INAUGURAZIONE sabato 4 agosto 2018, ore 18:00 DURATA dal 04 agosto al 19 agosto 2018 INTERVENTI SCIENTIFICI Veronica Bindi astrofisica giovedì 9 agosto ore 21 Alessandra Villari archeologa sabato 11 agosto ore21 Andrea Argan ingegnere INAF domenica 12 agosto ore 21 Daniele Bedini space designer sabato 18 agosto ore 21 Petricci (Gr) Lo Spazio, il mistero che ha affascinato l’uomo dalla notte dei tempi, in mostra a Petricci, piccolo borgo a pochi km da Saturnia (Gr), dove è in corso dal 4 al 19 agosto una mostra d’arte internazionale, patrocinata dal Comune di Semproniano e in collaborazione con le Associazioni “Il Campanile” di Petricci e “Ippogrifo” di Semproniano, dedicata in particolare allo Spazio e alle sue misteriose interazioni con l’Arte. L’arcana origine dell’Universo e della vita, il fascino della materia e dell’antimateria, il desiderio umano di esplorazione e il progresso, tutto questo rappresentato nelle opere dei poliedrici artisti e scienziati che si sono avventurati in questa missione. Agli interventi di divulgazione scientifica dell’astrofisica Veronica Bindi e dell’ingegner Andrea Argan, si affiancano le opere intessute di fili di Walter Bolpagni, le pitture di Michela Buttignon, Oscar Corsetti, Augustinas Maicena, Brigitte Schneider, Riccardo Uberti e Michael Volke, gli acquerelli di Luisa Passalacqua, le esperienze dello space designer Oscar Bedini, le sculture di Riccardo Polveroni, le fotografie di Rolf von der Heydt, la narrazione dell’archeologa Alessandra Villari, l’indagine tra arte e scienza di Cristiana Lovari, ma anche i lavori in argilla degli allievi della scuola secondaria di I° di Roccalbegna, polvere di stelle che contribuisce a costruire un raffinato mosaico che illustra conoscenza e Natura. Come per la scienza, infatti, l’arte, mediante l'interazione fra conoscenze e competenze diverse, contribuisce a rendere più intellegibile la realtà che ci circonda, il nostro SPAZIO. Pittura, installazioni scientifiche, fotografia, scultura, celluloide. Un evento che, attraverso ognuna delle tecniche in mostra, contribuisce ad esplorare l’anelito di infinito che ha sempre caratterizzato l’uomo, la maestà del cosmo che si tramuta in visioni solo apparentemente oniriche. Ingresso libero Via Roma 134, Petricci - Semproniano (Gr) Orari apertura: tutti i giorni ore 16,30 -19,30 recapito per info: mi.butti@gmail.com - cell. 335 6157362
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di Cristiana Lovari “…la quale opera è stata veramente lucerna che ha fatto tanto giovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo per tante centinaia d’anni in tenebre stato.” Giorgio Vasari Tappa quasi obbligata di qualsiasi soggiorno romano è una visita, anche se nella maggior parte dei casi breve e fugace, alla Cappella Sistina. Vedere per la prima volta questo capolavoro è emozionante, frastornante, un’esperienza che ti avvolge completamente perché, una volta dentro, ovunque intorno a noi c’è qualcosa da vedere e da catturare con gli occhi, iniziando dalle pareti laterali affrescate dai grandi della storia dell’arte come Perugino e Botticelli, la volta, mirabile capolavoro sia nella forma che nel contenuto, e, non ultima, la parete di fondo con il Giudizio Universale michelangiolesco. Assistendo allo spettacolo Giudizio Universale. Michelangelo and The Secrets of the Sistine Chapel, ospite all’Auditorium di via della Conciliazione a Roma dal 16 marzo 2018, si ha la sensazione di venire immersi e avvolti nell’arte. Questo show, assolutamente nuovo nella forma, fonde in sé una molteplicità di esperienze artistiche, il teatro, la danza e la musica che, insieme alle tecnologie più avanzate, creano qualcosa di nuovo e inedito. Il progetto è firmato da Marco Balich, ideatore e curatore di grandi eventi (tra cui la cerimonia di apertura e chiusura delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e