24/4/2018 Tastin’ MuDEV: Un percorso diVino! Quando visitare un museo diventa una degustazione enologicaRead Nowdi Giovanna Leonetti Un percorso polisensoriale che unisce l’arte alle degustazioni enologiche. È quello che si propone di fare Tastin’ MuDEV, il progetto curato da Alessia Nardi e Carlotta Mazzoli, con Luca Bochicchio, Jacopo Fanciulli e Daniele Rizzo, vincitore della prima Call per creativi realizzata dal Museo Diffuso Empolese Valdelsa nel dicembre 2017. Il premio di 800 euro ha permesso la realizzazione di sei incontri, svolti in tre giorni e in due fasce orarie diverse, alle 18 e alle 21. I musei protagonisti di questa iniziativa sono stati i seguenti: il Museo Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino, il Museo della Collegiata di Sant’Andrea di Empoli e, infine, il Museo della Ceramica di Montelupo Fiorentino. Noi abbiamo partecipato a questo ultimo incontro e così, tra un calice di vino e l’altro, siamo tornati a casa con la testa più leggera ma con la mente piena di nozioni sul vino e sull’arte del territorio. La visita è iniziata all’ingresso del museo, con l’abbinamento di un vino bianco della zona con la scultura “Segnali, la tradizione rinnovata” di Ugo la Pietra. Durante la visita Luca e Jacopo ci danno qualche informazione sulle opere e sui vini. La visita prosegue entrando nel museo e salendo al primo piano, nella sala rossa, dove vi è conservato il “Rosso di Montelupo”, una maiolica cinquecentesca caratterizzata dalle tonalità del blu, rosso e oro e da decorazioni grottesche. Il vino abbinato all’opera è il “Rosso di Montelupo”, presentato in anteprima. Infine, ci spostiamo nella sala della farmacia, con un vino rosso delle cantine di Montespertoli, molto spesso e corposo. In questo caso, il vino viene abbinato a questa sala perché in passato era considerato un rimedio per i mali più leggeri. Prima di iniziare la visita, abbiamo avuto la possibilità di rivolgere alcune domande ad Alessia e Carlotta, le curatrici del progetto. Vorrei iniziare chiedendovi di raccontarci come è nato questo progetto e questa collaborazione. Dove vi siete conosciuti? Carlotta: Io, Alessia e Luca Bochicchio ci siamo conosciuti in occasione del Museo Mix nel 2017, un progetto del museo della Ceramica di Montelupo. In questo contesto abbiamo avuto modo di conoscere il progetto Tastin’ Painting di Luca e Jacopo Fanciulli. Abbiamo partecipato alla Cena dei Creativi, un bando di food raising che si sarebbe tenuto a dicembre e così è iniziata questa avventura. Alessia: Ci è stato proposto di partecipare al bando La Cena dei Creativi. L’obiettivo era quello di realizzare un progetto che avesse come scopo la valorizzazione del territorio ma soprattutto il richiamo verso la popolazione; quindi qualcosa che avvicinasse la popolazione al territorio e anche ai suoi beni museali. Parlando con Luca abbiamo pensato di poter adattare il loro progetto, Tastin’painting, che era appena nato e non aveva ancora trovato una vera e propria forma, e quindi ci siamo presentati a questo concorso con il progetto Tastin’ MuDEV. Al gruppo nato al museo Mix si è aggiunto anche Jacopo, in veste di enologo, una parte necessaria per lo sviluppo del progetto. Raccontateci le tappe che hanno portato alla realizzazione di questi incontri. Avete contattato direttamente voi musei e aziende vinicole? A: La cena dei musei è un bando promosso dal MuDEV, il Museo Diffuso dell’Empolese Valdelsa, costituito da 21 musei e di questi ne abbiamo scelti tre. Il museo della ceramica di Montelupo perché è il luogo dove ci siamo incontrati e quindi ci sembrava giusto far sì che questa fosse una tappa importante; il museo BeGo perché, oltre a essere uno dei musei più importanti del MuDEV, in occasione di Museo Mix abbiamo conosciuto la direttrice (Serena Nocentini ndr) e quindi ci faceva piacere coinvolgerla; infine, il Museo della Collegiata di S. Andrea sia perché si trova in un punto strategico, Empoli, sia perché possiede dei pezzi artistici importanti. Quindi, i musei sono stati scelti arbitrariamente da noi, come punti di riferimento del territorio. C: