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27/1/2020

"Auschwitz" di Francesco Guccini diventa un albo illustrato

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Giorno della Memoria 2020: per non dimenticare
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La canzone simbolo di Guccini incontra la straordinaria mano di Serena Viola
e diventa un albo illustrato
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​Serena Viola dipinge per Lapis una delle più famose canzoni di Francesco Guccini, un testo dall'indiscusso valore letterario che occupa un posto di primo piano nel panorama della canzone d’autore.
"Auschwitz" è la storia simbolo di sei milioni di vittime dell’orrore dei campi di sterminio, l'esempio di come una canzone sia in grado di suscitare forti emozioni e riflessioni profonde sulla folle brutalità che può essere generata dall'odio.

Un albo illustrato pieno di suggestioni, da conservare, leggere o rileggere, per riflettere e ricordare.  Un omaggio alla penna e alle note di Francesco Guccini, che nel 2020 compirà 80 anni.


​L'AUTORE
Francesco Guccini
Cantautore mito di più di una generazione, è uno degli esponenti di spicco della scuola dei cantautori italiani. I testi dei suoi brani vengono spesso assimilati a componimenti poetici, denotando una familiarità con l’uso del verso tale da costituire materia di insegnamento nelle scuole come esempio di poeta contemporaneo.

L'ILLUSTRATRICE
Serena Viola
Illustratrice e visual designer, vive e lavora a Milano. Ha vinto un Award dell’Illustrazione Italiana e collabora con numerosi editori e marchi internazionali. Per Lapis ha illustrato "I fili invisibili della natura", "Haiku, poesie per quattro stagioni più una" e "La regina delle nevi".

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21/1/2020

Raffaello al Quirinale

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Comunicato stampa
ROMA, SCUDERIE DEL QUIRINALE
​5 MARZO– 2 GIUGNO 2020
DUECENTO CAPOLAVORI PER CELEBRARE RAFFAELLO NEL CINQUECENTENARIO DALLA SUA MORTE
Foto
Maxi-mostra a Roma dal 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma, così culmineranno le celebrazioni per l'artista a livello mondiale: protagoniste ne saranno oltre cento opere di mano dell'Urbinate mai riunite tutte insieme prima d’ora.

Una grande mostra monografica, con oltre duecento capolavori tra dipinti, disegni ed opere di confronto, dedicata a Raffaello Sanzio, superstar del Rinascimento, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520 all'età di appena 37 anni.

L'esposizione, intitolata semplicemente RAFFAELLO, costituisce l'apice delle celebrazioni mondiali per i 500 anni dalla scomparsa dell'Urbinate e rappresenta l’evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale appositamente istituito dal Ministro Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci.

Realizzata dalle Scuderie del Quirinale (appartenenti alla Presidenza della Repubblica e gestite dal Mibact attraverso la società in-house ALES), in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la mostra è curata da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro.

Un autorevole comitato scientifico presieduto da Sylvia Ferino ha affiancato e approfondito il lavoro del team curatoriale, stimolando un dialogo fruttuoso tra gli specialisti del settore più accreditati al mondo, come Nicholas Penny (già direttore National Gallery di Londra), Barbara Jatta (direttore Musei Vaticani), Dominique Cordellier (Musée du Louvre), Achim Gnann (Albertina, Vienna), Alessandro Nova (Kunsthistorisches Institut, Firenze).

In occasione della mostra, è stato raccolto un vastissimo corpus di opere di mano di Raffaello: oltre 100, tra dipinti e disegni, per una raccolta di creazioni dell'urbinate mai viste al mondo in così gran numero tutte insieme.

Anche in termini di capolavori in prestito (oltre che di lavoro scientifico svolto), è stato determinante il contributo delle Gallerie degli Uffizi, con circa 50 opere delle quali oltre 40 dello stesso Raffaello. Ma anche tanti altri musei di importanza internazionale hanno contribuito ad arricchire la rassegna con capolavori dalle loro collezioni: tra questi, in Italia, le Gallerie Nazionali d’Arte Antica, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la Fondazione Brescia Musei, e all’estero, oltre ai Musei Vaticani, il Louvre, la National Gallery di Londra, il Museo del Prado, la National Gallery of Art di Washington, , l’Albertina di Vienna, il British Museum, la Royal Collection, l’Ashmolean Museum di Oxford, il Musée des Beaux-Arts di Lille. Complessivamente saranno più di 200 le opere in mostra.