quella di apertura di Rio 2016) e già direttore artistico del Padiglione Italia/Expo 2015, ed è realizzato con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani. Lo show è un viaggio attraverso la genesi dell’opera, un’esperienza che ci avvolge per circa un’ora in un’atmosfera sospesa nel tempo, piena di suggestioni. Lo spettatore si ritroverà circondato dall’arte e dalla pittura: le nuove tecnologie, come il video-mapping, permettono la ricostruzione sia della volta della Sistina che delle pareti laterali, con una serie di immagini che prendono vita e che ci guidano attraverso la genesi dell’opera, il tutto unito dalla voce di Sting che canta il Dies Irae e da una performance teatrale che è un insieme fluido di recitazione e danza. La Cappella Sistina prende vita intorno a noi e diventa lentamente quella che possiamo ammirare ora; la ricostruzione virtuale permette allo spettatore di osservare e assistere a visioni inedite dell’opera. Infatti, la Sistina ci viene mostrata anche senza il Giudizio Universale, quando Papa Paolo III chiamò Michelangelo per finire l’opera, svelandoci così un volto a noi sconosciuto di questa famosissima stanza. Allo stesso modo, si potrà assistere a un’emozionante e raccolta processione di cardinali che si avviano al conclave per l’elezione del nuovo Pontefice e anche noi spettatori è come se camminassimo e andassimo con loro nelle stanze più “segrete” del Vaticano. Naturalmente grande protagonista dello spettacolo è Michelangelo, a cui presta la voce Pierfrancesco Favino, così umano e tormentato ma allo stesso tempo visionario e geniale. La storia umana e artistica del Buonarroti è ripercorsa non in ordine strettamente cronologico ma attraverso le sue opere, dalla “nascita” del David dal suo blocco di marmo fino al Giudizio Universale, opera che attesta la piena maturità dell’artista. Potremmo dire molte altre cose su questo spettacolo, ma, oltre all’allestimento innovativo e suggestivo, il suo più grande merito è quello di aver dedicato uno spettacolo all’arte! Immagini tratte da: https://www.culturamente.it http://www.romacomunica.it Potrebbe interessarti anche: Comunicato stampa “L’immagine invisibile. La tomba del Tuffatore” Sin dalla sua scoperta, nel 1968, la tomba del Tuffatore sta al centro di un dibattito scientifico molto controverso e acceso. L’interpretazione dell’immagine del giovane che si tuffa nell’acqua rimane un rompicapo che fa discutere anche gli esperti del settore: è semplicemente una visione edonistica della vita e della morte? O qualcosa di più, forse un messaggio misterico, ispirato a culti iniziatici legati ad Orfeo e Dioniso? E le difficoltà nella lettura dell’immagine del Tuffatore si spiegano forse con il fatto che essa era “invisibile”, in quanto collocata all’interno di una tomba buia, chiusa per l’eternità? Insomma, possiamo pretendere di leggere e comprendere un’immagine che non era fatta per essere guardata?
La mostra a Paestum non pretende di risolvere tutte queste questioni. Per questo, non è una mostra tradizionale che vuole dare risposte, ma piuttosto una “anti-mostra” che vuole porre delle domande, mettendo i visitatori nella condizione di partecipare al dibattito e di coglierne i motivi. Il percorso segue le scoperte archeologiche che sin dal Settecento hanno segnato la ricerca sui culti misterici antichi, con tanto di fraintendimenti e impostazioni ideologiche. Lo fa mettendo in mostra alcune delle scoperte più clamorose sul tema in Magna Grecia, come le laminette d’oro con testi “orfici” da Thurii e Vibo Valentia, la tomba delle danzatrici da Ruvo, conservata presso il Museo Archeologico di Napoli, o i vasi funebri con raffigurazioni di Orfeo da Matera, Paestum e Napoli. Ma lo fa anche esplorando il contesto storico-culturale in cui queste scoperte sono avvenute. Dalle visioni edonistiche