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26/6/2018

Comunicato stampa: VIAGGIO NEL TEMPO CON M4

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Le nuove scoperte archeologiche lungo la Linea Blu
Civico Museo Archeologico, dal 19 giugno al 23 settembre 2018
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Dal 19 giugno al 23 settembre il Civico Museo Archeologico (via Magenta 15) ospiterà una mostra molto originale, dedicata ai ritrovamenti archeologici portati alla luce dagli scavi per la realizzazione della M4, la nuova metropolitana di Milano.
La costruzione della Blu, infatti, rappresenta non solo una scelta strategica per il futuro della mobilità e sostenibilità di Milano ma un’occasione unica per ampliare le conoscenze sul passato.
Il progetto “Viaggio nel tempo con M4” - promosso dall’Assessorato alla Mobilità del Comune di Milano, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano, M4 spa e MM spa - comprende la mostra al Civico Museo Archeologico, dove è possibile seguire un itinerario ideale lungo il percorso della metropolitana e ammirare da vicino molti reperti inediti e pannelli informativi posti direttamente su alcuni cantieri della M4.
Obiettivo del progetto non è solo divulgare e raccontare particolari preziosi della storia di Milano, ma anche spiegare come la ricerca archeologica e la realizzazione di nuove infrastrutture vanno spesso di pari passo.
A Milano le scoperte nei cantieri delle linee metropolitane esistenti, dagli anni Sessanta a oggi, hanno permesso di scrivere pagine importanti della storia della città.
Per M4 sin dalle prime fasi di progettazione per la realizzazione della nuova Linea M4 è stato previsto un tempo dedicato alle indagini archeologiche, come richiesto dalla normativa sull’archeologia preventiva. Individuate le aree con probabile presenza di resti antichi, sono stati programmati i successivi scavi archeologici svolti nel corso delle attività preliminari di realizzazione di stazioni e manufatti.
Così ingegneria e archeologia camminano a braccetto per realizzare una fondamentale l’opera pubblica e garantire nel contempo la conservazione e la valorizzazione dell’irrinunciabile patrimonio culturale della collettività.
 “Viaggio nel tempo con M4” vi aspetta dal 19 giugno al 23 settembre presso il Museo Archeologico e sulle cesate dei cantieri della Stazione S.Babila, Manufatto di Largo Augusto, Stazione Vetra, Manufatto S.Calimero (via S.Sofia, angolo Corso di Porta Romana), Stazione De Amicis e Manufatto De Amicis (via de Amicis).

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26/6/2018

Comunicato Stampa: Impressionismo. Dipingere la luce

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Le tecniche nascoste di Monet, Renoir e Van Gogh
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Una grande mostra, dedicata ai capolavori dei maestri impressionisti, che svela i segreti e le

tecniche “nascoste” di alcuni tra i più celebri dipinti del mondo.
Impressionismo: dipingere la luce. Le tecniche nascoste di Monet, Renoir e Van Gogh, si terrà a
Palazzo Strozzi dall’11 luglio al 28 settembre 2008 e vedrà esposte oltre sessanta opere, tra cui
capolavori di Manet, Monet, Renoir, Van Gogh, Gauguin, Caillebotte, provenienti dal Wallraf-
Richartz-Museum & Fondation Corboud di Colonia.
La mostra non si limita a presentare al pubblico straordinari dipinti raramente esposti fuori dal
territorio tedesco, ma invita il visitatore ad ammirare le opere impressioniste non solo come
capolavori, ma quali straordinari esempi di una tecnica pittorica rivoluzionaria. Alcune innovazioni,
tra cui l’introduzione dei tubetti di colore, permisero per la prima volta agli artisti di trasferirsi
all’aria aperta e di dipingere con una libertà senza precedenti. Non solo, anche le nuove teorie
scientifiche sul colore stimolarono i pittori ad analizzare attentamente gli effetti di luce e ombra e a
riportarli sulla tela.
Impressionismo: dipingere la luce espone alcuni dipinti sui quali non si è ancora fatta chiarezza e
invita il pubblico a esprimere la propria opinione e a raccogliere gli indizi presenti nella mostra;
costituisce, quindi, la prima esposizione che propone al visitatore di calarsi nei panni dei curatori e
degli esperti, partecipando al loro lavoro di ricerca.
Il percorso culmina nella scoperta che un dipinto appartenente alla collezione del Wallraf-Richartz-
Museum, a lungo ritenuto un Monet, è in realtà un falso coevo!
I dipinti impressionisti non sono solo capolavori, ma anche dei puzzle.
La mostra è prodotta e organizzata dal Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud di Colonia
e dalla Fondazione Palazzo Strozzi, con sostegno della Regione Toscana, della Provincia di Firenze,
del Comune di Firenze, della Camera di Commercio di Firenze e dell’Associazione Partners di
Palazzo Strozzi. Main sponsor della mostra Banca CR Firenze.
Impressionismo: dipingere la luce. Le tecniche nascoste di Monet, Renoir e Van Gogh giunge in
Italia in un periodo in cui si celebra la pittura dell’Ottocento, in occasione del centenario della
morte di Giovanni Fattori (1825-1908), il più noto dei Macchiaioli. I capolavori di Van Gogh,
Monet e Renoir in mostra a Palazzo Strozzi, completano dunque idealmente il programma di eventi
organizzati a Firenze in onore del grande pittore toscano, collegando l’arte italiana e quella
francese.
 
