggia lo Stato e regola i propri conti amministrando con il sangue la legge del territorio. Immortala poliziotti, giudici e uomini delle istituzioni in prima fila nella lotta contro Cosa Nostra. Consegna alla storia fotografie di Giorgio Boris Giuliano, del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella (ritratto, appena ucciso, tra le braccia del fratello Sergio, l’attuale presidente della Repubblica), del generale Dalla Chiesa, dei magistrati Falcone e Borsellino. Ritrae intellettuali come Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound, diventa amica di grandi fotografi come Diane Arbus, Sebastião Salgado, Josef Koudelka. Letizia Battaglia passa in rassegna quarant’anni di vita e società italiana. Il suo obiettivo si trova sempre là dove è necessario raccontare: dagli scontri di piazza agli omicidi di mafia, dalle carceri agli ospedali psichiatrici. Ma i suoi soggetti preferiti, dichiara, restano sempre le donne e i bambini. E’ la prima europea a ricevere nel 1985 a New York il Premio Eugene Smith per il fotogiornalismo (riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life, assegnato annualmente a chi si è distinto in ambito sociale, economico, politico o ambientale). Nel 1991 fonda la rivista bimestrale realizzata da sole donne ” Mezzocielo”. Nel 1999 vince The Mother Johnson Achievement for Life San Francisco. Nel 2007 l’Associazione Tedesca per la Fotografia (DGPh) le assegna The Erich Salomon Prize. Nel 2009 viene premiata con il Cornell Capa Infinity Award. Peace Women Across the Globe la segnala tra le 1000 donne per il Nobel per la pace. Nel 2017 il New York Times la inserisce (unica italiana) fra le undici donne più influenti del mondo e il MAXXI di Roma le rende omaggio dedicandole un’antologica che raccoglie più di duecento scatti, provini, vintage e documenti inediti. Oltre che in Italia Letizia Battaglia ha esposto nei Paesi dell’Est, Francia (Centre Pompidou, Parigi), Gran Bretagna, America, Brasile, Svizzera, Canada. Tiene lecture e workshop per musei e istituzioni in Italia e all’estero. Dal 2017 dirige e cura la selezione di mostre e incontri dedicati alla fotografia storica e contemporanea del Centro Internazionale di Fotografia, presso i Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. La Fondazione Carlo Laviosa da sempre reputa il mondo del lavoro un campo di analisi di fondamentale importanza per la comprensione delle dinamiche sociali e delle disparità di condizione tra paese e paese. Parlare di lavoro significa riflettere sull’energia primaria della quale l’umanità dispone e sul concetto di democrazia e per farlo la Fondazione ha scelto un linguaggio che da circa 150 anni è testimone ed archivio delle azioni dell’uomo e delle trasformazioni del pianeta: la fotografia. Questa scelta ha generato un progetto, “Fotografia e Mondo del Lavoro”, condiviso dall’Amministrazione Comunale, che si articola in momenti espositivi, momenti produttivi e didattici e in un concorso. Il progetto non poteva non concedere spazio al lavoro del fotografo in quanto giornalista: “Letizia Battaglia rappresenta un esempio per le nuove generazioni e i principi che hanno mosso e governato la sua vita dovrebbero essere applicati in qualsiasi ambito lavorativo: l’onestà intellettuale, il rispetto degli altri, l’assenza di prosopopea e di superficialità senza dubbio rappresentano il viatico per una società più giusta”, afferma Giovanni Laviosa Presidente della Fondazione. INFORMAZIONI / SCHEDA TECNICA Titolo della mostra: “Letizia Battaglia” Un progetto della Fondazione Carlo Laviosa in collaborazione con il Comune di Livorno A cura di Serafino Fasulo Date: dal 19 gennaio al 15 marzo 2019 Sede espositiva: Museo Fattori, Granai di Villa Mimbelli, via San Jacopo in Acquaviva 65 – Livorno, venerdì-domenica ore 10.00/13.00 e 16.00/19.00, ingresso Euro 5.00, gratuito per i ragazzi sotto i 14 anni, visite guidate su prenotazione: www.museofattori.livorno.it Catalogo: “Letizia Battaglia”, AA VV, Pacini Editore Ufficio stampa: Silvia Pichini, silviapichini@ngi.it, mob. +39 3474536136 Ufficio Comunicazione e Marketing – Comune di Livorno tel. 0586 820268-266-504web. www.comune.livorno.itfacebook. www.facebook.com/comunedilivorno/instagram. ComunediLivorno twitter. @ComunediLivorno