L'esposizione, che trova ispirazione particolarmente nel fondamentale periodo romano di Raffaello e che lo consacrò quale artista di grandezza ineguagliabile e leggendaria, racconta con ricchezza di dettagli tutto il complesso e articolato percorso creativo. Ne faranno parte creazioni amatissime e celebri in tutto il mondo, quali, solo per fare alcuni esempi, la Madonna del Granduca delle Gallerie degli Uffizi, la Santa Cecilia dalla Pinacoteca di Bologna, la Madonna Alba dalla National Gallery di Washington, il Ritratto di Baldassarre Castiglione e l’Autoritratto con amico dal Louvre, la Madonna della Rosa dal Prado, la celebre Velata di nuovo dagli Uffizi.

La mostra verrà inaugurata il 3 marzo 2020 alla presenza delle più alte cariche dello Stato e dei rappresentanti ufficiali dei principali paesi prestatori. Dal 5 marzo la mostra aprirà al pubblico e sarà visitabile fino al 2 giugno.

Dichiarazioni:

Ministro Mibact Dario Franceschini:
“La mostra su Raffaello è una grande mostra europea che raccoglie capolavori mai riuniti finora. Il giusto modo per celebrare la grandezza e la fama di un artista universale a 500 anni dalla sua morte. La prestigiosa esposizione alle Scuderie del Quirinale, che come quella dedicata a Leonardo al Louvre vede la collaborazione dei più grandi musei italiani e internazionali, permetterà al pubblico di ammirare un corpus considerevole di opere di Raffaello”. Presidente e ad Ales- Scuderie del Quirinale Mario Di Simoni: “La mostra di Raffaello, realizzata in collaborazione scientifica e di prestiti con gli Uffizi, è la dimostrazione di quanto sia corretta la collocazione delle Scuderie del Quirinale in stretto collegamento con il grande sistema dei musei statali. È il coronamento ideale dei vent’anni di apertura al pubblico delle Scuderie del Quirinale”.

Direttore Gallerie degli Uffizi Schmidt:
“Le Gallerie degli Uffizi, dove si concentra il più grande numero di dipinti e disegni di Raffaello al mondo, partecipano con entusiasmo all’organizzazione di questa ricorrenza epocale, per offrire una nuova, approfondita visione di Raffaello, specialmente per il periodo in cui l’artista visse a Roma. La mostra, frutto di una collaborazione senza precedenti tra le Gallerie degli Uffizi e le Scuderie del Quirinale, si svolge non a caso nella capitale: Roma non è solo una tappa biografica dell’artista, ma il simbolo della dimensione nazionale della sua arte e del suo pensiero”​

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8/1/2020

Al L.u.C.C.A. in scena l'arte magistrale di Werner Bischof

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di Enrico Esposito
Foto
Image 1 - Nude, Zurich, Switzerland, 1942
Si è chiusa oggi al Lu.C.C.A. (Lucca Center of Contemporary Art) "Werner Bischof, Classics", mostra che ha raccolto oltre cento scatti realizzati dal celebre fotoreporter svizzero. A cura di Maurizio Vanni e Alessandro Luigi Perna, l'esposizione rende omaggio alla brillante carriera di Bischof attraverso una precisa divisione in sezioni che ne mettono in luce le diverse fasi artistiche.

