di Marianna Carotenuto Sono bastate 270 ore affinché una delle opere scultoree più famose al mondo venisse riprodotta da un robot. L’opera in oggetto è la celebre Amore e Psiche. Canova, il maestro del Neoclassicismo, aveva dedicato al gruppo scultoreo cinque anni di intenso lavoro, portandolo a compimento nel 1793. Un braccio robotico, invece, partendo da una scansione 3D di un gesso dell'opera esposta al Louvre di Parigi, in poco più di dieci giorni ne ha realizzato la copia perfetta lavorando senza sosta su un blocco di marmo bianco di Carrara del peso di 10 tonnellate. Il lavoro di Robotor è visibile a Roma, nel cortile di Palazzo Braschi, in occasione della mostra sull'arte di Canova: Eterna bellezza (fino al 15 marzo 2020), dove sono esposte oltre 170 opere provenienti, fra gli altri, dall'Ermitage di San Pietroburgo, dai Musei Vaticani, dal Museo Canova di Possagno, dal Musèe des Augustuns di Tolosa e dal Museo archeologico di Napoli. Canova. Eterna bellezza : http://www.museodiroma.it/it/mostra-evento/canova-eterna-bellezza L’installazione realizzata in collaborazione con Robotor, è stata ideata da Magister (format espositivo di Cose Belle d’Italia Media Entertainment) e vuole proporsi come possibile soluzione per mostrare al grande pubblico capolavori complessi da trasferire da un museo all'altro, o impossibili da esporre.
Ad accompagnare l’installazione, un documentario sulla realizzazione dell’opera e un racconto video della fiaba di Amore e Psiche di Apuleio, in un percorso tra spettacolo e approfondimento, un racconto sui testi di Giuliano Pisani, con la voce di Adriano Gianni e la musica originale del violoncellista Giovanni Sollima. Magister: https://www.magister.art/it/mostre_magister/ Immagini tratte da: Repubblica.it Potrebbe interessarti anche :
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1/10/2019 "Il linguaggio dei segni" : la mostra di Joan Mirò al Pan che raccontala vita dell'artista in 80 opereRead Nowdi Nicola Avolio La mostra “Joan Mirò. Il Linguaggio dei Segni” sarà al Pan di Napoli dal 25 settembre 2019 al 23 febbraio 2020 per creare una tra le raccolte d’arte di questo artista tra le più importanti di sempre. In 80 opere verrà raccontata una vita dedicata all’arte, dal 1927 fino al 1986, decisamente produttiva per un artista che ha spaziato dalla pittura alla scultura, senza naturalmente dimenticarsi dei collage e degli arazzi. “Joan Mirò. Il Linguaggio dei Segni” è un lungo viaggio che da Porto, in Portogallo, arriva a Napoli con ottanta opere d’arte di un grandissimo valore artistico comprendenti quadri, sculture, collage, arazzi e disegni che vanno a creare un vivido spaccato della sua anima. La sua vena artistica lo ha reso un artista unico nel suo genere creando universi onirici e dallo spirito estremamente creativo. Napoli ed i suoi cittadini possono godere di questa eccezionale mostra grazie al grande lavoro della Fondazione Serralves di Porto e la COR, Costruire Organizzare Realizzare. La mostra inoltre è stata curata da Robert Lubar Messeri del Institute of Fine Arts di New York sotto la guida di Francesca Villanti. Le sezioni della mostra La mostra è divisa in 9 sezioni che ci guidano nei punti più importanti della carriera di Mirò. Il linguaggio dei segni In questa sezione si mostra l’uso che Mirò fa della linea di contorno, come scrittura, e dell’orizzonte come indicatore di spazio. Si parte dal quadro Ballerina del 1924. La figura nella rappresentazione A partire dall’inizio degli anni ’20, la figura è il soggetto preferito della ricera di Mirò che ne ha minato la logica stessa. Per attaccare l’illusionismo occidentale sceglie La Fornarina di Raffaello. La figura nello sfondo Sulla superficie della sua tela prendono forma uccelli, corpi astrali, creature fantastiche. Le figura è evocata da segni e macchie sulla tela grezza. Collage e l’oggetto Mirò è uno dei grandi rappresentanti del collage del XX secolo e già nel 1919 ce ne dà prova includendo un pezzo del quotidiano La Publicidad, di Barcellona, in uno suo quadro. I dipinti selvaggi Sono l’espressione della sua rabbia verso una società in cui predominano follia e odio, che portano alla guerra. I Dipinti su Masonite, del 1936, ne sono un esempio. L’elasticità del segno Il segno e il gesto grafico, ormai, hanno la precedenza anche sul significato. Calligrafia e astrazione gestuale La calligrafia giapponese e l’affermarsi dell’Action Painting in Europa e in America influenzano Mirò nel suo nuovo modo di dipingere. La materialità del segno Nella primavera del 1973 collabora con il tessitore Josep Royo e crea opere che si collocano a metà tra pittura e scultura. Mirò incorpora oggetti comuni in trame di cotone, juta, canapa e lana. Le tele bruciate e la morte del segno Sempre con il tessitore Royo, nel dicembre 1973, realizza cinque tele bruciate. ne taglia prima la superficie, poi applica delle masse di pigmento su varie aree e allarga la superficie con una torcia. In questo modo, rende visibile la struttura del telaio carbonizzata e aggiunge altra vernice, ricominciando il processo. Informazioni Mirò al Pan di Napoli Dove: PAN Via dei Mille 60, 80121 Napoli Quando: dal 25 settembre 2019 al 23 febbraio 2020, chiuso il martedì Orario: dalle 9,30 alle 19:30 Le informazioni per la stesura di questo articolo sono state tratte dal sito https://www.napolike.it/miro-al-pan-di-napoli Immagini tratte da: Immagine 1 da https://www.napolitan.it/2019/09/25/91674/dal-25-settembre-al-23-febbraio-al-pan-joan-miro-linguaggio-dei-segni-la-volta-napoli-grande-mostra-dedicata-allartista-spagnolo/ |
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