Abbiamo scelto musei che comunque avessero dei pezzi artistici di un certo pregio; dei musei che in qualche modo fossero o poco valorizzati, come quello di Empoli, oppure musei, come il BeGo che in realtà è un’eccellenza. Lo stato del BeGo è all’avanguardia, fanno tanti progetti, è un museo per tutti, hanno progetti per l’Alzheimer, per bambini diversamente abili. Quindi, abbiamo scelto il più e il meno valorizzato per cercare di portare il pubblico in tutte le tipologie di musei. A: Per quanto riguarda le aziende siamo andati fisicamente in ognuna di queste presentando il progetto, chiedendo se avessero voglia di partecipare. Non c’è stata una vera e propria selezione, bensì una chiamata a chi volesse prenderne parte. Una volta trovato un certo numero di aziende che avevano voglia di collaborare, abbiamo fatto una selezione dei vini. Durante i nostri sopralluoghi abbiamo assaggiato diversi vini e abbiamo deciso quali fossero i più adatti al progetto. C: Abbiamo cercato di valorizzare vitigni italiani, vini del territorio, senza prendere innesti francesi o internazionali. Una volta decisi i musei e i vini, con quale criterio avete scelto le opere da abbinare alle degustazioni? A: Alcuni abbinamenti sono nati spontaneamente mentre assaggiavamo il vino; abbiamo fatto delle ricerche in modo parallelo, sopralluoghi nei musei e visite alle cantine. Quindi, alcuni abbinamenti si sono venuti a creare da soli, assaggiando un vino ci è venuto immediatamente in mente quella determinata opera; per altre, invece, abbiamo dovuto pensarci un po’ ma in ogni caso abbiamo trovato sempre dei collegamenti molto forti perché l’idea del progetto Tastin’ MuDEV nasce dal fatto che sia il vino che l’opera d’arte sono espressione del territorio e quindi, in qualche modo, sono collegati già di per sé. Non è necessario cercare ulteriori collegamenti, ne esiste già uno di base che è il territorio. C: Da questo punto di vista abbiamo scelto cantine che fossero prevalentemente del comune del museo. Inoltre, nella zona dell’Empolese Valdelsa si estende Montespertoli che è particolarmente famosa per il vino, quindi abbiamo scelto tre cantine di quella zona e ne abbiamo messa una per ogni museo. Quindi, a Montelupo abbiamo scelto due cantine del posto e una di Montespertoli. Per alcuni vini il collegamento con l’opera è stato automatico: per esempio, una cantina di Montelupo (il Cavallone) ha prodotto il vino “il rosso di Montelupo” quindi ci sembrava ovvio abbinarlo con l’omonima opera presente nel museo. A: L’idea è quella di creare un evento che possa avere valore non di un solo giorno, ma che sia un progetto che crei una rete tra le varie parti del territorio; in questo caso le più immediate sono il museo e l’azienda agricola, ma per esempio abbiamo cercato di coinvolgere anche la vetreria Fara. Empoli è molto famosa per il vetro e non molto lontano da qui c’è una vetreria molto famosa che lavora a livello internazionale per quanto riguarda la creazione di calici, di decanter, e tutto quello che riguarda cerimonie e vini. Siamo andati fisicamente da loro e gli abbiamo chiesto se avevano voglia di far parte di questo progetto. Loro hanno accolto la cosa con grande entusiasmo e quindi abbiamo unito anche questo tassello. Un altro tassello è stato quello di poter inserire durante la degustazione l’assaggio, nel caso del BeGo, di schiacciate e di grissini realizzati da un forno del luogo. Quindi, tutto ha portato a una manifestazione che non è solo l’unione di arte e vino. Questa è l’ultima data fissata (almeno per ora). Tastin’ MuDEV finisce qui oppure avremo ancora la possibilità di partecipare a questo tipo di incontri? Vi state muovendo per estendere questo progetto ad altri musei? A: Ci auguriamo che questo possa accadere (ride ndr). Siamo molto contenti di poter dire che il progetto ha avuto un grande successo e questo ci fa molto piacere perché sono state le persone a porci la stessa domanda: potremmo venire nuovamente a fare questo tipo di cose, magari in un altro museo? Noi ci auguriamo di sì, ci stiamo lavorando, speriamo di riuscire a concretizzare la cosa. Ci abbiamo messo tanto lavoro, tanta buona volontà e tanto impegno, ma tutto questo non sarebbe potuto succedere se non ci fosse stato l’aiuto e il sostegno delle aziende e delle persone con cui ci siamo interfacciate. Il territorio ha risposto benissimo alla nostra chiamata, cosa che non ci aspettavamo. Quindi, stay tuned! Immagini tratte da: https://www.facebook.com/mudevmuseodiffuso/photos/gm.2073606752895224/1983795985270720/?type=3&theater Foto di Claudia Aiello