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di Antonio Monticolo Al momento della scoperta la statua era sostanzialmente completa come dimostrano il disegno di Giovanni Antonio da Brescia e l'incisione di Marco Dente, ma che allo stesso tempo ci mostrano anche le mancanze principali: il braccio destro del figlio minore, il destro del Laocoonte e le dita della mano destra del figlio maggiore, mentre era presente la testa del serpente che morde il fianco di Laocoonte, la quale sparirà dalle immagini successive. Giovan Antonio da Brescia Siamo a conoscenza del primo intervento di restauro attraverso due elementi: la descrizione che della statua danno gli ambasciatori veneti durante la loro visita nel 1523 in cui menzionano la mancanza del solo braccio di Laocoonte, e dall'altro il disegno di van Heemskerck del 1532 -33 dove le braccia del figli sono già presenti. Poiché il cardinale Giulio de' Medici, futuro papa Clemente VII, aveva commissionato nel 1520 a Baccio Bandinelli una copia al naturale del Laocoonte da offrire a Francesco I re di Francia, quella che oggi si trova nella Galleria degli Uffizi, è possibile ipotizzare che lo stesso scultore avesse restaurato le braccia dei figli nel corso degli studi per la realizzazione della sua replica. Laocoonte di Baccio Bandinelli Il braccio del padre sarebbe stato integrato solo più tardi tra il 1532 e il 1533 da un allievo di Michelangelo, fra' Giovanni Agnolo Montorsoli, ma in realtà questi non terminò il lavoro, visto che dovette tornare a Firenze e venne messo in opera solo il modello in terracotta che Montorsoli non aveva avuto tempo di trasferire in marmo. La posizione era protesa verso l'alto e nel complesso assai più teatrale di quanto non fosse l'antica. Ci fu anche un altro braccio realizzato per il restauro ma mai messo in opera che una vulgata attribuiva a Michelangelo a partire dalla prima menzione che se ne ha risalente al 1720. Esso ha una posizione completamente diversa, ripiegata e assai vicina a quella del braccio originale. Sulla data e paternità di questo intervento ci sono due posizioni: da un lato gli studiosi pensano di attribuirlo ad Agostino Cornacchini, che all'inizio del `700 lavorò effettivamente sul Laocoonte; dall'altro si sono esplorate almeno un paio di possibilità nell'ambito del `500. Il problema e risolvibile in via definitiva solo se verrà trovata documentazione archivistica chiarificatrice. A causa della Controriforma si sviluppò un vero e proprio disinteresse pontificio per la collezione conservata nel Cortile delle Statue. Tutto questo terminò con Clemente XI Albani (1700- 1721), papa colto e amante delle arti, il quale intervenne con un vasto programma di risistemazione del Cortile. È in questo contesto che rientra l'intervento del Cornacchini, che restaura nuovamente il braccio destro a entrambi i figli e la testa del serpente sul fianco dí Laocoonte, tutte parti che nel frattempo si erano o perdute o danneggiate. Il braccio Montorsoli, in ogni caso, non sopravvisse al XVIII secolo. Perché troviamo montato sulla spalla del sacerdote troiano un altro braccio, di posizione simile a quella voluta dal Montorsoli, ma con una disposizione delle spire chiaramente diversa. Molto probabilmente si era voluto rimediare senza troppa pubblicità alla perdita del precedente, che poteva essere dovuta a diversi motivi, da un tentativo d'integrazione mal riuscito a un danneggiamento casuale. Anche il figlio minore ottenne in quest'occasione un nuovo braccio poco felice. Integrazioni di Agostino Cornacchini Ma tutto cambiò nuovamente quando con l'arrivo dei commissari francesi incaricati delle requisizioni delle opere d'arte che lo Stato Pontificio, in base al trattato di Tolentino del 1797, doveva consegnare alla Francia, il Laocoonte venne imballato, dopo essere stato privato delle sue braccia, e portato a Parigi. Ma la storia non finisce qui! Nel 1906 Ludwig Pollak studioso e mercante d'arte, aveva donato al museo un braccio piegato e parzialmente avvolto nelle spire di un serpente. L'aveva riconosciuto nella bottega di uno scalpellino il quale l'avrebbe ritrovato in uno scavo lungo il tratto urbano della via Labicana, dunque non troppo distante dal luogo del rinvenimento cinquecentesco del gruppo scultoreo. Infine eccoci arrivare all’ intervento del 1957: il restauro del Magi. Braccio Pollack Il Magi smontò completamente il gruppo, realizzando un prezioso calco di ciascuna delle parti separate, modificando leggermente la posizione del figlio maggiore rispetto al padre e togliendo le braccia del precedente restauro, quello del periodo canoviano. Sul sacerdote troiano venne infine montato il braccio Pollak. La parola del nostro gioco è: cuscino Laocoonte: restuaro del Magi Per saperne di più: Ludovico Rebaudo, I restauri del Laocoonte, in Laocoonte: fama e stile a cura di Salvatore Settis, 2006. Immagini tratte da:
- The Digital Sculpture Project - Repubblica.it - engramma - la tradizione classica nella memoria occidentale n.161 - Wikipedia, CC BY-SA 3.0, Gentil Hibou voce: Ludwig Pollack - Homolaicus di Vanessa Varini AL Palazzo della Ragione a Mantova fino al 3 febbraio 2018 sono esposte le opere di Marc Chagall, pittore bielorusso di origine ebraica celebre per aver coniugato pittura e poesia creando mondi fiabeschi ed onirici. La mostra intitolata "Marc Chagall - Come nella pittura così nella poesia" é a cura di Gabriella Di Milia, in collaborazione con la Galleria Statale Tret’juakov di Mosca e promossa dal comune di Mantova e organizzata e prodotta con la casa editrice Electa. Espone oltre 130 opere e culmina con il ciclo completo dei 7 teleri dipinti da Chagall nel 1920 per il Teatro ebraico da camera di Mosca (284 x 787 cm), una rarità in Italia. La mostra si apre in una tensostruttura dove sono esposte delle acqueforti in bianco e nero: illustrazioni dedicate al ciclo delle anime morte di Gogol e alla Bibbia che furono commissionate all’artista dal gallerista francese Ambroise Vollard. Chagall ci lavorò per dieci anni ed intraprese anche un viaggio sui luoghi delle vicende narrate dai Testi Sacri, tra Egitto, Siria e Palestina. Al ritorno e fino al 1939, Marc Chagall scelse gli episodi da illustrare, eseguì i bozzetti di tutte le tavole e portò a termine sessantasei incisioni. In seguito il regime nazista proclamò l'antisemitismo con le persecuzioni contro gli ebrei. Chagall decise di fuggire negli Stati Uniti, da cui tornò nel 1948, alla morte dell'amata moglie Bella. L'esilio costrinse l’artista a interrompere la realizzazione delle opere, fino al 1952 con l'esecuzione di altre trentanove tavole e la loro definitiva pubblicazione nel 1956. Altre acqueforti esposte sono “Le Favole” di La Fontaine realizzate da Chagall nel 1927, sempre su richiesta del mercante d’arte Vollard e un nucleo di quattro opere che ruotano attorno al tema del circo (infatti Chagall era sempre stato affascinato dagli spettacoli circensi nella natale Vitebsk e a Parigi). Proseguendo l'esposizione, si può ammirare il quadro dallo stile fiabesco e poetico "Sopra la città”, dove un uomo e una donna che rappresentano Marc Chagall e sua moglie Bella, volano abbracciati sopra la loro città, Vitebsk. Ma il pezzo forte della mostra é il ciclo completo dei 7 teleri dipinti da Chagall nel 1920 per il Teatro ebraico da camera di Mosca, dove l'artista dipinse come una festa la Rivoluzione d'ottobre. Uno spazio per cui aveva realizzato, oltre ai dipinti parietali, le decorazioni per il soffitto, il sipario, insieme a costumi e scenografie per tre opere teatrali. Tra i dipinti anche "Danza" e "I Musicanti" Sebbene la maggior parte delle opere siano acqueforti in bianco e nero, i magnifici teleri e il dipinto "Sopra la città" dai brillanti colori, eccezionali prestiti della Galleria di Mosca, riscattano totalmente la godibilità della mostra. INFO SULLA MOSTRA: La mostra è aperta fino il 3 febbraio 2019. Il costo del biglietto è di 12 € (prezzo ridotto 10 €). Immagini tratte da: Immagine 1 da http://www.ansa.it/ Immagine 2 da http://arte.sky.it/ Immagini 3-4-5-6 da foto dell'autore Comunicato stampa Dal 15 Dicembre 2018 al 10 Marzo 2019 ROMA LUOGO: Fondazione Alda Fendi - Esperimenti INDIRIZZO: via dei Cerchi 21 ORARI: tutti i giorni dalle 10:00 alle 19:00. Dal 15 al 23 dicembre le visite saranno organizzate su prenotazione COSTO DEL BIGLIETTO: ingresso gratuito TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 340.6430435 E-MAIL INFO: info@fondazionealdafendi-esperimenti.it Il 14 dicembre nel nuovo rhinoceros, sede della Fondazione Alda Fendi - Esperimenti, verrà esposto in via straordinaria L’Adolescente di Michelangelo, proveniente dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo.
