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28/5/2019

Il “Sogno d’amore” di Chagall: l’artista russo per la prima volta in mostra a Napoli

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Marc Chagall, Le Coq Violet, 1966-72, olio su tela
A Napoli, precisamente nella Basilica della Pietrasanta, è in corso la mostra dedicata al grande artista russo Marc Chagall (1887-1985), inaugurata il 15 febbraio 2019 e aperta al pubblico fino al prossimo 30 giugno: la mostra, tenutasi per la prima volta nella città partenopea, racconta l’amore e il sentimento dell’artista/poeta per la sua amatissima moglie Bella ed è suddivisa in 150 opere, la maggior parte di esse facenti parte di collezioni private sparse un po’ in tutto il mondo e quindi di difficile accesso al pubblico, a loro volta divise in cinque sezioni, Infanzia e tradizione russa, Sogni e fiabe, Il mondo sacro e la Bibbia, Un pittore con le ali da poeta e L’amore sfida la forza di gravità.
 
Nelle opere coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesie, religione e guerra, un universo di sogni dai colori vivaci, di sfumature intense che danno vita a paesaggi popolati da personaggi, reali o immaginari, che si affollano nella fantasia dell’artista.
Opere che riproducono un immaginario onirico in cui è difficile discernere il confine tra realtà e sogno, avvicinandosi, in un certo senso, a quelle del periodo surrealista di Dalì.
 
Curata da Dolores Duràn Ucar, la mostra è stata organizzata dal Gruppo Arthemisia che, dopo il successo ottenuto con la mostra dedicata ad Escher al PAN, ha deciso di riconfermare la sua fiducia nella città partenopea allestendo una nuova grande mostra, questa volta, nello straordinario scenario della Basilica della Pietrasanta.
 
Una mostra da non perdere, che lascia tutti con il fiato sospeso e, ora che manca circa un mese al suo termine, come direbbero alcune testate pubblicitarie in periodo di saldi… Affrettatevi gente, affrettatevi! 

Immagini tratte da: 
Alcune informazioni per la stesura di questo articolo, nonché l’immagine di apertura, sono state tratte dal seguente sito: http://www.arte.it/calendario-arte/napoli/mostra-chagall-sogno-d-amore-57373

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21/5/2019

Il leone alato, simbolo della Serenissima

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di Marianna Carotenuto

Il Leone Alato, conosciuto anche come Leone di San Marco o Leone Marciano è il secolare simbolo di Venezia, nonché della regione Veneto e di numerosi enti ed amministrazioni. Il leone è la rappresentazione simbolica di San Marco Evangelista, ed è generalmente rappresentato con un libro tra le zampe.
Il libro, erroneamente associato al Vangelo, generalmente aperto, reca la scritta «PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEVS», parole che secondo un’antichissima tradizione veneziana, un angelo con le sembianze di un leone avrebbe rivolto a San Marco, naufrago nelle lagune veneziane. «Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum» (Pace a te, Marco, mio evangelista. Qui riposerà il tuo corpo), gli avrebbe detto, preannunciandogli che il suo corpo avrebbe trovato riposo e venerazione in quelle terre.
La figura del Leone compare anche nell’iconografia cristiana. Si fa riferimento al carro di Dio descritto dal profeta Ezechiele (Ez 1, 4-10), che viene trasportato da quattro misteriosi esseri tetramorfi. San Giovanni, nel libro dell’Apocalisse, riprende questa visione del profeta. Il leone è infatti uno dei quattro esseri viventi descritti nel libro come posti attorno al trono dell'Onnipotente, intenti a cantarne le lodi, scelti come simboli dei quattro evangelisti. 
Questo animale simboleggia la forza della parola dell'Evangelista, le ali raffigurano l'elevazione spirituale, mentre l'aureola è il tradizionale simbolo cristiano della santità.
Esso inoltre esprime anche il significato di maestà e potenza; il libro esprime i concetti di sapienza e di pace e l'aureola conferisce un'immagine di pietà religiosa. Alla spada, con cui a volte viene rappresentato il leone, oltre al significato di forza, è affidato anche il simbolo di giustizia; caratteri con cui Venezia amava pensare e descrivere sé stessa: maestà, pace, forza militare, potenza, saggezza, giustizia e pietà religiosa.
 