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di Ilaria Ceragioli ![]() L’Orlando Furioso è il celebre poema cavalleresco realizzato da Ludovico Ariosto. Giunse per la prima volta alle stampe nel 1516 e venne pubblicato a Ferrara. Si tratta di un poema che riuscì a suscitare un interesse esponenziale non soltanto presso il pubblico di corte, ma anche presso il pubblico di “piazza”. Tuttavia, se ben nota è la sua fama letteraria, poco conosciuta è la fortuna figurativa di cui godette. Grazie a studi approfonditi sul tema, oggi è possibile guardare con occhi diversi molti cicli pittorici che caratterizzano tuttora le sale di numerosi palazzi, ville e delizie dell’Italia centro-settentrionale, dalla Lombardia all’Emilia Romagna, dal Veneto alla Toscana. Malgrado svariati affreschi siano andati perduti, attualmente, sono ancora visibili innumerevoli cicli ariosteschi, seppur caratterizzati da diversi stati di conservazione. In questo articolo mi limiterò a citarne e ad analizzarne soltanto alcuni. Nel territorio della Valtellina, ad esempio, sorgono tre palazzi che ospitano delle suggestive decorazioni legate all’Orlando Furioso: il Palazzo Besta a Teglio, il Palazzo Valenti a Talamona e il Castel Masegra a Sondrio. Palazzo Besta è un edificio cinquecentesco in cui due sono gli ambienti principali: il cortile d’onore e il salone d’onore, dove ad opera del pittore Vincenzo de Barberis sono raffigurati episodi tratti dal poema, tra cui Ruggiero che salva Angelica dal mostro e Astolfo che giunge sulla luna al fine di recuperare il senno di Orlando. Queste scene ariostesche risalenti alla metà del ‘500 si ritrovano anche nei palazzi menzionati poc’anzi, in quanto si tratta di episodi che ebbero un maggior impatto sugli artisti e sui committenti. In Emilia Romagna, tra i molti palazzi che accolgono decorazioni tratte dal Furioso, di notevole interesse sono il Palazzo Torfanini a Bologna, la Torre di Baggiovara (Modena) e il Palazzo Ducale di Sassuolo. ![]() Gli affreschi ariosteschi di Palazzo Torfanini sono stati staccati dalle pareti e oggi si possono ammirare alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Qui, il pittore Nicolò dell’Abate incentra la propria attenzione sulla figura del cavaliere Ruggiero facendo riferimento agli episodi narrati nel VII e nell’VIII canto del poema. Alla nostra sinistra possiamo osservare Ruggiero che è finalmente giunto al castello della maga Alcina e sullo sfondo il duello con Erifilla, mentre a destra l’audace cavaliere è immortalato nell’atto di fuggire dal palazzo. Queste Storie di Ruggiero si ritrovano, sotto la forma di variante, anche nel secondo piano della Torre di Baggiovara. L’Orlando Furioso gioca un ruolo centrale anche all’interno del Palazzo Ducale di Sassuolo. All’epoca era possibile ammirare alcuni affreschi di Nicolò dell’Abate, oggi perduti. Tuttavia, si conservano quelli realizzati per mano di Jean Boulanger nel 1638-1640, come La follia di Orlando nella sala dell’Amore. Tale soggetto compare anche in Toscana nella Villa Medici Corsini, a Mezzomonte, immersa nella campagna fiorentina. ![]() All’interno tre sono le sale dedicate al soggetto ariostesco. Le scene raffigurate da un anonimo pittore fiorentino, dunque, mostrano Orlando in preda alla sua indomabile pazzia. Altri cicli che ruotano attorno alla tematica del Furioso sono visibili a Palazzo De Rochis a Verona, al Casino di Lanfranco nei pressi di Roma, a Villa Gozzini a Gorlago (Bergamo), a Palazzo del Giardino a Parma e via dicendo. Da questo breve excursus possiamo perciò evincere che, nonostante la scarsità di documenti