L’esposizione, che si terrà dal 14 dicembre 2018 al 10 marzo 2019, sancisce l’inizio della collaborazione triennale tra la Fondazione Alda Fendi - Esperimenti e il celeberrimo museo russo. Questo prestigioso accordo nasce dal desiderio di incrementare i rapporti culturali tra la Russia e l’Italia, tramite l’assegnazione di borse e soggiorni di studio, riservati a un numero selezionato di ricercatori russi, attività scientifiche e culturali congiunte e l’esposizione di capolavori provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo a Roma presso rhinoceros, prospiciente l’Arco di Giano. L’area del Foro Romano è stata recentemente restaurata e riqualificata grazie alla Fondazione Alda Fendi – Esperimenti che ha incaricato Vittorio e Francesca Storaro per l’illuminazione dell’Arco di Giano e Jean Nouvel per il restauro del palazzo. La prima delle opere che arriveranno nella Capitale, con cadenza annuale, è L’Adolescente di Michelangelo, capolavoro ormai definitivamente assegnato al geniale scultore, esposto per la prima volta a Roma. Probabilmente realizzato nei mesi più travagliati della vita di Michelangelo intorno al 1530, il prezioso marmo è uno dei pochissimi lavori del grande scultore conservati all’estero, giunto in Russia per iniziativa della zarina Caterina II la Grande, che lo acquistò da un banchiere inglese nel 1787. A Roma, per l’occasione, questo enigmatico e incompiuto giovane accovacciato così vibrante e intenso, verrà sapientemente illuminato da Vittorio e Francesca Storaro, a evidenziare la potenza creativa del grande artista. Promossa dalla Fondazione Alda Fendi - Esperimenti e dal Museo Statale Ermitage con la collaborazione di Ermitage Italia, l’esposizione, curata dal professor Sergej Androsov, capo Dipartimento dell’Arte dell’Europa Occidentale all’Ermitage, è stata organizzata da Il Cigno GG Edizioni in collaborazione con Villaggio Globale International. La mancanza di documentazione relativa all’opera, la particolarità dell’utilizzo di un marmo di seconda mano, non usuale in Michelangelo ma probabilmente compatibile con l’impossibilità di procurarsi altro materiale nella situazione di pericolo in cui egli si trovò all’indomani della caduta della Repubblica di Firenze, la sua incompiutezza e la mancanza di attributi rendono la scultura proveniente dall’Ermitage ancora più affascinante, aperta a tante e diverse interpretazioni sul significato assegnatole dal Maestro. Si discute ancora sulle motivazioni che avrebbero spinto Michelangelo a lasciare molte statue incompiute: fattori contingenti o la scelta convinta di interrompere l’opera in un determinato momento per conseguire un effetto migliore? Quest’ultimo è probabilmente il punto di vista più vicino alla verità, considerata la modernità della concezione dell’arte di Michelangelo, soprattutto negli anni della vecchiaia. Resta la tragicità rappresentata dal giovane, schiacciato da una forza superiore, accovacciato su se stesso, alla ricerca di una compiutezza non solo materiale ma soprattutto spirituale, espressione forse di un momento di grande sconforto vissuto dall’artista. Nell’attesa di vedere L’Adolescente di Michelangelo, una installazione di Raffaele Curi ispirata alla letteratura di Nikolaj Gogol’, dal titolo Voda (voda in russo significa acqua). rhinoceros Palazzo storico del 1600, sei piani, 3.500 metri quadrati, è il nuovo spazio per la cultura voluto da Alda Fendi e progettato dall’architetto francese Jean Nouvel nel quartiere del Velabro, tra Circo Massimo e Bocca della Verità. È stato inaugurato lo scorso 11 ottobre. Alda Fendi Doposuccessiericonoscimentiinternazionali,AldaFendinel2001realizzailsogno: occuparsi di arte e crea una Fondazione da lei sostenuta interamente, insieme alle figlie Giovanna e Alessia Caruso Fendi, regalando ogni anno alla città di Roma performance ed esperimenti culturali. La sua attività di mecenatismo inizia nel 2001 quando finanzia completamente il lavoro di scavo, restauro e valorizzazione dell’abside orientale della Basilica Ulpia, presso la Galleria Foro Traiano 1. Oggi Alda Fendi promuove, con un atto di mecenatismo, la valorizzazione dell’area del Foro Boario che comprende anche la costruzione di una cabina elettrica per tutta la zona, regalata alla città di Roma, il rifacimento e la manutenzione del tratto di strada Via dei Cerchi - Via del Velabro e la valorizzazione dell’area all’interno della cancellata