di Antonio Monticolo Pochi giorni fa è stata effettuata una scoperta importantissima nelle acque del Mar Nero a pochi chilometri dalla costa bulgara. Un’equipe di archeologi anglo-bulgari, cooperando all’interno del “Black Sea Maritime Archeology Project” (Map), coordinati dal professore John Adams, hanno rinvenuto un relitto greco risalente a circa 2400 anni fa. Si tratta di una nave da commercio lunga più di venti metri, naufragata, molto probabilmente, mentre stava trasportando merci da o verso le colonie greche fondate sulla costa del Mar Nero secoli prima. É una scoperta sensazionale perché il relitto, adagiato sul fondo a duemila metri di profondità, è stato trovato intatto, questo perché l’acqua del Mar Nero essendo priva di ossigeno ha impedito ai batteri di proliferare e attaccare il legno dell’imbarcazione. Gli elementi della nave rimasti intatti sono l’albero maestro, i timoni, le panche per i rematori e anche parte del carico della stiva formato molto probabilmente da anfore e vasi, ma per la loro analisi ci vorrà un’ulteriore spedizione. Gli archeologi si sono serviti di due robot sottomarini (Rov: Remote operated vehicle) per scandagliare il fondo del mare; hanno ricostruito un’immagine tridimensionale della nave tramite la fotogrammetria (metodologia che permette di creare modelli tridimensionali partendo da fotografie digitali) e infine hanno prelevato un campione per eseguire la datazione al carbonio 14 che si effettua sui resti organici proprio come il legno. Gli archeologi sono ancora indecisi se portare o meno il relitto in superficie. L’ipotesi più probabile è che venga lasciato sul fondo perché il recupero potrebbe danneggiarlo. Sicuramente nei prossimi mesi si saprà qualcosa di più sull’imbarcazione e su ciò che trasportava. Immagini tratte da:
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di Ilaria Ceragioli La dolcezza di un abbraccio, la tenerezza di uno sguardo, il sorriso di un anziano; le opere del pittore modenese Gaetano Bellei immortalano tutto questo! Siamo nella metà dell’Ottocento e la formazione di Gaetano Bellei inizia presso l’Accademia di Belle Arti di Modena. Ben presto Bellei si allontana dalla sua città natale e si trasferisce a Roma per circa quattro anni. Qui, sotto la guida di Adeodato Malatesta, il pittore modenese frequenta varie accademie: l’Accademia di San Luca, quella di Francia e quella di Spagna. Nel 1883 soggiorna per un anno a Firenze, città in cui porta a termine il proprio pensionato artistico, ossia un premio istituito a sostegno dei giovani artisti italiani. Nel capoluogo toscano entra a contatto con collezionisti britannici che lo introducono al mercato della pittura di genere, nonché quella rappresentazione pittorica i cui temi e soggetti sono estrapolati dalla vita quotidiana. I soggetti prediletti della sua pittura sono anziani e bambini dei quali viene evidenziata la naturalezza dei loro gesti e delle loro espressioni. Il soggetto dell’opera "La Benvenuta" è, infatti, il legame che unisce due nipoti e la loro nonna. La scena immortalata è di elevata spontaneità, tanto da sembrare più uno scatto fotografico che un quadro. L’anziana donna, dal viso segnato dal tempo e dalla fatica del lavoro nei campi, sembra guardare, sorridendo, verso il pittore che la sta dipingendo, mentre le due bambine la abbracciano e cercano il suo sguardo, le sue attenzioni. Un’amorevole atmosfera dilaga anche nell’opera "I nonni". Le due figure anziane, sedute dinanzi a un tavolo, sorridono con estremo gusto mentre leggono un quotidiano. Hanno, per un attimo, abbandonato la loro attività, il loro passatempo; l’uomo ha smesso di gustarsi il vino alla sua destra, mentre la donna ha interrotto il lavoro a maglia. Questo capolavoro incarna, nella sua quotidianità e semplicità, un amore eterno e sincero. Tuttavia, il vissuto quotidiano emerge chiaramente in tutti i dipinti di Bellei; si pensi ai "Primi passi", in cui all’interno delle mura della propria abitazione, sopra un tavolo, un bambino compie i suoi primi passi dinanzi ai genitori, alla zia e alla nonna. L’intera famiglia assiste così, con evidente entusiasmo e festosità, alla crescita del più piccolo