e malgrado il pessimo stato di conservazione e di manutenzione di molti edifici e affreschi, sia pressoché impossibile non rendersi conto dell’importanza e dell’influenza pittorica legate al poema. L’Orlando Furioso, dunque, già a pochi anni dalla sua prima pubblicazione andava a inserirsi tra quelle fatiche letterarie destinate ad avere un valore inestimabile e una fama senza tempo. Immagini tratte da: www.laprovinciadisondrio.it www.vvdimorestoriche.com www.distrettocultualevaltellina.it www.mostreemuseisns.it. www.furioso16.it www.bibliotecasalaborsa.it www.artbonus.gov.it www.rete.comuni-italiani.it www.commons.wkimedia.org www.roberto-crosio.net www.conventionbureau.it Le immagini degli affreschi di Villa Medici Corsini sono tratte dal libro L’Orlando Furioso nei cicli pittorici tra Cinque e Seicento di Federica Caneparo. Un eccezionale tesoro archeologico nel cuore dell’Umbria Con quasi 500 metri quadrati recuperati, la Villa dei Mosaici di Spello è una delle scoperte archeologiche più straordinarie dell’Umbria. Ha inaugurato al pubblico la nuova struttura museale, moderna e multimediale. Dieci ambienti dai pavimenti a mosaico di grande bellezza, con straordinarie decorazioni policrome: elementi geometrici, figure umane, animali selvatici e fantastici. Nel cuore dell’Umbria, la Villa dei Mosaici di Spello è un eccezionale tesoro archeologico. Unica nel suo genere, la residenza di età imperiale conserva ancora oggi raffinati pavimenti a mosaico e tracce di affreschi e stucchi alle pareti. La nuova struttura museale, moderna e multimediale, permette di esplorare tutto il fascino di questa villa con ricostruzioni in 3D, postazioni multimediali e App dedicata. La Villa dei Mosaici di Spello fu scoperta nel luglio 2005, appena fuori le mura di Spello, in località Sant’Anna, durante i lavori per la realizzazione di un parcheggio pubblico. Dalla terra affiorarono resti di un mosaico antico, che diedero il via alle operazioni di scavo e, a seguire, al minuzioso restauro, portando alla luce una villa di grandi dimensioni. Un accurato lavoro, svolto in sinergia da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Umbria e Comune di Spello. La Villa dei Mosaici di Spello si trovava lungo un ramo secondario della Via Flaminia, che da Roma arrivava a Rimini attraversando l’Umbria. I venti ambienti riportati alla luce sono pertinenti al settore centrale della villa, per una superficie totale di circa 500 metri quadrati. Di questi ambienti, dieci conservano pavimenti a mosaici policromi di grande bellezza, con motivi geometrici e figurati. L’ingresso è andato perduto. Intorno al peristilio, il cortile porticato che circondava il giardino interno, si aprono una serie di stanze, denominate dalle figure e dai motivi decorativi dei mosaici: la stanza degli uccelli, la stanza delle anfore, il triclinio, la stanza del sole radiante, la stanza del mosaico geometrico, il peristilio, la stanza degli scudi e l’ambiente riscaldato. Tra le stanze spicca l’ampio triclinio, la sala dei banchetti, con al centro del pavimento una scena di mescita del vino. Altri personaggi, disposti simmetricamente con in mano elementi vegetali o attributi legati al mondo dell'agricoltura, raffigurano le Stagioni. Completano il mosaico animali selvatici (pantere), domestici (cinghiale, anatra, cervo, etc) e fantastici (tigri marine). Gli ambienti non decorati della villa erano, con ogni probabilità, stanze di servizio. Gli studi hanno individuato due fasi costruttive ben distinte: la prima di età augustea (27 a.C.