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11/5/2021

La mostra di Francesco Nesi "Il mio piccolo principe" apre oggi al Lu.C.C.A.

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Comunicato stampa

FRANCESCO NESI
“IL MIO PICCOLO PRINCIPE. VIAGGIO INFINITO”
a cura di Maurizio Vanni e Filippo Lotti

Il racconto di Antoine de Saint-Exupéry fa da filo conduttore alle opere
dell'artista toscano che affronta il tema del viaggio sulle ali della fantasia
Lu.C.C.A. Lounge&Underground, 11 maggio – 6 giugno 2021
Foto

I suoi personaggi sono in eterno movimento, spesso fluttuanti tra paesaggi reali che vengono rivisitati dal suo occhio aperto sul fantastico. Nella mostra personale di Francesco Nesi dal titolo “Il mio piccolo principe. Viaggio infinito”, a cura di Maurizio Vanni e Filippo Lotti, che sarà allestita nel Lu.C.C.A. Lounge & Underground dall'11 maggio al 6 giugno 2021 (ingresso libero), le composizioni dell'artista toscano prendono a prestito il racconto “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry per animarsi di nuove figure e affrontare il tema del viaggio, non solo fisico, ma anche interiore.

L'esposizione, realizzata in collaborazione con Fuori Luogo e patrocinata dal Comune di Lucca, ha come partner The Lands of Giacomo Puccini e come sponsor: MS Carrelli Elevatori, Pallets Bertini Group, Star Service Elaborazione Dati e S.d.e. - Shipment Delivery Express. L'inaugurazione alla presenza dell'artista si terrà sabato 15 maggio 2021 alle ore 17. Gli ingressi saranno contingentati.

“Nell'opacità della società in cui viviamo, basata su esteriorità e materialismo – scrive il co-curatore Maurizio Vanni –, il bambino che c'è dentro di noi, incontaminato ed innocente, che non ci ha mai lasciato, non aspetta altro che essere ridestato. Nesi, in quasi tutte le sue opere, ci prospetta un mondo libero, aperto e, almeno in apparenza, senza confini e barriere. Ne risultano composizioni dinamiche e imprevedibili, in cui forme e colori si fondono nel creare personaggi e cose definitivamente temporanee, concretamente instabili”. Il viaggio diventa quindi la vera risposta che apre nuove prospettive sulla nostra esistenza: non è solo uno spostamento fisico, ma soprattutto un'evoluzione dell'anima. “Spesso – prosegue Vanni – la paura di abbattere ogni sbarramento e allargare i nostri confini, minando le nostre certezze, non permette di andare oltre l'apparenza delle cose. Anche per Francesco Nesi, il viaggio è inteso come desiderio di aprire la mente ad altro: i suoi personaggi, il più delle volte, sono in movimento tra cielo e terra come se fossero protesi verso la dimensione della conoscenza. Il loro obiettivo non è quello di arrivare alla meta finale, ma attraverso il superamento degli ostacoli e dei pericoli quello di giungere a distinguere l'io umano dall'io sociale. In un viaggio ideale e infinito, l'essere dovrebbe sempre corrispondere all'apparire”.


“Basta un solo sguardo – sottolinea anche il co-curatore Filippo Lotti – per essere conquistati dall'universo di Nesi. È un mondo 'altro', il suo, rispetto alla quotidianità; eppure così riconducibile ad essa da non lasciare dubbi: è dell'esistenza umana che stiamo parlando. Per fortuna l'arte e la poesia ci vengono in aiuto: i colori e la composizione di Nesi infatti ci proiettano miracolosamente in un'atmosfera onirica e sorprendente; la vita terrena è trasfigurata e trasportata in un luogo non-luogo e in un tempo non-tempo, condizioni necessarie e auspicabili per chi ancora ha voglia di sognare…”. “Ne sarebbe davvero entusiasta Il Piccolo Principe – conclude Lotti –. Come lui, che ha viaggiato tra i pianeti per dare un senso alle tante domande, noi, adesso, in compagnia dei protagonisti nesiani, sorvoliamo la terra che ci mostra la condizione umana da una prospettiva privilegiata e che dall'alto ci sembra a tratti accessibile; la melodia infatti che 'filtra' dai dipinti ci accompagna in un volo leggero sul mondo reale, illuminati da una luce chiara carica di speranza: perché pochi di noi si ricordano di essere stati piccoli, e, tra quei pochi, ci sono sicuramente i veri artisti, quelli che non si rassegnano, quelli che vogliono estirpare i pericolosi baobab”.