settecentesche del mondo di Bacco si passa alle danzatrici caste e al tempo stesso sensuali di Canova per arrivare alle visioni novecentesche, altamente ambigue, di Corrado Cagli e De Chirico, sulla base di un percorso parallelo a quello archeologico, con opere selezionate dallo storico dell’arte Luigi Gallo. Solo attraverso questo racconto del “contemporaneo” – così l’ipotesi di fondo dei curatori – si riesce a comprendere pienamente le motivazioni di una controversia che, forse, più degli antichi, riguarda noi oggi. E che ha fatto sì che, nel momento della scoperta, la tomba del Tuffatore, abbia suscitato non solo una controversia scientifica molto accesa, ma abbia anche ispirato, più che ogni altra immagine antica, scrittori e artisti contemporanei, come l’artista napoletano Carlo Alfano la cui opera “Il Tuffatore”, allestita (nel 1972) vis-à-vis con la Tomba del Tuffatore nel Museo di Paestum, sarà rivalorizzata in occasione della mostra, quale espressione esemplare del rapporto tra presente e passato. Date 3 GIUGNO – 7 OTTOBRE 2018 Orari Dalle 8:30 alle 19:30 (emissione ultimo biglietto d’ingresso ore 18:50) 1° e 3° lunedì del mese dalle 8:30 alle 13:40 (emissione ultimo biglietto d’ingresso ore 13:00); la chiusura nei due pomeriggi riguarda solo il Museo, l’area archeologica rispetta gli orari ordinari chiudendo alle 19:30 il biglietto comprende l’ingresso alla mostra, al museo e all’area archeologica: Prezzo: € 9,50; Ridotto: € 4,75 Gratuito per chi ha meno di 18 anni. L’ingresso alla mostra è incluso nell’abbonamento PaestumMia Maggiori info qui Dal 22 giugno al 23 settembre - Gallerie degli Uffizi e Museo Nazionale del Bargello. “Islam e Firenze. Arte e collezionismo dai Medici al Novecento” è il titolo della grande mostra che rappresenta un’occasione unica per scoprire conoscenze, scambi, dialoghi e influenze tra le arti di Occidente e Oriente.
Si tratta di una sontuosa rassegna di arte islamica, curata da Giovanni Curatola e organizzata dagli Uffizi e dal Museo Nazionale del Bargello, con importanti prestiti internazionali e anche opere significative da altri istituti del territorio fiorentino (Museo Stibbert, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Museo Bardini e la Villa medicea di Cerreto Guidi). Un comitato scientifico internazionale ha lavorato intensamente alla selezione delle opere e al catalogo della mostra, con saggi ricchi di indagini scientifiche e storiche che mettono in chiaro il ruolo importantissimo di Firenze negli scambi interreligiosi e interculturali tra il Quattrocento e il primo Novecento. La mostra si articola in due sedi espositive: al Bargello viene illustrato un periodo fondamentale di ricerca, collezionismo e allestimenti museali di fine Ottocento e inizio Novecento, con opere dalle donazione di Louis Carrand e Giulio Franchetti e dalle collezioni di Frederick Stibbert e Stefano Bardini. In quegli anni Firenze era infatti frequentata da importanti collezionisti, italiani e stranieri, direttori di musei, curatori, tutti conoscitori ed estimatori di arte islamica. Anche al fine di ampliare le possibilità di visita a questa sezione della mostra il Museo Nazionale del Bargello ha programmato, per i prossimi giorni, due aperture serali straordinarie: il 25 giugno e il 9 luglio il Museo sarà visitabile dalla mattina fino alle 20.00 di sera. Agli Uffizi, l'altra sede espositiva, sono raccolte le testimonianze artistiche dei contatti fra Oriente e Occidente: le suggestioni e i ritratti di sultani, esemplari preziosi della lavorazione dei metalli, ricercatissimi già dai tempi di Lorenzo il Magnifico, le ceramiche orientali, o quelle ispano-moresche con stemmi nobiliari fiorentini. Stoffe e grandi tappeti provenienti dall’Egitto mamelucco di fine Quattrocento o degli inizi del Cinquecento, entrati molto presto nelle collezioni mediceo-granducali, i vetri, i