-14 d.C.), attestata dai resti di pavimentazione in cementizio, la successiva in piena età imperiale, tra il II e gli inizi del III secolo d.C. La fluidità del disegno e la resa cromatica, soprattutto del triclinio, testimoniano l'alta qualità tecnica della bottega, le cui maestranze potrebbero venire da Roma per rispondere all'esigenza di un committente particolarmente facoltoso e di una specifica collocazione sociale. L’identità del proprietario è ignota, non ci sono iscrizioni con il suo nome, né finora altri indizi della sua presenza a Spello. Sicuramente doveva trattarsi di una persona ricca e potente, viste le dimensioni della dimora, proprio a ridosso delle mura di Spello. Lo studio del mosaico al centro della stanza principale, con scena di mescita del vino, ha fatto ipotizzare verosimilmente che si trattasse di un viticoltore. Il progetto architettonico della Villa dei Mosaici di Spello restituisce una struttura contemporanea, in dialogo armonico con la storia e il paesaggio. Nella musealizzazione sono stati realizzati percorsi per la visita alle stanze della villa e spazi destinati a sala multimediale e didattica. Il progetto ristende sopra la villa il piano di campagna del vigneto confinante: la copertura in legno lamellare presenta la sagoma di tre onde con andamento sfalsato e un prato ad essenze. Le pareti dell’edificio, rivestite in rame e calcestruzzo pigmentato, riproducono le tonalità di colore delle murature in pietra del centro storico di Spello. "Con il completamento dei lavori e l'apertura al pubblico della Villa dei Mosaici di Spello, l'Umbria si arricchisce di un nuovo museo con una struttura moderna e multimediale, frutto di un percorso condiviso di scoperta, salvaguardia e valorizzazione di un tesoro finora sconosciuto" - la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini - La Regione Umbria ha fortemente investito sulla cultura anche come ‘pilastro' della crescita economica. Oggi, alla soddisfazione di portare a termine un intervento esemplare di recupero di una delle principali scoperte archeologiche degli ultimi anni nella nostra regione, si accompagna la consapevolezza che gli investimenti sulla filiera del Turismo- Ambiente-Cultura hanno delle ricadute anche per lo sviluppo economico e di molte professioni". Il progetto Villa dei Mosaici di Spello è stato selezionato dal Comitato Europeo delle Regioni su 28 domande assieme a sole altre 2 best-pratice di rifunzionalizzazione di siti culturali di tutta Europa, per un'esposizione interattiva che si terrà a Bruxelles il 5 maggio per l'Open Day interistituzionale convocato sull'Anno Europeo del Patrimonio Culturale e intitolato ‘Proud of my region and its culture'. ![]() RICOSTRUZIONI VIRTUALI, APP E GIOCHI DIDATTICI La nuova struttura museale, moderna e multimediale, permette di esplorare tutto il fascino dell’antica villa romana di 2000 anni fa con ricostruzioni in 3D, postazioni multimediali e App dedicata. L'App Villa dei Mosaici di Spello è uno strumento interattivo e gratuito che accompagna il visitatore alla scoperta della Villa. Una volta in visita, è possibile accedere a contenuti multimediali aggiuntivi. Il museo è dotato di sensori (beacon) affiancati alle stanze e alle teche espositive. I sensori vengono individuati dall’App e restituiscono approfondimenti, fotografie dei particolari e un’audioguida da ascoltare. La visita alla Villa si completa nella sala multimediale, con approfondimenti e giochi didattici per scoprire la vita quotidiana di un antico cittadino romano dell’età imperiale. COORDINATE PER LA VISITA ORARI DI APERTURA gennaio e febbraio: sabato, domenica e festivi 10.30-13 / 14.30-17 marzo e ottobre: dal martedì alla domenica e festivi 10.30-13 / 14.30-17 aprile-settembre: dal martedì alla domenica e festivi 10.30-13 / 15-18.30 novembre: sabato, domenica e festivi 10.30-13 / 14.30-17 dicembre fino al 6 gennaio: dal martedì alla domenica 10.30-13 / 14.30-17 È sempre garantita l’apertura straordinaria su prenotazione. TARIFFE Intero € 6; ridotto A € 4 (gruppi superiori alle 15 unità, convenzionati); ridotto B € 2 (ragazzi tra 6 e 14 anni); speciale residenti € 2; omaggio (bambini fino 6 anni, fruitori delle attività didattiche, giornalisti con tesserino, soci ICOM) Nei giorni di apertura del sito delle Torri di Properzio il biglietto ne comprende la possibilità di visita senza costi aggiuntivi. È possibile prevedere l’emissione di un biglietto unico con la Pinacoteca Comunale (biglietto unico della convenzione Umbria Terre Musei che permette l'accesso a 16 musei della regione: www.umbriaterremusei.it). Intero € 11; ridotto A € 8 (gruppi superiori alle 15 