Il Leone di San Marco è stato raffigurato da tantissimi artisti e in altrettanti diversi modi e posizioni, classificabili in 3 macro categorie:
Leone andante : è possibile vedere per intero il corpo del leone di profilo, appoggiato su tre zampe mentre l'anteriore destra è poggiata sul libro: tipica raffigurazione presentata nelle bandiere e nelle grandi statue, dove vi era abbondanza di spazio per riportare la rappresentazione completa.
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Leone rampante : Di profilo e dritto sulle zampe posteriori e con le zampe anteriori regge il libro e la spada.
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Leone in moléca : Il leone è accovacciato e posizionato frontalmente con le ali spiegate a ventaglio assumendo un aspetto simile al granchio con le chele aperte (e in veneziano moléca è il nome dei piccoli granchi in periodo di muta). È una versione molto usata su spazi ridotti, per la semplicità e la compattezza grafica, soprattutto su monete, sigilli, stemmi e bassorilievi stiacciati. 
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​Passeggiando per Venezia dove è possibile ammirare le sculture leonine?
Senza dubbio recandosi in Piazza San Marco, volgendo lo sguardo verso l’alto della Basilica di San Marco, è possibile ammirare la bellissima rappresentazione del leone dorato sulla sommità del frontone, proprio sotto la statua del Santo.

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​Spostandosi verso il molo,  svetta dal lato di Palazzo Ducale una colonna che regge la scultura bronzea del Leone Alato più famoso di Venezia.
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​Tra la Basilica di San Marco ed il Palazzo Ducale c'è uno dei due ingressi del Palazzo stesso, una maestosa Porta di accesso, Porta della Carta,  al cui centro c’è  il Leone di San Marco con, inginocchiato davanti a lui, il Doge Foscari.
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Numerose sono anche le rappresentazioni del Leon in Moeca come si vede nel Bando del Pane, nel quale vengono enunciati i posti nei quali non era possibile fare commercio di pane se non dopo aver pagato i dovuti dazi allo stato. Questa rappresentazione in tondo, con la faccia del Leone ben in primo piano e le ali aperte dietro a completamento della forma circolare, veniva adoperata su ogni forma di proprietà dello Stato Veneziano durante le sua millenaria esistenza, e ancora oggi è adoperato sulla carta da lettere del Comune di Venezia e sulle divise dei Vigili Urbani.
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Tante altre rappresentazioni leonine ti aspettano a Venezia. Tu le hai già viste tutte? Faccelo sapere!
 

  Immagini tratte da:
- Wikipedia
- dipoco.altervista.org
- www.arte2000.it

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14/5/2019

Vittorio Sgarbi inaugura la mostra "Da Raffaello. Raffaellino del Colle"

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URBINO, Palazzo Ducale – Sale del Castellare
17 maggio – 13 ottobre 2019 / Inaugurazione giovedì 16 maggio h 15
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​Il Comune di Urbino, con il contributo della Regione Marche e del Comitato nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, dedica una importante mostra monografica a Raffaellino del Colle, pittore colto, che elaborò una delle più originali ed autentiche espressioni del manierismo fuori Firenze.
 
L’esposizione “Da Raffaello. Raffaellino del Colle”, a cura di Vittorio Sgarbi, ospitata dal 17 maggio al 13 ottobre a Palazzo Ducale - Sale del Castellare, fa da apripista alle celebrazioni urbinati del 2020 per il quinto centenario della morte di Raffaello Sanzio (1483 - 1520), del quale Raffaellino (1494/97 - 1566) fu uno dei più fedeli e intelligenti seguaci.
Sarà questo l’evento di apertura del nuovo ciclo di mostre diffuse tra Urbino, Fano e Pesaro in programma tra primavera ed estate, dal titolo “Mostre per Leonardo e per Raffaello”, nell’ambito delle celebrazioni promosse dal MIBAC per i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci nel 2019 e di Raffaello Sanzio nel 2020.
 
“Il sostegno della Regione Marche a questo importante progetto - spiega il presidente Luca Ceriscioli - si lega non solo alle celebrazioni di artisti di straordinario valore come Raffaello e Leonardo che hanno segnato la storia artistica e culturale della nostra regione, ma intende favorire la costituzione e l'affermazione dell’identità del territorio anche attraverso la promozione di forme di collaborazione inter-istituzionale funzionali alla valorizzazione dei beni culturali”. Continua l’assessore Moreno Pieroni “la promozione della cultura e del turismo si rafforza con lo sviluppo policentrico del territorio, trasformando il patrimonio culturale e gli eventi espositivi in un volano per lo sviluppo turistico”.
 