​Werner Bischof nasce nel 1916 a Zurigo, città che lo vede già in età precoce (soli sedici anni) studiare presso la Scuola di arti applicate alla "corte" del fotografo Hans Finsler, appartenente alla corrente artistica della Nuova Oggettività, movimento nato in Germania alla fine della Grande Guerra che ricercava una rappresentazione della realtà senza trucchi (in contrasto dunque con le ideologie dell'Espressionismo, delle Avanguardie, del Surrealismo). Fu dunque nel quadriennio di frequentazione della Scuola dal 1932 al 1936 che Bischof ricevette una formazione negli ambiti della fotografia realistica e di moda che lo indirizzò infatti ad "esordire" nelle vesti di collaboratore fisso della rivista svizzera "Du" per la quale svolgeva principalmente lavori negli ambienti del pret-a-porter. In questa fase embrionale, corrispondente alla I sezione dell'esposizione (Zurigo 1934 - 1945) sono le modelle e i nudi femminili i soggetti preferiti dall'artista, fotogrammi che mostrano sin da subito una caratteristica essenziale all'interno del suo metodo di lavoro: l'importanza assoluta alla composizione. Bischof cura in maniera impeccabile i dettagli tecnici dell'immagine, rifinendo gli effetti provocati dalla luce e riuscendo a conservare perennemente durante la sua carriera un atteggiamento distaccato nei confronti di soggetti più complessi che sceglierà per i lavori successivi.
Image 2 -  Courtyard of the Meiji shrine, Tokyo, Japan, 1951; Image 3 -  Employees of the Tata Iron and Steel Company on their way to work, Jamshedpur, India, 1951; Image 4​ Returning from the market, Indochina, 1952
Il 1945 segna una svolta di grande valore nello sviluppo dell'attività di Werner Bischof. Egli intraprende un viaggio attraverso i diversi Paesi europei sconvolti dalla Seconda Guerra Mondiale, esperienza che lo porta (II sezione – L’Europa e le conseguenze della guerra 1945-1950) a "destinare" gli scatti a protagonisti contrapposti del terribile conflitto. Seppur stia indossando ufficialmente i panni del fotoreporter, i militari, le strade, i bambini ritratti non assolvono al compito di testimoniare la drammaticità della fame, della violenza, della morte. Bischof, come Zola e Cartier - Bresson realizza bozzetti molteplici, tratti da scene quotidiane che rendono pubblici i momenti personali vissuti da uomini, donne, bambini. In questa fase si ritrovano i primi scatti che ritraggono i bambini per l'appunto, il soggetto prediletto dal nostro. Bambini piccoli, non ancora fanciulli, che nella loro solennità sembrano in realtà adulti, depositari di conoscenze universali riconducibili alla loro semplicità. Quando nel 1949 la Magnum Photos, una delle maggiori agenzie fotografiche del mondo nata appena due anni prima, lo ingaggia e tre anni dopo la rivista americana "Vogue" gli affida il compito di allargare il suo raggio d'indagine all'India e al Sud Est Asiatico, Bischof coglie in pieno l'opportunità ricevuta per poter consegnare ai lettori del tempo ma soprattutto agli amanti della sua arte memorie uniche in virtù di un' opinione molto chiara e riconoscibile. Oggi ne viene considerato uno dei maestri, ma a Bischof il fotogiornalismo in realtà non piaceva per niente. La caccia alla notizia, la pressione nel catturare quell'istante preciso prima degli altri erano diventate a un certo punto insopportabili per lui, al punto da fargli smarrire il piacere di lavorare. Era arrivato a non scovare più dentro di se stesso "la gioia della scoperta" e ad affermare che per lui il mestiere di foto-reporter si era tramutato in un prostituirsi. Due anni soltanto che accolgono al loro interno tempi e luoghi quasi interminabili per la storia alle loro spalle. Millenni di tradizioni raffigurati nella bellezza intatta di un paesaggio in fiore nipponico, di una cerimonia tibetana, o di un bambino cencioso che si copre su un marciapiede con un sacco di tela per proteggersi dal freddo campeggiano negli scatti che Bischof considerava il più bello e si vedeva scartare senza tanti complimenti. 

Lui, Werner Bischof non si era dimenticato di sentirsi ancora e per sempre "un artista", uno spirito libero nell'elaborazione dei suoi lavori. E quando, nel 1953, partì in direzione continente americano, riuscì a rimettersi nelle condizioni di poter esprimere il suo talento cristallino in serenità. Nordamerica, Messico, e soprattutto Perù, Cile, ancora luoghi in cui la natura non è stata violentata dall'uomo e i secoli non trascorrono. La vita fiorisce genuina, secondo le dinamiche naturali alle quali non sfuggono le strisce della morte, di fronte agli occhi di un fotografo innamorato irrefrenabile dell'uomo pur collocando in piani geometrici e prospettive ben studiate. "Il bambino che suona il flauto nella strada per Cuzco" corrisponde alla sua fotografia più famosa, il manifesto puntuale di una poetica esercitata con pazienza e passione. Werner Bischof morì in un incidente stradale a Trujillo, nelle Ande peruviane mentre stava raggiungendo una miniera per rendere omaggio ancora una volta all'arte.

Foto
​Image 5 - On the road to Cuzco, near Pisac, Peru, May 1954
​
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa del L.U.C.C.A (Copyright: Caption © Werner Bischof / Magnum Photos)

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7/1/2020

Un'antichità moderna

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Comunicato stampa
Dal 08 Novembre 2019 al 01 Marzo 2020
 
In collaborazione con il Museo del Louvre
ROMA  Accademia di Francia a Roma - Villa Medici
ORARI: da martedì alla domenica, chiuso il lunedì, dalle 12 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30)
COSTO DEL BIGLIETTO: 6 €; accesso gratuito per persone sotto i 18 anni
PER INFORMAZIONI: +39 06 67611
SITO UFFICIALE:  http://www.villamedici.it​
Foto
​Il Direttore ad interim dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, Stéphane Gaillard, è lieto di presentare la mostra un’Antichità Moderna, realizzata in collaborazione con il Museo del Louvre e con la curatela di Jean-Luc Martinez – il Presidente e Direttore del Louvre - ed Elisabeth Le Breton – Conservatrice del Patrimonio. La mostra s’inaugura al pubblico l’8 novembre 2019 è rimarrà in allestimento sino al 1° marzo 2020.
 