unità, convenzionati); ridotto B € 3 (ragazzi tra 6 e 14 anni); omaggio (bambini fino 6 anni, fruitori delle attività didattiche, giornalisti con tesserino, soci ICOM) La biglietteria chiude mezz’ora prima della chiusura del museo. VISITE GUIDATE Visita guidata in italiano € 80; visita guidata in lingua € 100 ATTIVITÀ DIDATTICHE Per informazioni e prenotazioni: numero verde 800 96 1993. Per chiamate da reti cellulari 0744 422848 (lunedì-venerdì 9-17, sabato 9-13, escluso festivi) - callcenter@sistemamuseo.it INFORMAZIONI: tel +39 0742 302239 - info@villadeimosaicidispello.it www.villadeimosaicidispello.it Monopoli, Castello Carlo V _ 24 marzo – 15 luglio 2018 Il meraviglioso mondo di Miró colorerà fino a luglio le sale del Castello di Monopoli. Un’antologia di circa 90 opere grafiche, appartenenti a quattro serie complete. Forme, colori, immagini fantastiche e quello straordinario alfabeto di segni creato dal Maestro catalano che rivelano la sua visione dell’arte, vissuta con curiosità e versatilità. Una vera “baraonda cromatica” da cui lasciarsi incantare. Un itinerario nella creatività di Miró e nell'estrema poeticità della sua arte surrealista. Le splendide sale del Castello Carlo V di Monopoli ospitano dal 24 marzo al 15 luglio 2018 la grande mostra “Joan Miró. Opere Grafiche 1948-1974”, confermandosi importante contenitore culturale della città pugliese. La mostra, promossa dal comune di Monopoli e organizzata dalla società Sistema Museo, è rappresentativa della creatività di uno dei più grandi e influenti artisti del Novecento, è dedicata alla scoperta del meraviglioso mondo di Miró attraverso un’antologia di circa 90 opere grafiche, appartenenti a quattro serie complete. Nelle creazioni del Maestro catalano le forme, i colori e lo straordinario alfabeto di segni sono il risultato della sua incredibile capacità di rinnovarsi alla luce di una visione globale dell’arte, vissuta con curiosità e versatilità. Gli sfondi neutri vengono “macchiati” da colori brillanti, come blu, rosso, verde, giallo e nero, in una precisa alternanza tra corpi informi e linee curve, per dare vita alle sue visioni oniriche. Le serie in mostra sono Parler Seul (1948-50), Ubu Roi (1966), Le Lézard aux Plumes d’Or (1971) e Les Pénalités de l'Enfer ou les Nouvelles-Hebrides (1974). Quattro capolavori realizzati tra il 1948 e il 1974 che raccontano il “sogno poetico” di Miró, quella sua capacità di oggettivare le immagini della fantasia e di esprimerle attraverso un linguaggio assolutamente personale. “Niente semplificazioni né astrazioni. In questo momento io non mi interesso che alla calligrafia di un albero o di un tetto”, scriveva Miró. Un linguaggio surrealista composto da colori e segni, una vera “baraonda cromatica” che incanta lo sguardo dell’osservatore. Sperimentatore di tecniche e materiali, Miró - come Chagall, Picasso, Braque - si rivolse alla litografia affascinato dalle sue molteplici potenzialità in termini di espressione artistica. La prestigiosa esposizione di Monopoli è un’occasione unica per scoprire il meraviglioso mondo di Miró dal quale lasciarsi incantare. La mostra accompagna il visitatore alla scoperta dell’alternanza armoniosa di segni, di immagini vibranti di colori e di versi, per sorprendersi di inattese visioni e libertà espressiva. LE SERIE IN MOSTRA Miró dialogò con l'opera di alcuni dei principali esponenti del mondo letterario del Dopoguerra. La serie di litografie Parler Seul racconta l'omonimo poema scritto da Tristan Tzara durante la degenza nell’ospedale psichiatrico di Saint-Alban nel 1945. Tzara, poeta rumeno, fu uno dei fondatori del movimento Dada e grande ispiratore e animatore del movimento surrealista. In Parler Seul Miró non volle “illustrare” il testo, ma preferì far dialogare le sue litografie con le parole di Tzara, giungendo ad una rara ed esemplare simbiosi tra scrittura e immagini. Il ritmo e l’ordine sono determinati da un lato dall’alternarsi di illustrazioni al testo e dall’altro da sequenze dinamiche di immagini, tanto che versi e disegni sembrano provenire da un'unica mano. La serie Ubu Roi è