Note biografiche di Francesco Nesi
Francesco Nesi è nato a San Casciano Val di Pesa (FI) nel 1952. Pittore autodidatta, il suo amore per l’arte lo ha spinto a dipingere sempre, e nel tempo la sua dedizione si è tradotta in un vero e proprio impegno, dove la passione ha preso spazio e tempo totale.
Il suo messaggio è chiaro e irrefrenabile: ogni sogno nel cassetto deve essere realizzato, per amore della nostra vita. Così questo sogno permea tutta la creazione pittorica di Nesi, la dimensione toscana è congeniale, le colline morbide arcobaleniche sono un humus essenziale. Da questo terreno così ben fecondato, nasce un albero fantastico da dove si diramano personaggi tra il trasognato e l’ironico, volanti e svolazzanti, colori vivaci e movimentati, colline e sogni. Non è solo la docile natura toscana che costituisce il background dell’artista, ma c’è insieme tutta la cultura che questa terra trasmette.
Nel 1985 riceve il Premio Bargellini con la susseguente mostra personale alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Nella stessa città, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, riceve il Premio per la pittura del Fiorino d’oro.
Nella penisola italiana molte città lo hanno ospitato con mostre collettive e personali: da Vigevano a Ferrara e poi Brescia, Parma, Lucca, Bari, Palazzo Barberini a Roma, solo per citarne alcune. Un più largo respiro lo porta a esporre sconfinando in Europa: in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, esponendo per la prima volta oltre oceano all’Artexpo di New York nel 1997. Inizia poi una costante collaborazione con una galleria nella città di Carmel in California, e a Seattle.
Le sue opere sono sempre apprezzate per l’armonia del colore e la sapiente costruzione del paesaggio che accoglie le sue figure. Ad una prima lettura sembra di facile interpretazione, ma non lo è affatto. I suoi personaggi a volte sono interpreti di un sogno felice, ma a volte esprimono anche una ricerca ai tanti punti interrogativi della vita.
Nesi vive e lavora a Tavarnelle Val di Pesa (FI).

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MOSTRA “FRANCESCO NESI. IL MIO PICCOLO PRINCIPE. VIAGGIO INFINITO”
a cura di Maurizio Vanni e Filippo Lotti
Lu.C.C.A. Lounge&Underground
dall'11 maggio al 6 giugno 2021
orario mostra: da martedì a venerdì ore 14-18; sabato e domenica ore 10-18; lunedì chiuso.
Ingresso libero

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6/5/2021

Da venerdì 7 maggio il Museo delle Navi Antiche di Pisa riapre le porte al pubblico

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COMUNICATO STAMPA
Il Museo delle Navi Antiche di Pisa riapre le porte al pubblico, un weekend di visite guidate e appuntamenti per le famiglie

Venerdì 7 maggio la riapertura del più grande complesso museale di imbarcazioni antiche al mondo con ingressi contingentati e prenotazione obbligatoria

A partire da sabato 8 maggio al via “Tutti a bordo, salpiamo insieme!” l’iniziativa ludico-didattica prevista nei fine settimana con visite guidate e laboratori dedicati ai più piccoli
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Pisa, 5 maggio 2021 — Dopo lo stop imposto dalla chiusura dei luoghi di cultura dei mesi scorsi, il Museo delle Navi Antiche di Pisa riapre le porte al pubblico. Da venerdì 7 maggio il più grande complesso museale di imbarcazioni antiche al mondo propone un cartellone di visite e attività per famiglie, con ingressi contingentati e prenotazione obbligatoria.