La mostra di Urbino intende ripercorrere l’attività del maestro biturgense discepolo del “divin pittore” che, pur essendo stato largamente attivo nelle Marche, necessita ad oggi di una rivalutazione storica e di una maggiore divulgazione. Per la prima volta si potranno ammirare riunite alcune delle sue opere più significative provenienti da chiese e musei di Roma, Cagli, Mercatello sul Metauro, Perugia, Piobbico, Sansepolcro, Sant’Angelo in Vado, Urbania, Urbino.
Il percorso sarà introdotto da due opere di Raffaello custodite nella raccolta dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma: una tavoletta, pressoché inedita, con la Madonna con il Bambino e l’affresco staccato con Putto reggifestone.
 
In estate apriranno le esposizioni a Fano, che celebra Leonardo riscoprendo il legame con Vitruvio con la mostra, a cura di Guido Beltramini, Francesca Borgo e Paolo Clini, “Leonardo e Vitruvio. Alla ricerca dell'armonia. I leggendari disegni del Codice Atlantico” al Museo Archeologico e Pinacoteca del Palazzo Malatestiano, Sala Morganti dall’11 luglio, e a Pesaro dove l’artista Agostino Iacurci sperimenterà una visione contemporanea del De Architectura di Vitruvio con un progetto originale. Dal 13 luglio, a Palazzo Mosca – Musei Civici, “Agostino Iacurci Tracing Vitruvio. Viaggio onirico tra le pagine del De architectura”, a cura di Marcello Smarrelli. Tutte le mostre saranno visitabili fino al 13 ottobre.
SCHEDA TECNICA
 
Inaugurazione giovedì 16 maggio h 15
 
ORARI
Da maggio a settembre da martedì a domenica e festivi h 10-13 / 15-19
Ottobre da martedì a giovedì h 10-13, da venerdì a domenica e festivi h 10-13 / 15-18
Visite guidate individuali ogni sabato, domenica e festivi h 11 e 17, € 3
Visite guidate ed attività didattiche, gruppi e scuole T (+39) 329 464 4309
 
BIGLIETTI (fino al 12 luglio)
Intero € 7
Ridotto A € 5 (gruppi min. 15 persone, studenti universitari, convenzioni)
Ridotto B € 3 (da 6 a 18 anni)
Ingresso libero (fino a 5 anni, soci ICOM, giornalisti accreditati, disabili e accompagnatore)
 
INFO
www.mostreleonardoraffaello.it | urbino@sistemamuseo.it | T (+39) 0721 387 541
 
UFFICIO STAMPA
Alessandra Zanchi M 328 2128748 press.zanchi@gmail.com / info@presszanchi.com
Sara Stangoni T 075 5738105 ufficiostampa@sistemamuseo.it
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7/5/2019

Alla scoperta delle tradizioni napoletane: l’arte presepiale

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di Nicola Avolio
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Immagine raffigurante un tipico presepe napoletano
“Ma a te… te piace o’presepe?” è ciò che chiede, nella famosissima commedia teatrale napoletana “Natale in casa Cupiello”, Luca Cupiello, impersonato da Eduardo De Filippo, al figlio Tommasino, per avere un parere sul presepe artigianale da lui realizzato, il quale gli risponde con un secco “No, nun me piace! Voglio ‘a zuppa e latte!”: ed è in questa domanda che è racchiusa una delle più floride e durature tradizioni napoletane, l’arte presepiale, attiva nella città partenopea dall’XI secolo e mantenutasi pressoché inalterata nel tempo.
 