Orari
Tutti i giorni 9.00-20.00
Giovedì 9.00-23.00
Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura

Biglietti

intero € 10,00; ridotto € 8,50; € 8,00; € 7,50; € 6,50; scuole € 4,00

​Per informazioni sulla mostra:

www.palazzostrozzi.org
www.impressionismofirenze.it

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19/6/2018

Henri Cartier-Bresson. In America

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​Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
16 giugno – 11 novembre 2018
a cura di Maurizio Vanni
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Dal 16 giugno all’11 novembre 2018 il Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art accende i riflettori sulla mostra fotografica “Henri Cartier-Bresson. In America”, a cura di Maurizio Vanni, organizzata in collaborazione con Magnum Photos e Fondation Henri Cartier-Bresson con il supporto di MVIVA.

L’esposizione, che si compone di 101 immagini in bianco e nero, riunisce gli scatti che il fotografo parigino – fondatore insieme a Robert Capa, George Rodger, David ‘Chim’ Seymour e William Vandivert della Magnum Photos – realizzò negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni Trenta, quando visitò per la prima volta il Paese, fino alla fine degli anni Sessanta. Questi lavori sono riusciti a catturare la realtà e l’essenza della vita americana di allora, mostrando in particolare la diversità della ricca società americana.

“Cartier-Bresson – sottolinea il curatore Maurizio Vanni – posa il suo sguardo sulla società dei consumi per eccellenza e sul suo mondo effimero frapponendo la sua arte senza tempo, durevole e solida alla fragilità e fugacità di una comunità che ha smarrito il senso vero dell’esistenza. La rincorsa di un modello di vita utopico, votato all’eccesso, al sogno, alla grandezza, alla rottura delle convenzioni, alla tecnologia risulta essere più vicino alla fiction che alla realtà, che si manifesta così in tutta la sua banalità, disperazione e crudezza”.

“C’era un sacco di sfarzo in America negli anni Sessanta e Settanta, sì e negli anni Quaranta, l’era delle immagini – scrive Arthur Miller –, ma chiaramente Cartier-Bresson cercava di metterselo alle spalle per arrivare alla sostanza della società americana. E dal momento che la sua è fondamentalmente una visione tragica, ha reagito con maggiore sensibilità a ciò che in America ha visto come correlato al suo decadimento, al suo dolore”. Il paesaggio americano passa in secondo piano ed esce rafforzato l’elemento umano, il valore delle persone e dei loro gesti.