di casa. A catturare un ulteriore attimo fortemente usuale è la celebre opera "Durante la pioggia". Una pioggia improvvisa coglie due ragazze che, in mancanza di un ombrello, si stringono forte l’una all’altra e, come meglio possono, cercano di ripararsi con uno scialle rosso. La scena, dunque, raffigura un’esperienza comune nella vita di ciascun individuo. Gaetano Bellei fu così un vero e proprio maestro nella raffigurazione degli affetti, dei rapporti umani e degli stati d’animo che accompagnano l’esistenza umana. Un pittore e un uomo di grande sensibilità che seppe incantare il pubblico di fine Ottocento dando rilievo e valore all’umile quotidianità. Immagini tratte da: www.marcobertoli.com www.valutazionearte.it www.marcobertoli.com www.pinterest.it di Olga Caetani L’11 ottobre Palazzo Blu ha inaugurato la sua nuova grande mostra autunnale, rilanciando un’accattivante ma non facile sfida rivolta all’arte contemporanea. Nei primi dieci anni di attività della Fondazione Palazzo Blu, oltre un milione di visitatori ha avuto la possibilità di confrontarsi con i principali artisti del Novecento internazionale, fra i quali, solo per citarne alcuni, Chagall, Miró, Picasso, Kandinskij, Lautrec, Warhol, Escher… con un’attenzione particolare al Surrealismo. Il ciclo iniziato due anni fa con “Dalí e il sogno del classico” prosegue ora, grazie alla straordinaria collaborazione tra la Fondazione Palazzo Blu e il Centre National Georges Pompidou di Parigi, felicemente rinnovata dopo il successo della mostra “Modigliani et ses amis” del 2014/2015. Quest’anno, per la prima volta, come tiene a precisare Cosimo Bracci Torsi, presidente della Fondazione, il Palazzo non ospiterà un solo artista, ma un intero movimento d’avanguardia, quello del Surrealismo, appunto, osservato nel suo momento più prolifico, nonostante la devastante crisi economica, che, nello stesso periodo, da Wall Street investì anche l’Europa: “Da Magritte a Duchamp. 1929, il Grande Surrealismo dal Centre Pompidou”. Il curatore della mostra, Didier Ottinger, Directeur adjoint del Centre Georges Pompidou, fra i massimi studiosi al mondo del Surrealismo, durante l’anteprima stampa si è prestato al ruolo di prestigiosissima guida al percorso espositivo. Le dieci sale, attraverso le quali è articolata la mostra, possono essere sinteticamente riassunte con la parola “raffinatezza”, come suggerisce, ancora, Cosimo Bracci Torsi. Ottinger, che nella curatela si è avvalso della collaborazione di Marie Sarré, ha restituito al pubblico una visita, a un primo sguardo, lineare, didattica, ordinata per temi e autori, a seguire i principali sviluppi del movimento, concentrati attorno al cardine del cruciale 1929, con circa novanta opere che non risalgono oltre gli anni Trenta. Ricchissimo, inoltre, l’apparato fotografico e documentario, ampiamente indagato anche nei saggi del catalogo della mostra, edito da Skira. La raffinata esposizione delle opere (pitture, collages, sculture, fotografie, disegni), sembra quasi contrastare visivamente con i soggetti tipicamente “surrealisti” delle stesse. Si tratta di immagini visionarie, impresse sulla tela direttamente dal proprio inconscio, ossia il regno del sogno, di mostruose paure e di ossessive perversioni erotiche, dettate soltanto dall’automatismo psichico, o trascrizione automatica del flusso di pensiero. Nato nel 1924, con il primo Manifesto del surrealismo, del poeta André Breton, che raccolse l’eredità della vicenda dadaista, ormai quiescente, conferendole un’energia del tutto nuova, il movimento surrealista non si è mai identificato in uno stile unitario, ma ha da sempre accolto le più eterogenee e personali interpretazioni della realtà di ciascuno dei numerosi artisti, che negli anni vi hanno aderito. Ispirati dalla lettura di De Sade, Freud, Nietzsche, Marx e dalla pittura metafisica dell’italiano Giorgio de Chirico, di Picasso e di Klee, i surrealisti, provenienti da diversi paesi e riunitisi a Parigi, esplosiva fucina del movimento, hanno dato vita a immagini ancora oggi potenti e stranianti, sia attraverso forme figurative, come nel caso di Magritte, Dalí, Ernst, sia astratte, secondo