Ma cos’è, nello specifico, il presepe? Con questo termine si intende la Natività, composta da Maria, San Giuseppe e Gesù Bambino, e più nello specifico la mangiatoia (dal latino praesepium, che significa, appunto, mangiatoia) ove Gesù Bambino, come da tradizione, è collocato, e se ne fa una prima menzione nei Vangeli di Luca e Matteo: ma sarà con San Francesco d’Assisi che si arriverà ad una concezione piuttosto moderna del presepe, esso infatti, di ritorno da Betlemme, rimase talmente colpito dalle funzioni attuate per rappresentare la nascita di Gesù che chiese a Papa Onorio III di poter realizzare quelle rappresentazioni per il prossimo Natale, e fu così che, in occasione del Natale del 1223, fu messo in scena il primo presepe vivente della storia.
Arrivando alla rappresentazione figurata del presepe, la prima in assoluto fu realizzata nel 1283 ad opera di Arnolfo di Cambio, con statuine in legno raffiguranti la Natività e i Re Magi, e si trova conservata tuttora nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma: da quel momento in poi l’abitudine di realizzare presepi prese piede un po’ ovunque, ma in particolar modo nel Regno di Napoli, a partire dal ‘500, secolo in cui visse Gaetano di Thiene, il quale ammise all’interno del presepe anche i personaggi secondari, nel ‘600, in cui nacquero i primi “figurinai”, ossia artigiani dediti esclusivamente alla realizzazione di statue per i presepi e con una schiera di sarti al loro seguito che avevano il compito di cucire con ogni dettaglio possibile gli abiti per i vari personaggi, ma fu nel ‘700 che l’arte presepiale a Napoli registrò il picco massimo di sviluppo, più precisamente sotto il regno di Carlo di Borbone, il quale fu affiancato dal padre domenicano Gregorio Maria Rocco che sfruttò la scia di diffusione dei presepi in città per rieducare e riavvicinare il popolo alla religione, ed è per questo che da allora iniziarono a comparire, sui presepi, statuine raffiguranti popolane, venditori ambulanti, mendicanti ecc.
Una leggenda popolare vuole che il re Carlo di Borbone, ogni qualvolta incontrasse il frate domenicano, era solito domandargli “Padre Rocco, commo jammo a presepi?”.
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Classico esempio di statuine presepiali napoletane
La realizzazione del presepe, a Napoli, è ormai una tradizione ben radicata, e costituisce un vero e proprio culto: in città è famosa, infatti, la cosiddetta “Via dei Presepi” a San Gregorio Armeno, nel cuore del centro storico, lungo la quale sono collocate le numerose botteghe impegnate, in ogni giorno dell’anno, nella produzione di numerosi presepi e statuine, i primi realizzati per lo più in sughero con aggiunta di materiale ligneo per le varie strutture, le seconde in legno o in terracotta e rappresentano, oltre che le varie figure di rito della Natività, anche personaggi del mondo dello spettacolo, del cinema, dello sport, del web ecc.
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Uno scorcio di San Gregorio Armeno, la “Via dei Presepi”, sita nel cuore del centro storico di Napoli
Nel Novecento, poi, la massiccia emigrazione verso Nord e altre parti del mondo fece sì che l’arte presepiale si diffondesse a macchia di leopardo oltre i confini napoletani, dove si svilupperanno poi diverse correnti: oggi la figura del presepe, a causa del consumismo imperante che lo vede sopravvivere a fatica alla pagana figura dell’albero di Natale, diffusosi e accettato nel mondo cattolico a partire dall’800, resta una tradizione che ha a Napoli le sue origini e le sue tradizioni più radicate e che non può non essere ammirato da ogni angolo del mondo. 
Alcune informazioni per la stesura dell’articolo le ho tratte dal seguente sito: http://www.napolitoday.it/cultura/presepe-napoletano-origini-significato-personaggi.html

Immagini tratte da:                      
L’immagine del presepe napoletano: https://napolipiu.com/presepe-napoletano-tra-hitler-e-escobar
L’immagine delle statuine: https://www.pianetadonna.it/notizie/attualita/presepe-napoletano-personaggi-come-si-chiamano-significato.html
L’immagine di San Gregorio Armeno: https://www.vesuviolive.it/ultime-notizie/172484-presepe-natale-2016-comprare-san-gregorio-armeno/