La mostra ha ottenuto il patrocinio di Regione Toscana, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Lucca, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Gesam Gas+Luce. ​
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​Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
“Henri Cartier-Bresson. In America”
a cura di Maurizio Vanni
16 giugno – 11 novembre 2018

Organizzazione: Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
In collaborazione con: Magnum Photos e Fondation Henri Cartier-Bresson
Con il supporto di: MVIVA
Con il patrocinio di: Regione Toscana, Comune di Lucca, Opera delle Mura, Camera di Commercio di Lucca, Confindustria Lucca, Confcommercio Province di Lucca e Massa Carrara, Confesercenti Toscana Nord, Confartigianato Imprese Lucca
Con il sostegno di: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Gesam Gas+Luce 

Per info:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca tel. +39 0583 492180
www.luccamuseum.com info@luccamuseum.com

Orario mostra:
Da martedì a domenica ore 10-19
Chiuso il lunedì

Biglietti: intero 9 euro / ridotto 7 euro

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19/6/2018

Il Giappone di Utagawa Hiroshige

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I grandi spazi delle Scuderie del Quirinale ospitano una mostra dedicata all’arte del celebre paesaggista giapponese, curata da Rossella Menegazzo, con Sarah E. Thompson e con la collaborazione del Museum of Fine Arts di Boston.
di ​Giovanna Leonetti
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Parto per un viaggio
Lasciando il mio pennello ad Azuma [Edo]
Per visitare i luoghi celebri della Terra d’Occidente
[il Paradiso della Terra Pura]

​Hiroshige

Le scuderie del Quirinale celebrano con una selezione di 230 opere, suddivise in sette sezioni tematiche, Utagawa Hiroshige, uno dei più grandi artisti del mondo fluttuante (ukiyo-e). La maggior parte della produzione esposta è caratterizzata da xilografie policrome, disegni preparatori e, infine, dipinti su rotolo. Questa mostra esalta la grande produzione di Hiroshige, capace di rispondere alle richieste del mercato giapponese; inoltre, evidenzia la capacità dell’artista di sperimentare nuove tecniche compositive, soprattutto ottiche, provenienti dall’Occidente, la sua maestria nell’uso degli sfumati e nella rappresentazione degli agenti atmosferici. Dalle opere esposte è evidente il grande amore di Hiroshige per la natura, tanto da renderla protagonista di tutta la sua produzione; la presenza umana c’è ma è ridotta rispetto al respiro delle scene rappresentate.
Il percorso ha inizio con l’esposizione delle prime opere che Hiroshige realizza nella bottega del maestro Toyohiro. Queste evidenziano il talento dell’artista nell'affrontare i temi legati alla tradizione storica e teatrale con l’uso della xilografia policroma; oltre alle opere destinate al grande mercato (come i due trittici legati al teatro Kyogen e all’eroe Minariato Yoshimitsu), troviamo xilografie di fattura più raffinata, destinate a un pubblico ristretto: i surimono, piccoli biglietti augurali da usare come invito per occasioni mondane
​Nella seconda sala è esposta una delle serie più famose dell'artista: 53 stazioni di posta del Tōkaidō. Questa serie portò al successo il paesaggio urbano: i luoghi erano rappresentati in modo veritiero e diventarono mete turistiche per i viandanti e i pellegrini. Hiroshige trasse ispirazione dal viaggio che compì nel 1832: egli accompagnò la delegazione dello Shogun che ogni anno inviava i cavalli sacri in dono all’imperatore da Edo a Kyoto per celebrare la prima nomina a Shogun nel 1603. 