Miró, Tanguy, Masson. Assolutamente emblematica è, senza dubbio, l’opera scelta come immagine-simbolo della mostra: Il doppio segreto, di René Magritte. Il pittore belga, appena avvicinatosi al movimento, in seguito al suo trasferimento nei pressi di Parigi, dà un contributo originale e autonomo al Surrealismo, che gli ha valso il significativo soprannome di saboteur tranquille, proprio per la sua straordinaria e geniale capacità di spaesare lo spettatore, insinuando dubbi attraverso una pittura del tutto riconoscibile, realistica, quasi accademica, ma immersa in un impenetrabile alone di mistero. “[Il doppio segreto], visto nell’ottica del surrealismo e dei suoi valori, […] può essere interpretato come la messa a nudo dei meccanismi della psiche che la cultura tende a dissimulare dietro la maschera della buona educazione”, scrive Ottinger. Un ragazzo è ritratto completamente “svuotato”: si intravedono soltanto dei sonagli, nel magma di un’informe materia grigia interna. “Nella tradizione carnevalesca, il sonaglio è uno degli attributi del folle: una “follia” che negli auspici del surrealismo doveva dare vita a opere sconvolgenti”. Una follia, in fondo, insita nei meandri più turpi della psiche umana. Immagini gentilmente concesse dall’Ufficio Stampa di MondoMostre Potrebbero interessarti anche:
di Marianna Carotenuto
Cinque ottobre, Londra. La ragazza col palloncino di Banksy si autodistrugge subito dopo essere stata venduta.
Uno dei soggetti più celebri dello street artist inglese era stato aggiudicato a un anonimo compratore, per telefono, durante l’asta di arte contemporanea di Sotheby's, per 1.042.000 sterline (1.180.000 euro). Prima dell'asta, Sotheby's aveva presentato la cornice dorata, posta attorno alla tela “Girl with balloon”, come “un elemento integrante dell'opera scelta dallo stesso Banksy”. Ma nel momento in cui il battitore dichiara venduto il quadro, la tela scivola fuori dal fondo del quadro distruggendosi in tante striscioline tra lo stupore dei presenti. Banksy colpisce ancora! Sul suo profilo Instagram, dopo aver pubblicato la foto del quadro, rivendicando la performance, ha postato un video nel quale ha spiegato, che alcuni anni fa, aveva inserito nella cornice un “tritacarte”, che avrebbe azionato nel caso in cui il quadro fosse stato messo all’asta. «The urge to destroy is also a creative urge». Così l’artista, citando Picasso, commenta la sua performance. E in effetti è stato proprio così. Alex Branczik, responsabile dell'arte contemporanea a Sotheby's, ha affermato: “Banksy non ha distrutto un'opera durante la nostra asta, ne ha creata un'altra”. Ora il quadro ha un nuovo nome. Da “Girl with Balloon” a “Love is in the bin” ed è la prima opera d’arte al mondo a essere stata creata durante un’asta. “Love is in the bin”, il nuovo ironico nome dell'opera, fa un po’ il verso alla hit del 1977 di John Paul Young, “Love is in the air”: “il palloncino rosso a forma di cuore della ragazza, proiettato verso il cielo, ha rischiato infatti di finire nel cestino”. Il nuovo quadro, il cui valore è raddoppiato dopo la sua autodistruzione, è stato esposto nelle gallerie di Sotheby’s New Bond Street il 13 e 14 ottobre, dalle 12 alle 17 prima di essere consegnato all’acquirente. Non sono state diffuse informazioni precise su quest’ultimo: sappiamo solo che è una collezionista europea, nonché cliente di lunga data di Sotheby's. La collezionista che l’ha comprato ha raccontato attraverso Sotheby’s di essere inizialmente rimasta sotto shock alla vista dell’autodistruzione del quadro, ma di aver poi capito di essersi accaparrata un «pezzo della storia dell’arte». Immagini tratte da: - @Banksy via Instagram - Getty Images Potrebbe interessarti anche: di Andrea Samueli Frombolieri La frombola, una sorta di fionda, è un’arma antichissima: si componeva di una lunga corda interrotta da un pezzetto di cuoio atto ad accogliere il proiettile. Il fromboliere teneva in una mano entrambe le estremità della corda, di cui una terminava con un anello nel quale inserire il dito indice; l’altra estremità veniva invece tenuta tra indice e pollice finché, fatta roteare la fionda sopra la testa, si liberava permettendo al