metalli che hanno influenzato la coeva produzione italiana, e non ultimi gli splendidi manoscritti orientali provenienti dalla Biblioteca Nazionale e della Biblioteca Medicea Laurenziana. Un percorso spettacolare, vario e affascinante attraverso secoli di scambi e contaminazioni culturali In occasione di questo evento, infine, e per tutta la durata della mostra Uffizi e Bargello offrono la possibilità di acquistare un biglietto combinato per € 29, ridotto €14.50, valido tre giorni che consentirà di visitare gli Uffizi, il Bargello la mostra Firenze e l’Islam. Arte e collezionismo dai Medici al Novecento, e con accesso anche al Museo archeologico di Firenze. di Olga Caetani Quattro grandi schermi introducono lo spettatore alla mostra Dawn of a Nation. Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano (Firenze, Palazzo Strozzi, fino al 22 luglio 2018), giusto per citare alcuni capisaldi cronologici e stilistici, all’interno dell’ampio ventaglio di artisti e di opere estremamente significative, che hanno segnato la storia dell’arte italiana del secondo dopoguerra e non solo. Le immagini proiettate riassumono il periodo che dalle ceneri dell’ultimo conflitto mondiale conduce al Sessantotto, del quale quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario. Il referendum istituzionale, la riforma agraria, il boom economico e le sue conquiste tecnologiche alla portata di tutti, la televisione, l’intramontabile bellezza di Mina con la sua voce possente, lo sguardo malinconico di Pasolini, celato dai suoi iconici occhiali da sole, la corsa allo spazio e la politica estera sono tutte immagini segnanti un’epoca, che sembra emanare il luccichio dell’oro. I primi anni Cinquanta appaiono come un nuovo Risorgimento, un’alba dopo la lunga notte del Fascismo e della guerra, testimoniato dalla grande tela di Renato Guttuso celebrante La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-1955). Il rigore figurativo e la drammaticità neorealista dell’opera, tanto cara all’ideologia del Partito Comunista Italiano, sono immediatamente posti in forte contrasto con il Comizio di Giulio Turcato (1950), sulla parete retrostante, assunto a baluardo dell’astrattismo italiano, capace anch’esso di esprimere le problematiche storiche, politiche e sociali del Paese, sebbene con un linguaggio assai più libero e innovativo. In quest’ottica appare la lettura del décollage di Mimmo Rotella, raffigurante i frammenti de L’ultimo re dei re (1961). La sala successiva costituisce un “primo inciampo” per l’arte italiana, come ci suggerisce il curatore Luca Massimo Barbero, la quale, nell’ambito dell’Informale, compie una profonda riflessione sulla materia. Al fianco dei Sacchi di Alberto Burri, dominano le tinte scure e corpose dell’immenso Scontro di Situazioni ’59-II-1 di Emilio Vedova e della terracotta Al limite della notte II (1960) di Leoncillo Leonardi, illuminate soltanto dal riverbero della lastra di rame, lacerata verticalmente dalla forza di Lucio Fontana (Concetto Spaziale, New York,10, 1962), a ricordare i grattacieli della metropoli statunitense. Dall’oscurità del “limite della notte”, si passa al candore quasi accecante della sala dedicata ai monocromi, una sorta di “giardino incantato”, dominato dall’albero in ferro dipinto di Pietro Consagra (Ferro trasparente bianco II, 1966). Siamo forse giunti al momento più spettacolare, dal punto di vista scenografico e allestitivo, della mostra. Si sperimentano i nuovi materiali sintetici messi a punto dall’industria chimica, come la plastica o il vinavil, accolti come scoperte eccezionali, ignorando le conseguenze ambientali che un loro smodato uso avrebbe provocato in futuro, ma anche semplici bende, tele cucite, perfino il cibo messo quotidianamente sulla tavola. Piero Manzoni, con la sua fenomenale irriverenza e genialità al contempo, è assoluto protagonista