dell’Arco di Giano. Fondazione Alda Fendi - Esperimenti Creata da Alda Fendi con le sue figlie Giovanna e Alessia Caruso Fendi, la Fondazione ha nel suo nome la sperimentazione: gli Esperimenti sono la sua anima, una continua sfida ad andare oltre i confini canonici tra le discipline, arte, teatro, letteratura, musica, performance, con la scelta di rendere l’accesso libero e gratuito. Al primo Esperimento, lo scavo dell’abside della Basilica Ulpia, si sono susseguiti undici anni di performance, con la partecipazione, tra gli altri, di Vincent Gallo, Roberto Bolle, Dominique Sanda, Angélique Kidjo e Cecilia Bartoli. Dall’antichità al contemporaneo, con incursioni alla Festa del Cinema di Roma, alla Peggy Guggenheim Collection e alla Biennale di Venezia con il Laboratorio Internazionale di Teatro e la partecipazione alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte. La mostra immersiva Ultimi giorni MondoMostreSkira, dopo lo straordinario successo della mostra Dentro Caravaggio, presenta al Museo della Permanente a Milano, dal 6 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019, Caravaggio. Oltre la tela: La mostra immersiva, una straordinaria esperienza multimediale originale e inedita che vuole essere una sorta di racconto complementare della grande esposizione che l’ha preceduta, ripercorrendo, con la consulenza scientifica di Rossella Vodret e il Patrocinio del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, le tappe della vita e dell’opera dell’artista.
“Due sono le direttrici che ci hanno guidato in questo nuovo progetto – afferma Rossella Vodret - una maggiore conoscenza dell'uomo Caravaggio, e un approfondimento su alcuni suoi capolavori che non è stato possibile esporre in Dentro Caravaggio. Due aspetti indagati e mostrati al pubblico attraverso una precisa chiave di lettura: il "Caravaggio nascosto", sia attraverso episodi inediti o poco noti che appartengono alla sfera intima e privata della sua travagliata esistenza, sia grazie a una particolare visione dei capolavori del grande genio lombardo. Il progetto Caravaggio. Oltre la tela: La mostra immersiva nasce infatti dall’oggettiva impossibilità di mostrare dal vivo capolavori inamovibili ma indispensabili per capire realmente il genio del Merisi. Opere fondamentali come i quadri della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi o della Cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo, così come le opere del Louvre, estremamente fragili, come la scandalosa Morte della Vergine - dipinta per essere posizionata sull’altare di Santa Maria della Scala a Roma e rifiutata dai committenti – e ancora il dipinto murale del Gabinetto Alchemico del casino Ludovisi o la gigantesca tela con la Decollazione del Battista conservata nella Concattedrale de La Valletta a Malta, che valse a Caravaggio la Croce di Malta, o la Medusa conservata agli Uffizi e tanti altri ancora. Grazie all’utilizzo del video mapping, tali opere verranno presentate nella loro integralità architettonica dando la possibilità al visitatore di fruirle così come inizialmente concepite dall’artista. La mostra, attraverso l’utilizzo di nuove e sofisticate tecnologie, accompagna il visitatore in un percorso immersivo cinematografico che, pur basato su informazioni scientifiche, emoziona e coinvolge il visitatore rendendolo parte integrante della storia umana ed artistica nella quale è egli stesso immerso. Il percorso della durata di 45 minuti è accompagnato da una narrazione che utilizza la tecnologia binaurale – tutti i visitatori saranno dotati di cuffie speciali - ed è composto da una alternanza di immagini girate appositamente per la mostra, ispirate alla storia personale dell’artista, di effetti speciali, di capolavori. Una narrazione intensa e coinvolgente che dalla gioventù milanese - segnata dal flagello della peste - porterà Caravaggio a morire, solo, sulla spiaggia della Feniglia dopo aver attraversato la straordinaria Roma del primo Seicento, protetto da potenti nobili e porporati, ed esserne fuggito a Napoli, poi a Malta, a Palermo, nuovamente a Napoli. Il percorso della mostra è fedele alla cronologia e come in una narrazione teatrale è suddiviso in quattro atti e illustra oltre cinquanta opere di Caravaggio. Nella prima parte, dedicata alla gioventù e formazione si vede il giovane Michelangelo diventare apprendista a Milano nello studio di Simone Peterzano e successivamente a