proiettile di essere scagliato a grande distanza, sino a 400 metri. Diversi popoli sono ricordati per la loro abilità nell’uso di quest’arma: i più noti sono i frombolieri di Rodi e quelli delle Baleari, quest’ultimi poi arruolati anche nell’esercito romano come numeri (truppe ausiliarie che mantenevano le caratteristiche originarie). Si trattava di soldati facenti parte della fanteria leggera e il loro armamento comprendeva, oltre alla frombola (i Balearici ne portavano in battaglia tre, in base al diverso raggio di tiro), un piccolo scudo di vimini detto pelta e una corta spada o una lancia. La potenza d’urto dei proiettili, in genere di forma ovale in pietra o piombo, era tale da arrecare ferite gravissime, se non letali, nelle parti lasciate scoperte riuscendo persino a perforare la protezione offerta dagli elmi di bronzo. Carri da guerra dell’antico Egitto L’invasione dell’Egitto ad opera degli Hyksos (1700-1500 a.C.) portò in queste terre una nuova arma: il carro da guerra che grazie alla sua manovrabilità e alla velocità ebbe un forte impatto sui campi di battaglia. Gli Egizi, già a partire dal XV secolo, inserirono nel loro esercito ampi reparti di carri: questo mezzo permetteva il trasporto di due soldati, un auriga dotato di scudo ed un arciere, che aveva così a disposizione una piattaforma mobile dalla quale scagliare frecce sul nemico. La battaglia di Kadesh rappresenta uno dei più grandi scontri del mondo antico durante il quale entrambe le parti fecero ampio utilizzo di questa arma: la fanteria di Ramses II era affiancata da oltre 2000 carri ai quali se ne contrapposero oltre 3000 Hittiti. Immagini tratte da: Potrebbe interessarti anche:
Dal 17 Novembre 2018 al 03 Marzo 2019 Genova Luogo: Palazzo Ducale Telefono per informazioni: +39 010 5574000 E-Mail info: palazzoducale@palazzoducale.genova.it Sito ufficiale: http://www.palazzoducale.genova.it/ Palazzo Ducale ha il privilegio di ospitare un nucleo importante di capolavori provenienti da uno dei più significativi musei d’arte del continente africano, offrendo al pubblico un’occasione unica per scoprire e conoscere da vicino una raccolta di opere difficilmente visibile in altre sedi: aperta al pubblico nel 1910, la Johannesburg Art Gallery vanta una collezione di altissima qualità. L'esposizione genovese presenta oltre cinquanta opere , tra olii, acquerelli e grafiche, che portano la firma di alcuni dei principali protagonisti della scena artistica internazionale del XIX e del XX secolo: da Edgar Degas a Dante Gabriel Rossetti, da Jean Baptiste Corot a Alma Tadema, da Vincent Van Gogh a Paul Cézanne, da Pablo Picasso a Francis Bacon, da Roy Lichtenstein a Andy Warhol e molti altri. L’arte africana contemporanea inoltre è il tema dell’ultima sezione della mostra : una vera scoperta, un’opportunità per incontrare una realtà pittorica ben poco nota al pubblico europeo. La mostra, suddivisa in sezioni cronologiche e tematiche, permette ai visitatori di percorrere un viaggio nella storia dell’arte dalla metà del XIX secolo fino al secondo Novecento, spaziando dall’Europa agli Stati Uniti fino al Sud Africa in un racconto che si sposta tra momenti storici, luoghi e linguaggi artistici diversi. Oltre a presentare una selezione di opere di grandi Maestri, l’esposizione consente al pubblico di scoprire l’affascinante storia della Johannesburg Art Gallery. Principale protagonista della nascita e della formazione della collezione museale fu Lady Florence Phillips, moglie del magnate dell’industria mineraria Sir Lionel Phillips. Donna dal grande fascino, a sua volta collezionista, convinta che la sua città dovesse avere un museo d’arte, persuase il marito e alcuni magnati dell’industria a investire nel progetto. Già alla sua apertura, il museo presentava una selezione di opere di straordinaria qualità e modernità, un nucleo arricchitosi poi negli anni, grazie a nuove acquisizioni e donazioni. Dal 27 luglio 2018 ai Musei Capitolini La Roma dei Re. Il racconto dell’Archeologia. Gli inizi di Roma sono spesso confinati, nella comune immaginazione, ai miti della fondazione tramandatici dagli storici antichi: dalla Lupa che allatta i Gemelli presso la palude ai piedi del Palatino alla disputa fratricida tra Romolo e Remo. Un immaginario rafforzato dalla circostanza che l’immagine di Roma maggiormente proposta nei secoli è legata ai simboli e agli edifici del suo passato imperiale, e, d’altra parte, dalla difficoltà nel rintracciare opere immediatamente riconducibili alle fasi precedenti della vita della città, a partire dall’età repubblicana e andando ancora più indietro nel tempo. Il percorso espositivo - che inizia a partire dal limite cronologico più recente, il VI secolo a.C., e arriva fino al X secolo a.C.