di Olga Caetani La possente mano destra che emerge dal blocco di marmo sottostante, sommariamente sbozzato dagli energici solchi della subbia, non lascia adito a dubbi circa la sua interpretazione. In dinamica torsione, rivela un inedito contenuto: il corpo nudo di una donna in primo piano, e quello retrostante di un uomo, in parte celato, perché ancora avvinghiato al capo di lei. Il Creatore sta raccogliendo il limo uterino dal quale Eva e Adamo si preparano alla vita. Rodin sembra ribaltare l'atto della creazione rispetto al testo biblico (Genesi 2, 20-23). Si direbbe che Adamo, così in prossimità del ventre di Eva, sia stato generato da lei stessa, o comunque da una sua costola. Questa sorta di riabilitazione o riscatto della figura della Donna alle origini può forse alludere a quel Rodin scultore pittorialista che ama troppo le donne, frequenti soggetti dei suoi marmi di piccole e medie dimensioni, traboccanti di eros. Il tema della creazione è comunque molto caro a Rodin, fin dal momento in cui per la prima volta rivolse gli occhi palpitanti alla Cappella Sistina, durante uno dei suoi giovanili viaggi italiani. Ponendo Michelangelo come suo maestro ideale, lo scultore si avvia, con l'opera in questione, verso la sempre più preponderante riflessione artistica sul ruolo plastico ed estetico del non finito, giungendo ad affermare che "quando Dio creò il mondo, è alla modellazione che deve aver pensato per prima cosa"1. La mano di Dio è in sostanza quella dello scultore, che crea il proprio universo e domina la materia. Costantemente vagheggiato nella carriera rodiniana è proprio il tema della mano, una parte del corpo ritenuta dall'artista fondamentale, capace di esprimere pienamente, anche isolata, i sentimenti e le passioni umane. Mani che si sfiorano appena l'una con l'altra, giunte, intrecciate sono le uniche protagoniste di opere tarde come Mani di amanti, risalente al 1904, o Il segreto, 1909, entrambe al Musée Rodin. L'idea e il soggetto de La creazione dovettero nascere molto prima, nel 1884, al tempo in cui lo scultore lavorava ai vari bozzetti dei Borghesi di Calais, monumento bronzeo situato nell'omonima città. La mano di Dio è infatti l'esatta trasposizione marmorea, in scala monumentale, della mano di uno dei Borghesi ritratti: Pierre de Wissant. Antitetico è il rapporto tra il blocco di marmo lasciato pressoché grezzo e la levigatura quasi specchiante della divina mano, un rapporto che si ripete analogo tra il limo e i serici corpi dei primi uomini. Tale virtuosismo tecnico va attribuito a Séraphin Soudbinine, amico di Rodin e scultore anch'egli, facente parte dei circa 150 sbozzatori e addetti alla messa ai punti impegnati nell'atelier del maestro, anche in seguito alla sua morte. Questo esemplare dell'opera fu iniziato nel 1916 e terminato un paio di anni dopo. La prima versione del soggetto fu acquistata nel 1906 da Albert Kahn, un collezionista statunitense. Ne esistono altri due esemplari, rispettivamente del 1906 e del 1916-17, conservati al Metropolitan Museum of Art di New York e alla Rhode Island School of Design di Providence. Entrambi sono attribuiti alla mano di Louis Mathet. Nota 1Affermazione trascritta nel 1908 da Judith Cladel, autrice della biografia Auguste Rodin. L'Oeuvre et l'homme, durante un'intervista rilasciata dallo scultore. Fonti bibliografiche Rodin. Il marmo, la vita, catalogo della mostra, a cura di A. Magnien, Milano, Electa, 2013 F. Fergonzi, Auguste Rodin, Roma, Gruppo Editoriale l'Espresso, 2005 D. Jarrassé, Rodin. Forma e movimento, Genova, Artemisia editore, 2002 Immagini tratte da: 1-4. Foto dell’autore 5. wikipedia.org Potrebbero interessarti anche:
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Gennaio 2022
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