​Dalla produzione paesaggistica si passa, nella terza sala, a quella dedicata ai fiori, uccelli e pesci. Hiroshige rivoluziona il modo di trattare la raffigurazione degli animali, rendendolo un genere unico. Inoltre, vi integra versi poetici in armonia con le immagini.  Mentre per raffigurare i pesci utilizza il formato orizzontale, per le serie dedicate ai fiori e agli uccelli privilegia quello verticale, più adatto a composizioni asimmetriche.
​Nella quarta sala vengono esposte altre serie dedicate alle città di Kyoto, Kanazawa e Omi (l’attuale Shiga), oltre alla magnifica serie Neve, luna, fiori, tre trittici eseguiti nel 1857. Nell’opera dedicata alla neve,  nonostante l’imponenza della montagna che si estende lungo tutta la superficie, non si ha la sensazione di un paesaggio incombente. L’uomo è inserito nella natura senza esserne soffocato, in perfetta armonia con ciò che lo circonda. 
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Monti e fiumi lungo la strada di Kiso, dalla serie Luna, neve e fiori, 1857, Xilografia policroma
​Nel 1856 Hiroshige sperimenta una serie di 36 vedute del monte Fuji in formato verticale, facendo eco alla grande onda di Hokusai. Mentre la grande onda di quest’ultimo si rompe in pieno oceano, estendendosi per tutta la superficie pittorica, quella di Hiroshige si rompe sugli scogli della costa che si vede tutto intorno mentre il mare, sullo sfondo, appare tranquillo. A differenza di Hokusai, che nelle sue opere comunica un’alta drammaticità, in Hiroshige c’è il desiderio di mantenersi in armonia con la natura. 
​Salendo al secondo piano ci troviamo davanti alla quinta sala, contenente una produzione di xilografie a tema comico, basata sulla parodia di antichi eventi o di racconti classici. Questi lavori ci mostrano la versatilità del maestro e come si adattasse alle richieste degli editori.
Nella sesta sala vengono esposte le vedute della capitale Orientale, tra cui una selezione della serie Cento vedute dei luoghi celebri di Edo. La produzione ebbe molto successo tanto che le illustrazioni salirono a 118 e probabilmente avrebbe avuto seguito, se non fosse stato per l’improvvisa morte dell’artista, avvenuta nel 1858. Il formato verticale della serie esalta la novità compositiva di Hiroshige: egli realizza un’inquadratura ravvicinata di un elemento del paesaggio, (quasi un close up fotografico), rispetto allo sfondo di dimensioni molto più contenute, con effetto spiazzante. Sono immagini che influenzano molti artisti impressionisti e postimpressionisti, tra cui Vincent Van Gogh che realizzerà alcune copie della serie. 
Si giunge infine all’ultima sala dedicata ai dipinti su rotolo. Sembra quasi di entrare in un mondo ovattato, dove prevale una visione eterea di paesaggio, una natura incontaminata in cui l’uomo è solo una piccola e silenziosa presenza.
​
Hiroshige. Visioni dal Giappone vi aspetta negli spazi delle scuderie del Quirinale fino al 29 luglio.
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Immagini tratte da:
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https://www.scuderiequirinale.it/mostra/hiroshige-visioni-dal-giappone-roma
https://www.ngv.vic.gov.au/explore/collection/work/22076/
https://www.vangoghmuseum.nl
Foto dell’autore