L’Accademia di Francia a Roma fondata nel 1666, sotto la tutela dell’Accademia Reale di Pittura e Scultura a Parigi, ha avuto sempre nella sua missione lo studio e la diffusione del “modello antico” in Francia. La collezione conservata nella Gipsoteca di Villa Medici ne è testimone. Un’Antichità Moderna presenta ben 87 opere provenienti per la maggior parte dalla collezione dell’Accademia di Francia a Roma e dal Museo del Louvre, ma anche dagli Ateliers d’Art della Réunion des Monuments Nationaux del Grand Palais, dalla Cité de la Céramique Sèvres et Limoges, dalla Biblioteca Nazionale di Francia, dal Museo dell’Arte Classica del Polo Museale dell’Università della Sapienza e altri ancora. La mostra espone le più importanti opere della Grecia Classica ed Ellenistica, oggi scomparse e riesumate dalla Roma Imperiale e successivamente riscoperte durante i grandi lavori effettuati nella Roma del Rinascimento. Affascinati dalla importante riscoperta delle centinaia di statue marmoree ritrovate, a cui era impedita l’uscita dal territorio per le leggi pontificie, la Francia durante le Grand siècle, nel XVII secolo, decise di replicare le statue realizzando calchi in gesso. I lavori di ricerca del Museo del Louvre sui materiali e sulle tecniche utilizzate hanno permesso di rintracciare datazione e storia di questo importante patrimonio diventato parte delle grandi collezioni reali e nazionali francesi, che sono presentate nella mostra Un’Antichità Moderna in un percorso cronologico che va dal XVI al XXI secolo.
 
La prima sala, dedicata alla tecnica del gesso attraverso i secoli, espone l’importante commercio di copie in marmo sviluppatosi nel II secolo d.C. grazie alla realizzazione di modelli in gesso. Questo primo corpus, importato dalla Grecia a Roma, ha imposto una visione dell’ “antiquité blanche” che ha permesso la realizzazione di numerose copie in gesso tratte dagli originali in marmo. Durante i grandi lavori di urbanizzazione nella Roma del Rinascimento, il recupero di centinaia di sculture romane – copie degli originali greci scomparsi – fece rinascere in Italia e in Francia il fascino suscitato da questa particolare Arte. La rarezza di questi marmi condusse Luigi XIV a moltiplicare a Roma la produzione di calchi in gesso di questi prestigiosi modelli. Diverse centinaia di gessi e le loro matrici (rilievi e statue) sono quindi state riunite al Louvre durante il regno del Re Sole. Presentate nella sala degli Antiques du Roi e a l’Académie royale de peinture et de sculpture fondata a Parigi nel 1648, come all’Accademia di Francia a Roma a partire dal 1666, diventarono una nuova ricchezza di studio per gli artisti. Queste opere imposero quindi un modello e un’idea di una Antiquité blanche.
 
Il percorso della mostra prosegue nel XVIII secolo, con opere che erano conservate a Palazzo Mancini, allora sede dell’Accademia di Francia. All’epoca infatti svolgevano una doppia missione: erano un importante punto di riferimento per gli studiosi e insieme espressione della potenza della Francia. Alla metà de XVIII secolo, inoltre, la scoperta dei maggiori siti di Pompei ed Ercolano rafforza l’interesse non solo degli studiosi e dunque la collezione si trova arricchita di nuovi modelli subito riprodotti.
 
Nel XVIII secolo l’attenzione sui modelli antichi non nasconde l’interesse dei francesi anche per la scultura che in quegli anni si produceva in Italia. Un esempio ne sono i modelli in gesso di Michelangelo e del Bernini richiesti da Luigi XIV che sono stati riprodotti e inviati in Francia dove, ancora oggi, sono stati fonte di ispirazione per diverse generazioni di artisti.