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7/5/2019

Disegnare alla ricerca di sé: intervista a Eugenio Bucci – Illustratore

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di Olga Caetani
Giovane illustratore e grafico, Eugenio Bucci è un artista a tutto tondo, che pone al centro della propria quotidianità il disegno e la pittura, senza mai rinunciare alla musica, che suona e soprattutto scrive. Un suo sogno? Quello di riuscire a integrare l’illustrazione con la grafica, unire la propria sfera artistica con l’ambito professionale. Per questo motivo, nel postare i suoi disegni, sempre accompagnati da didascalie in versi, sulle pagine social da lui curate riduce al minimo indispensabile l’intervento digitale.  La carta, infatti, rimane il suo supporto prediletto, con la cui grana l’acquerello si sposa perfettamente. Nel suo studio, circondati dalle sue chitarre e dai suoi lavori, non tutti ancora incorniciati, Eugenio mi mostra le sue opere più recenti e una ancora in corso…
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La mia fede, acquerelli su carta
Da un primo sguardo ai tuoi disegni, emergono isolate figure umane, o dai tratti mostruosi e surreali, curate nei singoli dettagli, spesso tracciate in un elegante bianco e nero, e immerse poi in un groviglio inestricabile di colorati elementi naturali, vegetali e zoomorfi, estremamente realistici. Un’eco simbolista le pervade vagamente.
Sì, non amo riprodurre la figura umana nella sua interezza, al di là della scelta del soggetto maschile o femminile. Preferisco soffermarmi sul singolo dettaglio, le mani, per esempio, per le quali ho quasi una mania, mi piacciono le forme che assumono, così anche per le foglie, il cui accartocciarsi ricorda molto la mano. Sono entrambe forme riducibili, trasformabili, vi si possono trovare delle combinazioni di linee che vanno anche oltre quelle di un volto umano. Oppure mi concentro sul panneggio, che può essere inteso come oggetto a sé stante di ricerca pittorica, capace di mutare di significato non appena si pone sotto una luce diversa. L’umanità mi interessa poco, in realtà. La componente animale è sempre quella molto più presente e più forte: l’umano rientra nelle composizioni, ma appare isolato, relegato e sconfitto. 
Rami, acrilici su carta
Leda e il cigno, acquerelli su carta
Sembra di rileggervi delle mitologiche metamorfosi, come quelle del poeta latino Ovidio…
Si tratta di una mia reinterpretazione di “Leda e il cigno”: una loro fusione. Le ali del cigno sembrano appartenere alla donna, mentre l’animale si nasconde dietro di lei. Entrambi i corpi sono avvolti da un prezioso panneggio ondoso che allude all’ambientazione di uno stagno. Mi piaceva semplicemente riprendere gli elementi di quel celebre mito, per trasporli in una composizione che fosse lontana dall’iconografia classica.
Da dove trai ispirazione per i soggetti delle tue opere?
Innanzitutto, rifuggo temi e immagini in linea con tutto ciò che abbia intenzione di fare critica sociale. Non amo i riferimenti alla nostra contemporaneità, troppo frenetica e in continua evoluzione. Preferisco un linguaggio che sia universale e rinnovabile nel tempo, che non invecchi mai. I paesaggi che ho incontrato nei miei viaggi in Europa mi hanno spinto a dipingere, tra l’altro in circostanze meno comode di quelle a cui sono abituato in studio. Sono acquerelli dipinti al volo, su di una panchina di fronte al fiume di Francoforte o dalla finestra del mio ostello a Siviglia, sottostando alla rapidità con la quale mutano le condizioni di luce all’aperto, e con loro i colori. Poi, c’è stato un periodo in cui ho cominciato a fare una serie di sogni che ho tradotto visivamente attraverso la pittura. Così è nata “La marea della notte”, in cui a dominare doveva essere la composizione - che è l’elemento che mi interessa di più - in modo che catturasse a colpo d’occhio. Da un sogno dipinto è nata anche una canzone.  
La marea della notte, acrilici e acquerelli su carta
La marea della notte, acrilici e acquerelli su carta; particolare
​Musica e arte: quale rapporto? Chi influenza l’altra?
Prima cercavo di trasformare i testi delle canzoni che scrivo in immagini, ma poi ho capito che non era una via adeguata. Disegno ascoltando la musica che amo, perché per farlo ho bisogno di un’atmosfera. La musica comunque è qualcosa di molto più meccanico, è diverso il rapporto che si ha con lo strumento da quello con il pennello. Lo strumento musicale è più personale, ogni chitarra ha la sua voce e l’approccio è più “animalesco”. Per disegnare, invece, occorre tempo, la musica dà un risultato immediato, che può piacere o non piacere ma segue una pista già tracciata sulla quale muoversi. Al contrario, ho provato a tradurre un mio disegno in musica, ma il risultato è stato forse difficile da condividere e da far comprendere al pubblico. Sono molto autocritico e selettivo nel mio lavoro, perché sento come voglio che venga una cosa, se non la ottengo in quel modo, capisco che c’è qualcosa che non va.