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12/6/2018

Il busto di Nefertiti

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di Andrea Samueli
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Il busto di Nefertiti (“La bella donna è arrivata”) è uno dei reperti risalenti all’antico Egitto più conosciuti al mondo. Fu rinvenuto il 6 dicembre 1912 dall’archeologo tedesco Ludwig Borchardt nel sito di Akhetaton, odierna Amarna, la nuova capitale fatta costruire dal faraone Akhenaton.
Il gruppo stava infatti scavando nella bottega dello scultore Thutmose, attribuita a lui sulla base di un oggetto in avorio con inciso il suo nome: in una delle stanzette vennero alla luce oltre venti stampi in gesso incompleti o appena abbozzati, teste in pietra completate e altre ancora da terminare.

Tra i reperti rinvenuti vi era anche il bellissimo busto della regina Nefertiti: in questo caso il nome non è presente ma è stato possibile attribuirlo a lei in base ai confronti con altre raffigurazioni della regina. Grande sposa reale (moglie principale) del faraone Akhenaton, sull’origine di Nefertiti gli studiosi sono discordi: taluni la identificano come la figlia del gran consigliere Ay, successore del futuro faraone Tutankhamon, altri la ritengono una principessa straniera giunta in Egitto per sposare il vecchio sovrano Amenofi III.
Il busto, al momento della scoperta, era in ottimo stato di conservazione, tanto da far pensare ad un falso (teoria poi confutata), presentando danni solo alle orecchie e alla corona. L’opera è realizzata in pietra calcarea rivestita da stucco dipinto con colori vivaci; l’occhio destro è realizzato con pietra calcarea con inclusi di cristallo di rocca per la pupilla e iride finemente lavorata al fine di dare espressività al volto. È invece mancante l’occhio sinistro, per la mancanza del quale sono state proposte varie teorie, dall’utilizzo del busto come modello alla perdita del manufatto nel corso degli scavi.
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Il volto, perfettamente simmetrico, appare truccato secondo la moda del periodo. Le donne egizie, così come gli uomini, applicavano intorno agli occhi una linea di kajal (detto anche kohl), un composto a base minerale mescolato con grasso animale; l’ocra, mescolata con oli e grassi, fungeva da rossetto, mentre in polvere era impiegata come fard.
Il busto della regina è completato poi da una sontuosa corona, con fascia dorata all’altezza della fronte e diadema centrale che gira intorno al copricapo.
Il reperto venne preso, come da accordi del periodo con le autorità egiziane, dal finanziatore degli scavi, James Simon il quale lo donò nel 1920 allo stato prussiano e fu esposto per la prima volta al pubblico nel 1924. L’Egitto, venuto a conoscenza del valore del busto, ne ha richiesto più volte inutilmente la restituzione. È oggi conservato al Neues Museum di Berlino.
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Immagini tratte da:
- scoperta del busto, da Le grandi scoperte dell'archeologia, di Rose - Muller - Ferrero, Vercelli, Edizioni White Star, 2010
- studio di Nefertiti, da Wikipedia Italia, Di Keith Schengili-Roberts - Own Work (photo), CC BY-SA 2.5, voce "Thutmose (scultore)"
- busto di Nefertiti incompleto, da www.ancient.eu, voce "Nefertiti"
- busto di Nefertiti, da Wikipedia Italia, Di Philip Pikart - Opera propria, CC BY-SA 3.0, voce "Busto di Nefertiti"
- occhio, da Pinterest
- busto, da Pinterest

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12/6/2018

Comunicato Stampa- “Autarchia”: al via la personale di Aron Demetz – dal 7 giugno al 29 luglio 2018

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​Museo Archeologico Nazionale di Napoli
 
Aron Demetz, nato a Vipiteno nel 1972, è uno scultore d’avanguardia la cui ricerca è focalizzata sulla figura umana, considerata veicolo di ideali classici come la purezza formale da cui traspare il contenuto etico dell’arte. Da oltre vent’anni, la sua produzione artistica fa da ponte tra antico e contemporaneo.
Demetz sarà ospite al MANN con l’esposizione “Autarchia”, a cura di Alessandro Romanini e in programma dal 7 giugno (vernissage ore 12) al 29 luglio 2018: la mostra presenterà al pubblico una successione suggestiva di sculture di varie dimensioni e materiali, realizzate espressamente per gli spazi museali.
Le opere sono ispirate alle collezioni Farnese ed Egizia e seguono impostazioni dinamiche e posturali che interagiscono con l’archetipo classico, inserendosi senza traumi nel magico scenario del MANN.
“Autarchia”, così, sta ad indicare una sorta di codice di autoregolamentazione nel processo di realizzazione personale che vede coinvolti i due soggetti della creazione artistica: l’autore e il materiale che egli plasma.
L’artista, secondo Demetz, deve porsi in un atteggiamento di ascolto del materiale da forgiare, cogliendone l’interazione perenne con l’input creativo: egli, infatti, manipola la materia in base alle sue caratteristiche organolettiche, interagendo con essa in un dialogo sempre originale e imprevedibile.
“Il MANN è un istituto culturale che osserva, con curiosità, le tendenze più all’avanguardia dell’arte contemporanea: programmare la mostra di Demetz al Museo ha significato incontrare uno dei profili più interessanti del panorama internazionale”, afferma il Direttore Paolo Giulierini.
Gli fa eco Aron Demetz: “Esporre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli è stato come accettare una sfida, perché le sculture potevano risultare ridimensionate rispetto alle straordinarie collezioni del MANN: al contrario, il legame tra passato e presente ha svelato una continuità leggibile tra le sensibilità di ieri e di oggi”.
La mostra, che sarà “disseminata” in diversi spazi del Museo (tra questi, l’atrio, i giardini, le sale retrostanti all’Ercole Farnese, la Meridiana), è stata realizzata con il supporto e il patrocinio delle Regioni Toscana e Trentino Alto Adige.