- si snoda in diverse sezioni: Santuari e palazzi nella Roma regia, con reperti provenienti dall’area sacra di Sant’Omobono nel Foro Boario presso l’antico approdo sul Tevere; I riti sepolcrali a Roma tra il 1000 e il 500 a.C., con corredi tombali dalle aree successivamente occupate dai Fori di Cesare e di Augusto e dal Foro romano; L’abitato più antico: la prima Roma, con il plastico di Roma arcaica per un viaggio a ritroso nel tempo dalla Roma di oggi a quella delle origini; Scambi e commerci tra Età del Bronzo ed Età Orientalizzante, con testimonianze provenienti in massima parte dalla necropoli dell’Esquilino, uno dei complessi più importanti della Roma arcaica ;e le sezioni Indicatori di ruolo femminile e maschile, oggetti di lusso e di prestigio, e Corredi funerari “confusi”, che contengono reperti e oggetti provenienti anch’essi per lo più dalla necropoli dell’Esquilino a testimonianza di quella che poteva essere la ricchezza originaria della necropoli. Apertura al pubblico 27 luglio 2018 -27 gennaio 2019 Orario Tutti i giorni 9.30 - 19.30; la biglietteria chiude un'ora prima Giorni di chiusura: 25 dicembre, 1 gennaio 2/10/2018 Alla Reggia di Monza dal 13 ottobre la mostra "Un nuovo volo su Solaris. Nuova traiettoria"Read NowIL MUSEO ANATOLIJ ZVEREV (MUSEO AZ) DI MOSCA E LA REGGIA DI MONZA presentano il progetto artistico «UN NUOVO VOLO SU SOLARIS. NUOVA TRAIETTORIA» 13.10 – 31.12.2018 Produttore del progetto: Natalia Opaleva Аutore e curatore del progetto: Polina Lobačevskaja Design della mostra: Gennadij Sinev Media artist: Aleksandr Dolgin Video artist: Platon Infante Il periodo tra gli anni ’60 e ’80 del Novecento, quando Tarkovskij diede forma ai suoi film, è segnato in Russia dalla nascita dell’arte non ufficiale. Si trattò, senza dubbio, di un “Rinascimento sovietico”, di un nuovo fiorire della pittura, della grafica e della scultura d’avanguardia, oltre che del cinema. Gli ideatori della mostra danno al pubblico la possibilità di ritrovarsi all’interno di un’installazione futuristica sotto forma di stazione spaziale, con 22 schermi per la proiezione di video dove verranno presentati materiali unici (fotografie e frammenti di film) legati all’opera di Andrej Tarkovskij. Nella stessa sede saranno esposti i migliori lavori degli artisti russi del secondo Novecento: Anatolij Zverev, Francisco Infante, Dmitrij Plavinskij, Dmitrij Krasnopevcev, Vladimir Jankilevskij, Vladimir Jakovlev, Lidija Masterkova, Petr Belenok, Ulo Sooster, Vladimir Nemuchin, Oleg Celkov, Ernst Neizvestnyj (per un totale di 32 quadri e quattro sculture). “L’invito alla Villa Reale di Monza è stato per noi una piacevolissima sorpresa. Non è stato compito facile adattare a un nuovo spazio espositivo un progetto che è piuttosto complesso dal punto di vista tecnico e concettuale. Ma lo abbiamo fatto, cambiando la traiettoria del nostro volo, dunque ora il nostro progetto si chiama “Un nuovo volo su Solaris. Nuova traiettoria”. Grazie all’impegno e al supporto di tutto lo staff di Villa Reale e in particolare di Piero Addis, la nostra navicella spaziale continua il suo volo attraverso l’Italia’’. Sarà inaugurata il 13 ottobre presso la Villa Reale di Monza la Mostra “Un Nuovo volo su Solaris. Nuova Traiettoria” riadattamento del primo progetto internazionale del Museo AZ, “Un nuovo volo su Solaris” che si è concluso a Firenze lo scorso settembre presso la Fondazione Zeffirelli. La mostra in questione, che univa lavori di celebri artisti russi del secondo Novecento ai fotogrammi del grande regista Andrej Tarkovskij, ha avuto un enorme riscontro nella stampa