La modestia è una delle prime caratteristiche che colpiscono di te! Ma, tornando un passo indietro, quando hai “scoperto” il tuo innato talento artistico e come lo hai coltivato? Oltre alla laurea in Scienze della Comunicazione, conseguita all’Università di Pisa, hai frequentato studi e corsi d’arte?
La mia è una formazione essenzialmente da autodidatta, empirica. Ho sempre disegnato, fin da bambino, vedendo che gli altri apprezzavano quello che facevo. A scuola disegnavo per passare il tempo. Ho fatto tanta pratica, che mi ha portato a ottenere i risultati di oggi, di cui posso dirmi abbastanza soddisfatto. Quando sento di aver raggiunto un obiettivo lo abbandono per passare a sperimentare altro. Ho studiato l’opera di tantissimi pittori e illustratori, per cercare ciò che maggiormente si avvicinava alla mia idea, ma senza mai copiarne lo stile, tentando piuttosto di fonderlo con il mio. Mi piacerebbe integrare tutte le mie passioni: arte visiva, musica e letteratura, creare qualcosa che racconti una storia sotto varie forme. Il mio lavoro di grafico ha molto a che fare con i miei studi, ma il mio stile personale rimane – per ora – qualcosa di nicchia nelle commissioni che ricevo. Il settore editoriale è quello che più si avvicina a questo mio sogno. Recentemente, ho realizzato l’illustrazione della copertina di un e-book, edito da Maggioli Editore. 
Vi sono alcuni modelli o artisti del passato ai quali fai riferimento in particolare?
Mi hanno influenzato molto Alfons Mucha e la cartellonistica, nel contornare e rilevare sul foglio elementi isolati. Amo moltissimo la pittura di Velázquez e di Goya, mentre odio Dalí. Con Picasso ho un rapporto un po’ controverso. Mi piace Kandinskij e il suo approdare all’astrattismo, ma non necessariamente lo stile di queste grandi personalità è vicino ai miei lavori.
E per quanto riguarda il contemporaneo, rispetto ai tuoi colleghi?
Rimango sempre aggiornato. Conosco diversi pittori, grazie soprattutto ai numerosi eventi ai quali ho partecipato, ai live painting, alle mostre collettive e personali. E’ però soprattutto durante le performance, dove pesa molto anche la dimensione fisica oltre a quella mentale, che si riesce a entrare nel vivo del rapporto tra pittori, altrimenti piuttosto “isolazionisti”, poco accoglienti: è difficile entrare nella sfera artistica altrui, anche solo per un confronto, per uno scambio di opinioni sulla propria opera.
A questo proposito, da un punto di vista più tecnico, qual è il processo creativo di una tua illustrazione?
Di solito non faccio schizzi preparatori, creo una base a matita, un disegno che di per sé è già molto preciso, che poi ripasso con penne a china di 0,5 mm per i vari piani, fino al dettaglio, per il quale ho molta cura, sfociando spesso nel puntinismo o nel tratteggio, ottenendo un effetto più sfumato. Ottenuta la traccia, inizio a dipingere ad acquerello oppure mescolando l’acquerello all’acrilico, che ha quel qualcosa di pastoso e materico che preferisco, tangibile e denso sul supporto cartaceo. La tela la utilizzo di rado, è stata uno strumento per trovare una via che fosse mia, magari ci tornerò in seguito. La mia tavolozza esclude quasi completamente il bianco, che trovo troppo innaturale, preferisco mescolarlo all’avorio, molto più dolce, come ho fatto di recente per “Famiglia”. 
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Famiglia, acrilici e acquerelli su carta
Se dovessi definire le tue opere in una parola?
Esperienziali. Oggi non voglio più soffermarmi su lavori che sono puri vezzi stilistici, come facevo in passato, né produrre necessariamente grandi numeri di opere, perché non sono le quantità a fare la qualità di un artista. Voglio dipingere qualcosa di più personale, che abbia una motivazione, una riflessione o un evento scatenante alle spalle. Attraverso la pittura sto capendo come sono fatto, ha contribuito a darmi una linea. La pittura riesce a dare un ordine alle cose, a conciliare aspetti, colori e forme, senza lasciare niente al caso. Farmi domande e darmi delle risposte mi ha dato consapevolezza, mi ha reso autocritico, riesco a capire quali sono le cose che vanno o no, sia in pittura che per me stesso. Nel tempo, scoprendo qualcos’altro di me, cambierà di conseguenza il mio stile. La mia pittura è un percorso soprattutto interiore. 

​Eugenio Bucci nel web:

  • https://eubucci89.wixsite.com
  • https://www.facebook.com/eugeniobu/ 
  
Immagini gentilmente concesse dall’artista

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