Nel XIX secolo l’Accademia di Francia a Roma conosce l’ultima grande campagna di presa di impronte. Il museo degli Studi alla Scuola di Belle Arti di Parigi, in corso di costituzione, affida a Jean-Auguste-DominiqueIngres, Direttore dell’Accademia di Francia, il compito di inviare da Roma i modelli antichi più prestigiosi. In questo periodo inoltre grazie ai lavori degli archeologi aumenta considerevolmente la conoscenza dell’antica Grecia, proprio in virtù di ciò, nel 1845, l’Accademia dona ai suoi borsisti la possibilità di recarsi sui luoghi di scavo per studiare i nuovi modelli. La Scuola Francese di Atene nasce infatti l’anno seguente, nel 1846. I modelli greci arrivano dunque a Roma dove gli studi del filellenista Jean Gaspard Félix Ravaisson-Mollien cercano di ritrovare la Grecia in Italia.
 
Nel XX secolo si assiste ad un progressivo disinteresse per l’attività di riprodurre modelli di gesso. Nonostante ciò, nel 1919, sono esposti a Roma particolari modelli che descrivono un Medioevo francese sconosciuto – l’Arte Gotica – danneggiata durante la guerra, per sensibilizzare i contemporanei alla protezione del patrimonio in tempo di conflitto. Sempre alla metà del XX secolo, una profonda crisi iconoclasta mette in disparte le collezioni di gessi sia a Roma che a Parigi. In entrambi i casi, i modelli vengono messi nei depositi e non sono più accessibili né visibili. 
 
L’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici e il Museo del Louvre, parenti per natura, forti delle loro collezioni rispettive e delle vaste campagne di restauro che sono state condotte durante gli ultimi vent’anni, sono oggi in grado attraverso questa importante esposizione, Un’antichità moderna, di riproporre la memoria di queste opere e di riscriverne la storia che va dal XVII al XXI secolo.
 
Jean-Luc Martinez Presidente e Direttore del Museo del Louvre 
Presidente e Direttore del Museo del Louvre sin dal 2013. Storico dell’arte e archeologo francese, ha ricevuto l’Agrégation di Storia, è laureato alla Scuola del Louvre ed è stato membro della Scuola Francese di Atene dal 1993 al 1996. I suoi lavori scientifici e le sue pubblicazioni riguardano la scultura greca e romana e lo studio che l’epoca moderna fa dell’arte antica. Inizia il suo percorso al Louvre nel 1997 come Conservatore in capo delle collezioni di scultura greca. Nel 2007, diventa Direttore del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane, funzione che svolge fino alla nomina come Direttore del Museo. È Cavaliere dell’Ordine Nazionale del Merito e Cavaliere della Légion d’honneur.

Elisabeth Le Breton Conservatrice del Patrimonio del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane al Museo del Louvre.
Conservatrice del Patrimonio del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane al Museo del Louvre. Inizia il suo percorso al Museo del Louvre nel 1988 come Responsabile della collezione di calchi di antichi conservati nella Gipsoteca del Museo che si trova nella Petite Écurie du Roi a Versailles. Nell’ambito di un partenariato scientifico in vigore da più di 10 anni, ha lavorato sulle collezioni di gessi presso l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici.
 
La Galleria tattile
Nell’ambito della mostra Une antiquité moderne, realizzata all’Accademia di Francia – Villa Medici, curata di Jean-Luc Martinez ed Elisabeth Le Breton e realizzata in collaborazione con il Museo del Louvre, a partire dal 20 novembre 2019 sarà disponibile per la prima volta una galleria tattile destinata a tutto il pubblico portatore di handicap e non solo. Infatti, attraverso percorsi specifici sul tema della sensibilizzazione alla disabilità, la Galleria sarà aperta anche ai gruppi scolastici e alle famiglie. All’interno del celebre Atelier Balthus, nel cuore dei giardini della Villa, saranno a disposizione una serie di sette opere tattili tra bassorilievi, teste e statue a figura intera, gentilmente prestate da l’Atelier d’Art della Réunion des Musées Nationaux  del Grand Palais. L’accesso alla galleria tattile è gratuito e su prenotazione, scrivendo alla mail didattica@villamedici.it
 
Il catalogo bilingue (francese e italiano) viene pubblicato da Officina Libraria e contiene testi di Jean-Luc Martinez, Elisabeth Le Breton, Philippe Jockey, Karolina Kaderka, Aude Gobet, Emiliano Ricchi, Geneviève Bresc-Bautier, Jean Délivré, Pascale Martinez, Emmanuel Schwartz, Jean-Marc Hofman, Jean-Marc Hofman e Anne Marie Garcia.

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