Da venerdì 7 (dalle 15.30 alle 18.30) e per tutto il weekend (dalle 10.30 alle 18.30), l’esposizione delle sale degli Arsenali Medicei tornerà ad accogliere i visitatori, con ingressi contingentati, durante fasce orarie prestabilite (consultabili alla pagina https://www.navidipisa.it/informazioni/). Sono inoltre previste visite guidate in apertura straordinaria al raggiungimento del numero minimo di 10 prenotati, il martedì, il mercoledì e il giovedì, dalle 15.00 alle 18:00.

A partire da sabato 8 maggio alle 15.30, domenica 9 e per i fine settimana seguenti, prenderà il via il progetto dedicato alle famiglie “Tutti a bordo, salpiamo insieme!”, iniziativa ludico-didattica che prevede visite guidate tra le grandiose imbarcazioni perfettamente conservate e laboratori dedicati ai più piccoli, dai 6 ai 12 anni, in compagnia di archeologi esperti. Ogni settimana verrà proposto un laboratorio diverso. In programma l’8 e il 9 maggio l’attività “Trame antiche: Come e con che cosa tessevano gli antichi?”, un approfondimento su come nasce la tessitura, una delle grandi invenzioni del Neolitico, in cui verrà realizzato un tessuto con il telaio orizzontale come quello usato dai nostri antenati. A seguire il 15 e 16 maggio “Pisa etrusca: la scrittura”, un primo approccio alla scrittura di semplici nomi su frammenti ceramici, per imparare a conoscere l’alfabeto etrusco.

Gli incontri, a cui potranno partecipare un massimo di 7 bambini per turno, saranno realizzati con l’ausilio di kit di materiali individuali preventivamente sanificati e organizzati nel rispetto delle normative in materia di Covid-19.

La prenotazione è sempre obbligatoria, sia per l’ingresso che per le attività, dal lunedì al venerdì (9.30-17.30) allo 050 47029 o tramite email all’indirizzo prenotazioni@navidipisa.it, nel fine settimana al numero 050 8057880 (anche con messaggistica WhatsApp).
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​Il complesso delle Navi Antiche di Pisa è il più grande museo di imbarcazioni antiche esistente, con 4700 metri quadri di superficie espositiva raccoglie 800 reperti, esposti in 47 sezioni divise in 8 aree tematiche con sette imbarcazioni di epoca romana, databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C., di cui quattro sostanzialmente integre. Inaugurata lo scorso 16 giugno dopo più di vent’anni di ricerca e restauro, l’area degli Arsenali Medicei accompagna i visitatori in un vero e proprio viaggio attraverso più di mille anni di storia della città di Pisa.

La concessione del museo è affidata a Cooperativa Archeologia, che ha seguito negli ultimi anni lo scavo archeologico e il restauro delle navi e dei reperti, sotto la direzione scientifica di Andrea Camilli, responsabile di progetto per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Pisa e Livorno diretta da Esmeralda Valente. Il progetto di scavo e restauro delle antiche navi di Pisa rappresenta uno dei più interessanti e ricchi cantieri di scavo e ricerca degli ultimi anni. La particolare condizione di conservazione dei reperti racchiusi in strati di argilla e sabbie ha richiesto un considerevole sforzo economico, organizzativo e tecnologico, mettendo a disposizione della ricerca laboratori, depositi, strumentazioni all’avanguardia e logistica devoluti al recupero degli oltre trenta relitti individuati e dei materiali ad essi associati. Il cantiere delle Navi Antiche è quindi diventato un centro dotato di laboratori, depositi e strumentazione che ha visto la collaborazione di decine di istituzioni universitarie e di ricerca italiane e straniere.

Tutte le informazioni su www.navidipisa.it e sui social del progetto.

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4/5/2021

Flaming June, il capolavoro di Frederic Leighton

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di Marianna Carotenuto
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Flaming June è il dipinto più famoso e celebrato di Frederic Leighton, presidente della Royal Academy di Londra nonché una delle figure inglesi più importanti del mondo dell'arte durante la seconda metà del XIX secolo.
Nel 1895 Lord Leighton presentò Flaming June proprio alla Royal Academy insieme ad altre cinque opere, tra cui si ricorda Lachrymae, Twixt Hope and Fear, The Maid with the Golden Hair e Candida.
In quel periodo Leighton non avrebbe mai immaginato che Flaming June sarebbe stato uno dei suoi ultimi quadri, né che sarebbe diventato il suo capolavoro. 