in tal senso, con la serie degli Achromes (dal 1957), fino alle estreme provocazioni costituite dalle uova firmate dall’impronta del suo dito e dalla Merda d’artista, 1961. Jannis Kounellis, Pino Pascali e Michelangelo Pistoletto conducono poi, progressivamente, a una definizione concettuale della realtà, privata di orpelli descrittivi. Di grande interesse risulta il focus sulla pittura “lenticolare” di Domenico Gnoli, unico esempio di ritorno al figurativo in questo periodo, ma da un punto di vista del tutto personale, quasi straniante e metafisico, ispirato anche dai cambiamenti sociali e di costume. L’abito comincia a “fare il monaco e la monaca”, in un’Italia nella quale il proprio status sociale conta sempre di più. Dal politicamente scorretto di Manzoni e delle prime opere di arte concettuale, la mostra si fa politicamente impegnata, con Franco Angeli, Mario Schifano e Tano Festa, fra i più importanti rappresentanti della Pop Art italiana. Si raffigurano i simboli delle ideologie politiche contemporanee e del recente passato, ma anche fatti di cronaca, in un’ottica di contestazione e protesta, come vuole esprimere, quasi urlando, il gigantesco No (1962), di Schifano. Ecco allora la visione cartografica della Penisola, appesa con una fune al contrario, a ricordare la pagina nera degli eventi di Piazzale Loreto, realizzata nel caldo 1968 da Luciano Fabro. L’identità nazionale italiana sembra aver raggiunto una propria definizione ed è pronta, attraverso l’Arte povera di Alighiero Boetti, a parlare un linguaggio internazionale, giovane e rivoluzionario, o almeno desidera ardentemente uno sviluppo in questa direzione, e ben lo suggerisce Gino De Dominicis, con la processualità del suo Tentativo di volo (video di azioni di vari artisti, raccolte da Gerry Schum in Identifications, 1970): un librarsi tutt’oggi non ancora compiuto. Per informazioni sulla mostra: www.palazzostrozzi.org/mostre/nascita-di-una-nazione Immagini tratte da: www.palazzostrozzi.org Galleria di foto dell’autore Potrebbero interessarti anche: di Giovanna Leonetti Palazzo Reale ospiterà fino al 2 settembre la mostra Impressionismo e Avanguardie: Capolavori dal Philadelphia Museum of Art. L’esposizione, curata da Stefano Zuffi, è composta da cinquanta opere e si avvale del vasto patrimonio del Philadelphia Museum of Art, struttura che raccoglie, espone e promuove una serie di collezioni private che nel corso degli anni sono entrate a far parte della collezione permanente del museo, diventando un patrimonio pubblico. Il percorso esposto ci permette di seguire le tappe di queste acquisizioni, che si concentrano soprattutto sulle opere prodotte a Parigi dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento. La visita ha inizio con la Collezione Cassatt. I fratelli Mary e Alexander sono coloro che hanno contribuito maggiormente alla diffusione degli impressionisti in America. Mary è una pittrice che, una volta terminata l’Accademia di Belle Arti di Philadelphia, decide di trasferirsi a Parigi dove partecipa alle mostre collettive degli Impressionisti. La donna è molto apprezzata da Edgar Degas ed è proprio un’opera di quest’ultimo a dare inizio alla grande collezione dei fratelli, raccolta che vanta anche opere di Monet, Pizarro e Manet. Infatti, nel 1937 Mary acquista per il fratello Alexander, ingegnere ferroviario, La Classe di Danza, opera che Degas rielabora svariate volte, come hanno evidenziato le radiografie fatte sulla tela. In origine, la donna seduta in primo piano era sostituita da una ballerina intenta ad allacciarsi una scarpa. La mostra prosegue con l’esposizione di molti paesaggi che ci mostrano il lavoro degli impressionisti en plein air. Parchi e boschi lungo la Senna e nei dintorni parigini sono i primi soggetti rappresentati da Monet, Pizarro, Renoir e Sisley, considerati i pionieri di questa nuova