una raccolta del 1966 composta da coloratissime e corpose litografie: Ubu è un personaggio grottesco le cui funzioni viscerali dominano su quelle intellettuali e rappresenta la caricatura di ogni abiezione umana. Una serie ispirata dall’opera teatrale omonima di Alfred Jarry del 1896. In tanti l’hanno rappresentata in diverso modo, da Pablo Picasso a Salvador Dalí da Jacques Prévert a Max Ernst. Le Lézard aux Plumes d’Or, realizzata nel 1971, rappresenta la fusione compiuta tra immagine e testo poetico dal grande artista catalano, in una equilibrata coesistenza di grafismo e immagini. La poesia surrealista diventa immagine e l’immagine è testo poetico: l’attività di illustratore ha sempre rappresentato un momento fondamentale nel percorso artistico di Miró, facendone un protagonista assoluto della storia del libro d’artista. Le parole si liberano del “buon comporre” e prendono vita: il segno diventa disegno in una vera baraonda cromatica. Il ciclo Les Pénalités de l'Enfer ou les Nouvelles-Hebrides prende il nome da una nota opera del poeta francese surrealista Robert Desnos. Miró e Desnos avevano immaginato una collaborazione già nel 1922 ma le vicissitudini storiche e l’internamento di Desnos nel campo di concentramento di Terezin dove trovò morte nel 1945 impedirono la realizzazione del progetto. Fu la moglie del poeta a fornire a Miró le poesie e l’artista spagnolo, con questo ciclo, rese omaggio all’amico scomparso. Le opere lavorano su suggestive giustapposizioni di grafemi, forme e contrasti cromatici. Il particolare formato delle tavole permette inoltre a Miró di impostare le sue opere in un’ambivalenza di vertigine espressiva e forma narrativa. SPECIALE SCUOLE / OFFERTA DIDATTICA Affiancano la mostra visite guidate e laboratori didattici rivolti alle scuole con l’obiettivo di far conoscere il linguaggio espressivo di Miró, a cura della Società Sistema Museo. Per la Scuola dell’infanzia e primaria I ciclo “Trame e te”, per conoscere quanto sia grandioso il Sognatore Miró. Ma come si fa a fare arte con così pochi colori? Ridendo e scherzando, i piccoli partecipanti viaggeranno attraverso la teoria dei colori dove primari, secondari e complementari si mescolano a volontà. Acquerelli, tempere e gelatine colorate si uniscono e ci stupiscono. Per la Scuola primaria II ciclo e la Scuola Secondaria di Primo Grado si moltiplicano le forme di Miró con “Dada Stampa”. I partecipanti renderanno multiplo Miró, divertendosi fra forme surreali, lucertole e cieli stellati. Per la Scuola Primaria II ciclo e la Scuola Secondaria di Primo e Secondo Grado è prevista una visita guidata tematica, per scoprire attraverso le opere d’arte di Miró come il linguaggio surrealista e la calligrafia possano diventare opere d’arte. COORDINATE MOSTRA
Data 24 marzo – 15 luglio 2018 Luogo Monopoli, Castello Carlo V Orario marzo-maggio dal martedì a domenica e festivi 10–13/15–20; giugno tutti i giorni 10–13/15–21; luglio tutti i giorni 10–22. Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura. Biglietto intero € 6; ridotto a € 4 (gruppi superiori alle 20 unità, residenti nel comune di Monopoli); ridotto B € 2 (da 6 a 18 anni); gratuito fino a 5 anni, disabili e accompagnatore, giornalisti accreditati. I biglietti sono acquistabili anche online sul circuito Vivaticket. Visite guidate in italiano € 80; in inglese € 100. Al costo si aggiunge il biglietto ridotto. Speciale scuole ingresso e visita guidata tematica € 80; ingresso e laboratorio € 100. Informazioni Call center 0744 422848 (dal lunedì al venerdì 9-17, sabato 9-13, escluso festivi) callcenter@sistemamuseo.it www.mostrepuglia.it Facebook e Instagram Mostre Puglia #MiroMonopoli di Olga Caetani Camminare attraverso le sale della mostra in corso a Palazzo Blu, fino al 1° luglio 2018, è come sfogliare un diario di viaggio che lentamente prende vita e fa immergere lo spettatore in un mondo lontano, dal profumo penetrante di spezie e polvere da sparo, ancora oggi in bilico tra un affascinante passato e un presente contraddittorio, avvolto nel mistero dei veli che coprono i volti e un milione