Roma: una città in profonda trasformazione ma anche la capitale artistica dell’Europa con centinaia di artisti all’opera. Qui inizia faticosamente la sua carriera: dipingerà opere straordinarie quali Riposo nella fuga in Egitto, la Buona Ventura e I Bari. Il secondo atto e è dedicato agli anni del trionfo: viene “scoperto” dal potente Cardinal del Monte che lo prende a dimora, e proiettato in un mondo di ricchezza e cultura. Nel 1600, la svolta, con la commissione della Cappella Contarelli a San Luigi dei Francesi: un enorme successo. Dipingerà poi il Gabinetto Alchemico e la Cappella Cerasi, la sua fama giunge a Firenze con la Medusa commissionata dal Cardinal del Monte per Federico I de’ Medici. Il terzo atto guarda però ad un’altra Roma, quella dei bassifondi di Caravaggio: continua a bazzicare le taverne, a giocare, a frequentare prostitute. Smette di vivere dai potenti Cardinali e affitta uno studio dove vive con Cecco del Caravaggio, forse il suo amante. Dipingerà capolavori come Giuditta e Oloferne, Amore Vincitore, la criticata Madonna dei Pellegrini, la Madonna dei Palafrenieri, la Morte della Vergine che viene rifiutata dai Carmelitani Scalzi. Di lì a poco ucciderà in una rissa Ranuccio Tomassoni e fugge: viene sentenziato a morte in absentia. L’ultimo atto è dedicato agli anni della fuga. Prima a Napoli dove dipinge la Flagellazione e le Sette Opere di Misericordia, poi a Malta con capolavori come il Ritratto del Gran Maestro Alof de Wignacourt, o la Decollazione. Ma anche da Malta, dopo una lite, deve scappare in Sicilia dove lascerà opere straordinarie come il Seppellimento di Santa Lucia o la Resurrezione di Lazzaro. Rientra a Napoli, ospite di Costanza Colonna e spera nell’intercessione del Cardinal Borghese presso il Papa Paolo V affinché ottenga la grazia papale. Dipingerà il Martirio di Santo’Orsola, suo ultimo quadro e si imbarcherà per tornare verso Roma. Morirà il 18 luglio 1610 a Porto Ercole senza aver compiuto quarant’anni. Non solo grazie a un sofisticato sistema di multi-proiezione a grandissime dimensioni, Caravaggio. Oltre la tela: La mostra immersiva vuole entrare nelle opere inamovibili con analisi forensi fatte anche a seguito della campagna diagnostica della mostra milanese, per scoprire cosa si nasconde dentro le più famose opere di Caravaggio. Come nel Martirio di San Matteo della Cappella Contarelli dove scopriamo due redazioni diverse, una sopra l’altra, sulla stessa tela: Caravaggio realizza una prima versione compiuta, non solo un abbozzo, ispirandosi ai maestri del passato. Ma poi, insoddisfatto, copre l’opera e ricomincia da capo. O nella Giuditta che taglia la testa a Oloferne dove Caravaggio allontana i margini della ferita e cambia posizione a tutta la testa, in origine più attaccata al corpo: forse per fedeltà ai testi sacri che riportano come Oloferne venga colpito due volte prima di essere decapitato. Giuditta ha scagliato il primo colpo e sta per scagliare il secondo, quello decisivo necessario per il completo distacco della testa. Caravaggio. Oltre la tela: La mostra immersiva ripercorre i capolavori di Caravaggio utilizzando un approccio contemporaneo all’opera d’arte. Un percorso coinvolgente, emozionante a tratti anche sorprendente ed onirico, che tesse un racconto dell’uomo e dell’artista, in continua sovrapposizione, del contesto storico e sociale nel quale operava. La mostra, prodotta da NSPRD per Experience Exhibitions ha coinvolto un team di giovani sceneggiatori, cineasti, video artisti, scenografi, doppiatori che con la consulenza scientifica di Rossella Vodret, hanno elaborato un nuovo formato di mostra immersiva, che non si limita alla semplice presentazione delle opere in alta risoluzione e dei loro dettagli, ma che mira a sfruttare al massimo le ultime tecnologie per una divulgazione scientifica di ultima generazione. Con l’ausilio di sedici videoproiettori, effetti sorprendenti, immagini uniche, il visitatore potrà scoprire il Caravaggio oltre la tela. Una esperienza unica per conoscere il pittore che, grazie alla sua spietata rappresentazione della realtà, ha rivoluzionato in pochi intensi anni la storia dell’arte in Italia e in Europa. Comunicato stampa La chiesa sconsacrata di Santo Stefano al Ponte a Firenze a due passi da Ponte Vecchio si trasforma in una vera e propria "cattedrale dell'immagine" con la mostra “Van Gogh e i maledetti” vistabile fino al 31 marzo 2019.