e nella comunità dei professionisti del settore, oltre che presso ampie fasce di pubblico. Il carattere particolare e innovativo del progetto e la sua attualità sono stati tra le ragioni per cui “Un nuovo volo su Solaris” non ha cessato di esistere, ma al contrario ha virato verso una nuova traiettoria in una nuova sede. Non si tratta di una riproposizione della mostra di Firenze: lo staff del Museo AZ guidato dal direttore generale Natalia Opaleva e dalla curatrice Polina Lobačevskaja ha saputo riadattare in modo creativo il progetto nei nuovi spazi dello splendido palazzo lombardo. Com’è noto, nel film di Andrej Tarkovskij “Solaris” (1972) erano stati raccolti dei modelli esemplari dell’arte mondiale: oggetti della Terra selezionati da Tarkovskij per continuare a vivere su un altro pianeta. Nell’ambito del progetto espositivo “Un nuovo volo su Solaris. Nuova traiettoria”, il Museo AZ propone una sua scelta di opere d’arte congeniali ad Andrej Tarkovskij, provenienti dal ricco bagaglio dei suoi contemporanei, gli artisti non conformisti del secondo Novecento. Natalia Opaleva, Direttore generale del Museo AZ: “È con grande piacere che ospitiamo il progetto artistico “Un nuovo volo su Solaris”, allestito dal Museo AZ di Mosca, che ci permette di inaugurare un nuovo e prestigioso programma di collaborazione internazionale. La mostra, ispirata a un capolavoro del grande regista Andrej Tarkovskij, dà ai visitatori la possibilità di ammirare una selezione di lavori di grandi artisti russi del secondo Novecento e di percepire il genuino legame tra arte figurativa e cinematografica. Esprimo di tutto cuore la mia riconoscenza agli organizzatori e ai curatori della mostra che hanno reso possibile questo incontro, incontro che rappresenta l’inizio di uno stimolante dialogo artistico e culturale tra il Museo AZ di Mosca e il complesso monumentale della Reggia di Monza”. Dario Allevi, Sindaco di Monza e Presidente della Reggia di Monza: ““Un Nuovo Volo su Solaris. Una nuova traiettoria” è parte del programma internazionale portato avanti dalla Villa Reale di Monza. Per noi è un grande onore accogliere un progetto che rappresenta con tale profondità il legame tra il grande regista Andrej Tarkovskij e i capolavori dell’eccezionale pleiade di artisti russi non conformisti. Nella sua arte, Tarkovskij si rifaceva a Puškin e Dostoevskij. I suoi film penetrano nelle profondità più recondite della nostra anima. L’opera di Tarkovskij ci restituisce una sensazione di eternità, e proprio questo la rende per sempre attuale. Esprimiamo la nostra sincera riconoscenza a Natalia Opaleva, le cui attività di mecenatismo si sono spinte ben oltre i confini russi: ora questo progetto artistico potrà essere ammirato anche dal pubblico italiano. Piero Addis, Direttore generale della Reggia di Monza Il Museo AZ è un giovane e dinamico museo privato russo fondato dalla collezionista e mecenate Natalia Opaleva e dalla curatrice e autrice di progetti museali Polina Lobačevskaja. Dalla sua fondazione il museo si occupa di riattualizzare l’eredità degli artisti sovietici non ufficiali degli anni ’60-’70. Le idee innovative dei curatori, le nuove tecnologie impiegate e il dialogo attivo con l’arte contemporanea trovano un ottimo riscontro di pubblico non solo in Russia, ma anche all’estero. La Villa Reale di Monza è un edificio storico situato a Monza, piccola città non lontana da Milano. La Villa Reale è uno dei più bei palazzi europei, circondato da un parco che può competere con Versailles, ed è stato costruito nel 1777 su ordine dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria dopo la nomina di suo figlio, l’arciduca Ferdinando, a governatore della Lombardia. L’architetto Giuseppe Piermarini, che aveva costruito il celebre Teatro La Scala di Milano, fu incaricato di progettare questa grandiosa reggia neoclassica. Nel corso dei secoli la villa è stata impiegata in qualità di residenza da sovrani italiani e austriaci. Oggi ospita un museo. Museo AZ Via 2-ja Tverskaja-Jamskaja 20-22 www.museum-az.com Reggia di Monza Viale Brianza 1 - 20900 Monza http://www.reggiadimonza.it |
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