di segreti. L’Oriente ha da sempre attratto mercanti, esploratori e avventurieri da ogni angolo d’Europa, alla ricerca di tesori e merci rare e preziose, nonché di una storia da raccontare. A poco a poco, sono stati battuti chilometri e chilometri di strade, spesso impervie e di fortuna, che, nei secoli, hanno segnato sulle carte gli itinerari della celeberrima Via della Seta. Da Venezia, la cui laguna naturalmente guarda verso Oriente, anche Marco Polo (1254-1324), figlio di coraggiosi mercanti, intraprese quel viaggio, durato ben ventiquattro anni, che lo condusse fino in Mongolia e in Cina, passando attraverso l’Iraq, l’Iran, l’Afghanistan, il Tibet, quindi, sulla via del ritorno, lungo le coste del Vietnam e dell’India. Tornato in patria, fu catturato dai genovesi, dopo la battaglia di Curzola, che vide affrontarsi le repubbliche marinare di Genova e Venezia. Durante la sua prigionia, ebbe la possibilità di dettare il racconto dei suoi viaggi al compagno di sventure, Rustichello da Pisa, con un interesse puntuale ed estremamente moderno, quasi etnografico, per le popolazioni e i luoghi che aveva visitato, rivelandone nel dettaglio gli usi e i costumi, le tradizioni, la cultura, le ataviche superstizioni e i profondi credi religiosi. Trasse la sua origine in questo modo il libro di viaggi per eccellenza, Il Milione, letto e amato da esploratori del calibro di Cristoforo Colombo, tra gli altri. Alcuni studiosi, tuttavia, mettono in dubbio la veridicità della straordinaria impresa di Marco Polo, così come allora fu screditato da coloro secondo i quali avrebbe riportato soltanto le voci dei racconti e delle avventure di altri. Tra il 1998 e il 2001, il grande fotografo di National Geographic Michael Yamashita si è messo così sulle tracce di Marco Polo, con una traduzione commentata de Il Milione come unica guida, per dimostrare che quel viaggio lo aveva compiuto davvero. Con le sue macchine fotografiche, i suoi obiettivi e i suoi rullini, Yamashita ha attraversato l’Oriente, con non meno difficoltà rispetto a quelle incontrate dal veneziano nel XIII secolo, a causa della povertà e delle guerre che imperversano incessanti in molti di quei territori. Ogni scatto vuole testimoniare un passo de Il Milione, immortalando un paesaggio mozzafiato o i membri di un popolo millenario, intenti nelle loro attività quotidiane sospese nel tempo. Le ottanta fotografie nella mostra, squisitamente curata da Marco Cattaneo, direttore di National Geographic Italia, costituiscono ciascuna un’opera d’arte, perfettamente bilanciate nel loro cromatismo e nella loro prospettiva. Yamashita, nel ricco catalogo che accompagna l’esposizione, descrive la genesi di molte di loro, spesso dovute alla fortunata coincidenza di un attimo, in altri casi a lungo studiate e tanto attese, con l’obiettivo e il resto dell’attrezzatura già in posizione. Gli scorci di città, bazar, locali, porti e campagne, protagonisti delle fotografie, sembrano emergere assumendo una propria tridimensionalità nei preziosi oggetti di antico artigianato locale, nelle sculture, nelle armature e nei tessuti, gentilmente concessi dal Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma, in occasione della prima grande mostra fotografica che si tiene a Palazzo Blu, come ricorda orgogliosamente il presidente della Fondazione Palazzo Blu, Cosimo Bacci Torsi. Dopo aver calpestato le stesse orme impresse da Polo, Yamashita lo ricorda con struggenti parole: Si dice che Marco, sul letto di morte, abbia detto: “Non ho raccontato la metà di quanto ho visto”. Marco, vorrei che tu fossi vivo oggi per dirci di più, perché ti seguirei con gioia in un altro viaggio. La mostra è visitabile, fino al 1° luglio, con il seguente orario: Lunedì‐Venerdì 10:00 ‐ 19:00, Sabato‐Domenica e festivi 10:00 ‐ 20:00. Catalogo della mostra a cura di Felici Editore, Gruppo Editoriale Istos Per ulteriori informazioni: https://palazzoblu.it/mostra/marco-polo-yamashita/ Immagini gentilmente concesse dall’Ufficio Stampa Palazzo Blu Potrebbero interessarvi anche: |
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