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5/6/2018

Parco Mediceo di Pratolino: “il giardino delle meraviglie”

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di ​Ilaria Ceragioli
Non molto distante da Firenze è tuttora visitabile uno dei parchi più grandi e più affascinanti di tutta la Toscana: il Parco Mediceo di Pratolino.
La magnificenza artistica e ambientale del parco è consolidata a livello mondiale tanto da vantare una prestigiosa posizione nell’elenco dei siti attualmente riconosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO.
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In un contesto simile, anche la stessa storia del parco merita di essere raccontata.
Nel 1568 Francesco I de’ Medici acquistò la tenuta di Pratolino e vi fece erigere una maestosa villa (poi terribilmente distrutta) immersa nel verde, con suggestive grotte artificiali e giochi d’acqua. Affidò l’incarico al celebre architetto Bernardo Buontalenti, il quale riuscì sapientemente a coniugare tra loro arte, scienza e natura.
I lavori si protrassero sino al 1581 e al tempo erano presenti opere di illustri artisti quali Cellini, Giambologna, Bandinelli e Ammannati, tant’è che i contemporanei non ebbero alcuna esitazione nel definirlo “il giardino delle meraviglie”.
Durante il Settecento il parco fu soggetto a un lungo periodo di abbandono che, fortunatamente, si concluse nel 1872 quando l’intera proprietà fu acquistata dal principe russo Pavel Demidoff, il quale trasformò la Paggeria medicea in una villa, oggi nota come Villa Demidoff.
Col trascorrere dei secoli non tutto andò perduto; tuttora, infatti, si conservano la Cappella, la Peschiera della Maschera, la Grande Voliera, il Gigante dell’Appennino, la Grotta del Mugnone, la Grotta di Cupido, la Fontana di Giove e le Scuderie.
Attualmente, la notorietà del parco è legata soprattutto a un gruppo scultoreo, quello del Colosso dell’Appennino.
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​L’opera realizzata dal celeberrimo Giambologna immortala un imponente e pensoso gigante in muratura. Questo strabiliante capolavoro del manierismo affascina il visitatore non solo per il suo aspetto, ma anche per la sua particolare struttura; al suo interno, infatti, ospitava grotte con ricche decorazioni, affreschi, giochi d’acqua e probabilmente anche un camino posizionato nel capo il cui fumo sarebbe a sua volta fuoriuscito dalle narici creando un effetto di notevole impatto emotivo.
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​Tuttavia, la visita del parco prosegue con altre ammirevoli attrazioni, come la già menzionata Peschiera della Maschera.
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​Si tratta di una piscina adoperata per bagni caldi in cui dimora tutt’oggi una strana creatura marina, un tempo immersa nell’acqua fin sopra le ginocchia.
Interessanti, inoltre, sono le svariate grotte artificiali, tra cui la Grotta di Cupido e la Grotta del Mugnone.
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​L’unico edificio che non ha subito profonde trasformazioni col trascorrere dei secoli è senza dubbio la Cappella edificata da Buontalenti nel 1580. La costruzione è a pianta esagonale e sul retro ospita il sepolcro dell’ultima principessa Demidoff.
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​Nonostante molte meraviglie siano andate perdute, il Parco Mediceo di Pratolino conquista l’animo dei visitatori che, inaspettatamente, vengono avvolti da un’atmosfera quasi fiabesca e spettacolare.
Forte, dunque, è l’invito a scoprire questa oasi di estrema bellezza, gratuitamente aperto al pubblico dal venerdì alla domenica.
 
Per ulteriori informazioni consultare il sito: www.cittametropolitana.fi.it
 
Immagini tratte da:
www.tripadvisor.it
www.cittametropolitana.fi.it
www.flickr.it
www.mcarte.altervista.org
www.greenme.it
www.geomaticaeconservazione.it
www.alibionline.it
www.commons.wikimedia.org
www.commons.wikimedia.org

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