pittura artistica che si basa sull’immediatezza della pennellata e sulla resa dei colori di fronte al continuo cambiamento dell’ambiente circostante. Tra le opere esposte la tela con il Ponte Giapponese di Claude Monet, realizzata nel giardino dell’artista a Giverny. Monet dedicò più di trecento tele al suo giardino acquatico del quale andava molto fiero, tanto da considerarlo il suo più bel capolavoro. Lo stile dell’Impressionismo lascia il posto ad altre ricerche pittoriche: molti pittori lasciano Parigi per cercare esperienze sempre nuove e differenti. Tra questi ricordiamo Vincent Van Gogh che si trasferisce ad Arles nel 1888. Due dei dipinti esposti in questa sezione hanno una forte valenza biografica poiché raffigurano alcuni membri della famiglia Roulin con cui l’artista legherà molto. “Ho fatto i ritratti di un’intera famiglia, quella del postino di cui avevo già disegnato la testa- l’uomo, sua moglie, il bambino, il ragazzino e il figlio di sedici anni, tutti caratteristici e molto francesi, benché sembrino russi”, queste parole, scritte dall’artista al fratello Theo nel dicembre 1888, testimoniano il profondo legame tra Van Gogh e i Roulin. Eccoci giunti alla sala dedicata alla collezione di Samuel S. White III. Figlio di venditori di prodotti di odontoiatria, Samuel studia in Europa e diventa uno dei pionieri del culturismo. Nel 1901, durante un soggiorno a Parigi, viene scelto da Rodin come modello per una scultura che idealmente guarda al Pensatore. Il gusto di White si apre alle tendenze delle avanguardie, come il cubismo di Braque e gli sviluppi del postimpressionismo. La sala successiva espone opere di artisti appartenenti all’École de Paris. Si riconoscono in questo gruppo artisti francesi e non che lavorano a Parigi nei primi tre decenni del Novecento; artisti con stili e orizzonti diversi, ma accomunati dalla ricerca di una novità espressiva, che li porta a superare la rappresentazione del reale. Tra le opere esposte troviamo Nella notte, di Marc Chagall, un quadro suggestivo in cui l’artista si raffigura insieme alla moglie mentre si abbracciano. Il quadro è dedicato alla loro prima notte di nozze e fu realizzato durante la seconda guerra mondiale, quando Chagall scappa dalla Russia e si trasferisce a New York. Nella “grande mela” incontra l’avvocato Louis Stern, amante dell’arte, anche egli di origine russa, con il quale intrattiene un rapporto di amicizia profondo e duraturo. Proprio a Stern è dedicata la prossima sala; la sua collezione è una delle più intelligenti e particolari: Stern cerca di mettere a confronto le opere dei pittori attivi a Parigi agli inizi del ‘900 con opere di altre culture (africane, polinesiane…). Tra i pittori prediletti troviamo Matisse e i fauve in generale. Proseguendo eccoci giunti alla collezione dei coniugi Louise e Walter Arensberg. Nel 1913 i coniugi visitano l’esposizione dell’Armony Show di New York restando affascinati dall’arte moderna; inoltre diventano amici di Marcel Duchamp e grazie alla sua direzione iniziano a collezionare importanti opere dell’Avanguardia. Un’immagine iconica della loro collezione è Il Bacio, di Costantin Brancusi, una scultura essenziale ma piena di energia e sentimento dove le figure si abbracciano e si fondono in un’unica forma. Alla collezione Arensberg appartengono anche le tele dell’ultima sala dedicata al Surrealismo, un movimento letterario e artistico che cerca di andare oltre la banale e semplificata rappresentazione della realtà, trasfigurandola attraverso il linguaggio del sogno e dell’immaginazione. La mostra si chiude con un grande capolavoro di Picasso Donne e Bambine che, come dichiara la cantante Patty Smith ricordando una visita passata al Philadelphia Modern of Art, con la sua brutale franchezza toglie il fiato. Per info visitare il sito dedicato alla mostra: http://www.impressionismoeavanguardie.it/ Immagini tratte da: http://www.impressionismoeavanguardie.it/ foto dell’autore Potrebbe interessarti anche: di Andrea Samueli Abbiamo visto in un precedente articolo la grandiosa piramide di Cheope. Ma come si è giunti alla costruzione di questa tipologia tombale? Le prime tombe realizzate nell’antico Egitto prendono il nome di “mastabe”. La mastaba si compone di due parti: una costruita in superficie, a forma di tronco di piramide, realizzata in mattoni di fango e dedicata ai sacerdoti e ai parenti; una seconda parte, sotterranea, costituita da un lungo pozzo ed una camera per ospitare il defunto all’interno del sarcofago. Nella camera e negli eventuali magazzini aggiuntivi sotterranei erano riposti vasi, effetti personali e suppellettili varie che avrebbero aiutato il defunto nella vita ultraterrena. Bisogna aspettare il faraone Djoser (2630 - 2611 a.C.) per avere il primo edificio in pietra della storia: il suo architetto Imothep partì con l’idea di costruire la più grande mastaba mai realizzata. Venne così innalzata, nella piana di Saqqara, una struttura con al di sotto un pozzo lungo 28 metri e largo 7, da cui dipartivano una serie di cunicoli per un’estensione di oltre 6 chilometri. Imothep fece poi aggiungere, alla mastaba iniziale, altre tre mastabe e, risultando la costruzione abbastanza solida, ampliò i quattro gradoni aggiungendo altri due livelli. In tal modo, la tomba di Djoser raggiunse un’altezza di circa 60 metri. Alla tomba lavorarono con ogni probabilità per circa vent’anni più di 10000 uomini, organizzati in squadre di venti uomini ciascuna. Sarà però con un successore di Djoser, il faraone Snefru (2575 - 2551 a.C.), che il processo di costruzione che porterà alla piramide di Cheope giungerà a compimento. Snefru cercò infatti di emulare le imprese del suo predecessore, puntando a lasciare ai posteri un segno tangibile della propria potenza. Nel corso del suo regno realizzò ben tre tombe: la prima, a Meidum, era in origine una mastaba sormontata da una piramide a sette gradoni; i lati vennero poi ampliati con strati in calcare inclinati a 75° e fu aggiunto un ulteriore livello. Il tutto fu pareggiato con calcare fine e ricoperto con lastre di calcare bianco. Ma, giunti al termine dei lavori, il rivestimento esterno scivolò verso la base. Snefru ordinò quindi la costruzione di una seconda piramide, a Dahshur: anche in questo caso i lavori non andarono a buon fine. La prima parte della piramide venne innalzata con un’inclinazione di circa 54° ma, giunti a metà, a causa del rischio di collasso della struttura sotto il suo stesso peso, l’architetto fu costretto a modificare la pendenza delle pareti, riducendola a 43°. Da qui l’aspetto e il nome di “Piramide romboidale”. La tomba presenta però la tecnica di rivestimento in calcare adottata poi negli esemplari successivi. Il terzo tentativo fu quello definitivo: a Dahshur la “Piramide Rossa”, così chiamata dal colore rosso del calcare impiegato, presenta una pendenza fin dalla base di 43° e fondamenta rinforzate con blocchi di pietra calcarea. Al termine dei lavori fu ricoperta di calcare bianco e raggiungeva un’altezza di 104 metri. Il figlio di Snefru, Cheope, grazie alle sperimentazioni precedenti, raggiungerà il punto più alto nella costruzione delle piramidi, il simbolo per eccellenza del potere degli antichi faraoni. Immagini tratte da:
- Mastaba, da Wikipedia inglese, By Mastaba.jpg: Unknown. Originally uploaded by Oesermaatra0069 at 2006-03-12.derivative work: Master Uegly (talk) - Mastaba.jpg, CC BY-SA 3.0, voce "Mastaba" - Piramide di Djoser, da Wikipedia inglese, By Own work, from Sharp Photography, sharpphotography, CC BY-SA 3.0, voce "Pyramid of Djoser" - Prima piramide di Snefru, da Wikipedia inglese, By Jon Bodsworth - http://www.egyptarchive.co.uk/html/meidum_02.html, Copyrighted free use, voce "Meidum" - Seconda piramide di Snefru, da Wikipedia inglese, By Ivrienen at English Wikipedia, CC BY 3.0, voce "Bent Pyramid" - Terza piramide di Snefru, da Wikipedia inglese, By Chipdawes - Own work, Public Domain, voce "Red Pyramid" di Marianna Carotenuto Il Pugilatore in riposo, conosciuto anche come Pugile delle Terme o Pugile del Quirinale, è uno dei più grandi capolavori della scultura bronzea di ogni tempo. La statua è stata rinvenuta nel marzo del 1885 alle pendici occidentali del Quirinale, nel luogo dell'ex convento di San Silvestro, tra il secondo e il terzo muro di fondazione di un edificio antico, alla profondità di 18 piedi. Dall'osservazione diretta dell'asportazione della terra in cui giaceva il capolavoro, l'archeologo Rodolfo Lanciani capì che la statua era stata nascosta in quel punto con la massima cura, collocata su un capitello di pietra in una cavità poi riempita con terra finemente setacciata, in modo da preservarne la superficie da eventuali danni. In preda all'emozione, Lanciani così descrisse il ritrovamento: «Sono stato presente nella mia lunga carriera a molte scoperte e ho inaspettatamente incontrato reali capolavori. Ma non ho mai provato un'impressione simile a quella creata dalla vista di questo magnifico esemplare di un atleta semi-barbaro, uscente lentamente dal terreno come si svegliasse da un lungo sonno dopo i suoi valorosi combattimenti». Non si sa con certezza la data della sua realizzazione, ma molti studiosi riconducono l’opera allo scultore e bronzista greco Lisippo. Il soggetto dell’opera è un pugile seduto, colto in un momento di riposo, probabilmente appena dopo un incontro, nell’atto di girare la testa verso destra, forse verso un interlocutore che gli stava dando direttive per proseguire il combattimento oppure verso un presagio. Il suo corpo è muscoloso; il viso, avvolto da barba e capelli riccioluti, dà l’idea di un uomo maturo, dati i segni del tempo e dei numerosi incontri passati. La statua presenta uno spiccato impatto realistico nella rappresentazione dei segni che rimarcano le lotte passate. Si notino le tumefazioni alle orecchie, un ematoma sotto l’occhio destro, le numerose ferite da cui cola sangue, le cui gocce sono state create con inserti in rame. In rame sono anche la bocca, i capezzoli e gli inserti sui caestus, grossi e complessi guantoni introdotti nella pratica pugilistica dal IV secolo a.C. Le quattro dita sono infilate in un pesante anello costituito da tre fasce di cuoio tenute insieme da borchie metalliche. Alcune estremità della statua si presentano leggermente più lucide, soprattutto i piedi. Ciò dimostra che la statua, posta in un luogo pubblico della Grecia, era molto apprezzata dai visitatori che ne accarezzavano addirittura le dita dei piedi, poiché i pugilatori venivano considerati dei portafortuna. Successivamente, la statua è stata trasferita a Roma e ha decorato il complesso delle Terme costantiniane, sul Colle del Quirinale. Così è entrata nella storia della cultura artistica romana, denominata il Pugile delle Terme o il Pugile del Quirinale. Dopo la scoperta è stata da subito esposta al Museo Nazionale Romano e restaurata. Il restauro condotto tra il 1984 e il 1987 ha permesso di riconoscere nell'opera aspetti tecnici riconducibili all’ambito classico. L'opera fu realizzata con la tecnica della fusione a cera persa e con il metodo indiretto. La scultura è un insieme di otto segmenti. Le labbra, le ferite e le cicatrici del volto sono state fuse separatamente in una lega più scura o in rame massiccio. Stessa cosa vale per le dita centrali dei piedi (come nei Bronzi di Riace) e per la calotta cranica che doveva permettere l'inserimento degli occhi policromi dall'interno. Immagini tratte da: greece.greekreporter.com altmarius.ning.com Potrebbe interessarti anche: |
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