Il racconto delle opere dura 60 minuti, è sviluppato per mezzo della multiproiezione a 360 gradi di immagini ad alta definizione accompagnate da una colonna sonora diffusa in Dolby HD. I video non interesseranno solo le pareti di Santo Stefano ma anche il pavimento e per godere a 360 gradi dell'esperienza è stato pensato un balconcino da cui potersi affacciare. Da non dimenticare nella cripta le postazioni con gli Oculus per sperimentare la realtà virtuale 3D di un viaggio sensoriale all’interno di alcuni famosi quadri. Altra novità, un fiore all'occhiello dell'esposizione, la sala degli specchi dove sarà proiettato in loop un video di 8 minuti sulle opere di Van Gogh, dal ramo di mandorlo fiorito ai girasoli, perfetto per scattarsi foto ricordo immersi nell'arte. Insieme a Van Gogh, gli artisti presenti nella mostra sono: Paul Cézanne (Aix-en-Provence 1839 - Aix-en-Provence 1906), Paul Gauguin (Parigi 1848 - Hiva Oa 1903), Henri de Toulouse-Lautrec (Albi 1864 - Saint-André-du-Bois 1901), Chaïm Soutine (Smiloviči 1893 - Parigi 1942) e il toscano Amedeo Modigliani (Livorno 1884 - Parigi 1920). Oltre a questi compariranno anche opere di altri artisti contemporanei che con le loro opere hanno contribuito alla rappresentazione della Parigi dell’epoca. L'esperienza immersiva è stata realizzata da Crossmedia Group, società che sta conquistando non solo l'Italia con mostre a Roma e Milano, ma anche l'oriente. Dal 10 dic 2018 al 31 mar 2019 Prezzo a partire da 10€ di Antonio Monticolo Nell’antica città di Glanum (nei dintorni odierni di Saint Remy de Provence) nella Gallia Narbonense (Francia meridionale) si trova un mausoleo molto importante: il monumento dei Giulii. Questi ultimi eressero il monumento nel terzultimo decennio del I secolo a.C. Importante perché la famiglia dei Giulii ottenne da Cesare la cittadinanza romana poiché alcuni dei sui appartenenti combatterono al fianco di Cesare. Il mausoleo sorge presso la strada principale ai limiti della necropoli. Tale monumento è formato da un basamento parallelepipedo con i lati decorati in rilievo, un arco quadrifronte e una tholos con copertura conica che contiene le statue del nonno e del padre dei tre dedicanti. Il fondatore della famiglia, molto probabilmente, deve aver preso parte ad una spedizione militare con Cesare come si può vedere dai rilievi che mostrano scene di battaglia: guerra di Troia (in particolar modo) la lotta per il recupero del corpo di Patroclo, un combattimento fra cavalieri, lo scontro fra Greci e Amazzoni e infine, nell’ultimo rilievo, la caccia al cinghiale Calidonio. Il mausoleo, come si può evincere dalle statue e dai rilievi ha una forte connotazione glorificante nei confronti dei personaggi rappresentati e inoltre testimonia l’importanza di questa famiglia all’interno del contesto sociale di Glanum. iamo sempre a Glanum perché sotto Tiberio venne eretto un arco a un solo fornice che presentava una decorazione abbastanza ricca che oltre alla volta di passaggio e alle conrici ornate, comprendeva coppie di Vittorie in volo con rami d’alloro e vessilli ai lati del passaggio. Sui lati sono rappresentati a rilievo trofei a cui sono incatenati coppie di prigionieri. Si conservano quelle del lato occidentale: nel pannello sul lato sud compare una figura femminile seduta su una catasta di armi interpretabile come la Gallia vinta e nell’altro pannello a nord compare un uomo possente affiancato da una figura maschile che indossa un mantello fregiato di tipo celtico che si rivolge all’altro uomo e sembra rappresentare il Gallo romanizzato. Tale monumento si rivolgeva a quelle popolazioni galliche, abbastanza turbolenti, che mostravano segni di inquietudine nei confronti dei Romani, ma allo stesso tempo mostrava loro i rischi di una ribellione nei confronti di Roma. Se sei giunto fin qua: al termine dei prossimi articoli di arte e archeologia inseriremo una parola non legata all'articolo. Potrete ricopiarla e inserirla nei commenti su fb senza spiegare il perché: una sorta di gioco mensile al termine del quale riporteremo i nomi dei "lettori più attenti" in un post a loro dedicato. La parola di oggi è: caravella. Immagini tratte da:
- noicomit - Depositphotos di Olga Caetani La Fondazione Culturale Hermann Geiger di Cecina (LI), fino al 24 febbraio, diventa raffinata sede della mostra “Paris sans fin. Litografie originali di Alberto Giacometti”, dalla collezione di Carlos Gross, offrendo la possibilità al pubblico italiano di conoscere la massima opera grafica dell’artista svizzero, meglio conosciuto per le sue celebri sculture scarnificate e filiformi, prima che l’esposizione passi all’Austria e agli Stati Uniti. Scultore, prima di tutto, ma anche pittore e grafico, fra gli artisti di spicco del Novecento, Giacometti (1901-66) nasce in Val Bregaglia, nella Svizzera italiana, ma è a Parigi che trascorre gli anni più importanti e più densi della sua vita di uomo e artista, venendo a stretto contatto con i maggiori interpreti dell’arte del tempo, come Derain, Brancusi, Picasso e i cubisti, i surrealisti, studiando il primitivismo e l’astrattismo, e stringendo rapporti d’amicizia con personalità del calibro di Jean-Paul Sartre e Samuel Beckett. Estenuanti sono le sue ricerche plastiche sul movimento e sulla visione, che affondano le proprie radici nella tradizione classica, ma anche moderna, guardando, in particolare, a Rodin, nonché all’arte etrusca, greca ed egizia. Nonostante il successo ottenuto in vita, Giacometti mantiene fino alla morte un basso profilo e uno stile di vita modesto e sregolato, che, tra l’umile atelier al numero 46 di Rue Hippolyte-Maidron, a due passi da Montparnasse, le circa ottanta sigarette al giorno e i frugali pasti consumati nei bistrot, non fa altro che peggiorare il suo precario stato di salute. Nel 1958, l’editore e amico Tériade gli commissiona un monumentale album di litografie, dal titolo Paris sans fin. Si tratta della più significativa raccolta di espressioni grafiche di Giacometti e, allo stesso tempo, del suo testamento artistico. Pochi anni dopo, infatti, subisce l’asportazione di un cancro e di gran parte dello stomaco. Muore nel ’66, lasciando incompiuto il testo che doveva accompagnare le immagini di Paris sans fin, che sarà pubblicato postumo. Il curatore della mostra, Klaus Littmann, letteralmente “ha tirato fuori dalla loro cartella i 150 fogli e li ha messi in scena in maniera molto efficace”, ideando un allestimento elegante ed essenziale, capace di mettere in risalto, quasi per contrasto, il tratto ingarbugliato e inconfondibile delle litografie giacomettiane. La tecnica della litografia, messa a punto negli anni venti dell’Ottocento, è, nell’ambito dell’incisione e della stampa, quanto di più vicino vi sia al disegno. Sfruttando il carattere idrorepellente dell’inchiostro grasso della matita litografica, utilizzata liberamente su una superficie di pietra porosa, si bagna con acqua la pietra, quindi si inchiostra con un rullo, in modo che l’inchiostro aderisca alla parte disegnata, mentre viene respinto da quella bagnata: la matrice è quindi pronta per la tiratura di un gran numero di copie. Dalle litografie di Paris sans fin traspare tutta la magia della “città delle città”. La linea di Giacometti è dinamica e fluida, continua e senza fine appunto, sfuggente e inafferrabile, capace di rappresentare al meglio i boulevard, i caffè e le vedute di Parigi, brulicanti dei suoi personaggi. Giacometti concepì queste immagini come fotogrammi di una pellicola cinematografica, cogliendole e fissandole mentre sfrecciava per le strade parigine a bordo della MG cabrio rossa fiammante, appena regalata alla sua giovanissima e scandalosa amante, Caroline, e “montandole” poi nel suo libro secondo una sequenza straordinariamente narrativa. Perfettamente riconoscibili sono gli scorci e i luoghi della città, ma anche i volti e i corpi degli amici, delle amanti, delle prostitute frequentate assiduamente dall’artista. Un intimo e umano ritratto di Giacometti negli ultimi anni viene restituito dalle suggestive fotografie dell’amico Ernst Scheidegger (1923-2016), a corredare le opere in mostra. La mostra è aperta tutti i giorni, dalle 16 alle 20, fino al 24 febbraio 2019 – ingresso libero e copia del catalogo in omaggio. Per ulteriori informazioni: www.fondazionegeiger.org Se sei giunto fin qua: al termine dei prossimi articoli di arte e archeologia inseriremo una parola non legata all'articolo. Potrete ricopiarla e inserirla nei commenti su Facebook senza spiegare il perché: una sorta di gioco mensile al termine del quale riporteremo i nomi dei "lettori più attenti" in un post a loro dedicato. La parola di oggi è: acquerello. Immagini tratte da: www.fondazionegeiger.org Potrebbe interessarti anche: |
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Gennaio 2022
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