A prima vista, osservando Flaming June, è ben visibile un groviglio di tessuto stropicciato di color arancione, che rimanda al sole caldo e luminoso di una tipica giornata di Giugno. Si sa, infatti, che la stagione preferita dai pittori dell’Estetismo era l’estate, quando la natura, illuminata dal sole, presentava colori accesi.
Nel dipinto di Leighton, i brillanti colori di impronta tizianesca, rivestono un corpo dall’emblematica anatomia michelangiolesca: Michelangelo utilizza questa posa di origini classiche nella scultura de La Notte che adorna la tomba Medicea nella Basilica di San Lorenzo a Firenze, di cui Leighton conservava nel suo studio diverse fotografie.
Come di consueto nella pittura vittoriana, venivano ritratte donne addormentate, assorte, morte o morenti come Ophelia di John Everett Millais, per la cui realizzazione l’artista fece immergere Lizzie Siddal, moglie dell’amico Dante Gabriel Rossetti, in una vasca da bagno riscaldata da candele.
Ma a differenza di Ophelia, con Flaming June ci troviamo davanti una giovane donna addormentata, avvolta nel suo abito arancione in un insieme di curve intrecciate, che guidano il nostro sguardo lungo tutta la composizione.


La donna che ha ispirato Flaming June è Dorothy Deene, amica e protetta di Leighton per diversi decenni.
Dietro di lei, si dispiega il Mar Mediterraneo che scintilla sotto gli ultimi raggi del sole; presumibilmente dipinto studiando i bozzetti ad olio a cui l’artista aveva lavorato durante i suoi precedenti viaggi.
Analizzando gli schizzi, a sinistra dell'orizzonte era ben evidente un'isola, che attualmente è solo debolmente visibile.


​È possibile che attraverso Flaming June , opera carica di bellezza ed erotismo, Leighton abbia voluto esplorare la connessione estetica tra il sonno e la morte, concetto che attraeva la maggior parte degli artisti vittoriani.
A suggerire questa associazione è l'oleandro posto nell’angolo della tela; fiore dai colori vivaci ma al contempo velenoso, spesso associato alla morte in varie poesie dell'epoca.
E’ anche questo mistero a rende tale dipinto così affascinante anche ai nostri giorni. Tuttavia, negli anni della prima guerra mondiale, Flaming June era visto come una reliquia del passato, incarnando un ideale estetico e dei valori che dovevano essere oramai superati.
Trent’anni dopo, Flaming June passò dall'essere considerato "Il più meraviglioso dipinto esistente" (Samuel Courtauld, 1876-1947), allo scomparire senza lasciare letteralmente traccia.
Riapparve nel 1962, nella vetrina del negozio di un corniciaio di Battesea, sulla quale si posò l’attenzione del musicista e compositore Andrew Lloyd Webber. Ma Lloyd Webber, allora era solo uno studente appassionato d’arte vittoriana e con l’ambizione di diventare un collezionista, per cui non possedeva le sterline necessarie per comprare il quadro e chiese un prestito a sua nonna. C’e da dire che quando riapparve nel mercato dell'arte, l'arte vittoriana era completamente fuori moda, pertanto la nonna, disinteressata, rifiutò così Lloyd Webber dovette rassegnarsi.
Flaming June fu riscoperto in una galleria londinese da Luis A. Ferré, fondatore del Museo de Arte de Ponce, sua città natale, che se ne innamorò a prima vista.
Il quadro è ancora conservato nel suo museo e da quell’isola del mar dei Caraibi, la sua fama ha continuato a crescere inesorabilmente. Fu ospitato in Europa l’ultima volta nel 2008 alla Tate Britain insieme ad un altra opera della collezione di Luis Ferré, The Sleep of Arthur in Avalon di Burne Jones.

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Immagini tratte da:
https://www.museoarteponce.org/

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