di Andrea Samueli Quante volte abbiamo incontrato le mummie dell’antico Egitto? Tra film, fumetti, libri e videogiochi fanno ormai parte del nostro immaginario come mostri terribili e dagli immensi poteri. Ma in cosa consisteva in realtà il processo di mummificazione? Gli Egizi credevano in una vita dopo la morte: affinché il defunto potesse vivere nell’aldilà era necessario che il corpo si conservasse il più a lungo possibile. Le notizie che abbiamo riguardo a tale pratica non provengono direttamente dai testi dell’antico Egitto, bensì da studi di autori greci più tardi e dalle analisi moderne condotte sulle mummie rinvenute. La salma veniva così affidata a sacerdoti chirurghi specializzati nel trattamento dei cadaveri: nella casa della purificazione il sacerdote procedeva all’estrazione del cervello e all’apertura del costato sinistro tramite un apposito coltello rituale in selce. Da questa apertura erano tolti gli organi interni che, una volta imbalsamati e avvolti in bende, venivano riposti in appositi vasi (canopi) con le fattezze dei quattro figli di Horo: Amset, la divinità con testa umana, proteggeva il fegato; la milza era affidata a Hapy, dalle fattezze di un babbuino; polmoni e intestini erano inseriti rispettivamente nei vasi di Duamutef, con la testa di un canide, e Qebehsennuef dalla testa di falco. Gli unici organi lasciati al loro posto erano i reni, troppo difficili da raggiungere, e il cuore, sede dell’anima. Seguiva la fase di disidratazione con l’immersione del corpo per 35 giorni nel natron (un tipo di sale); i sacerdoti procedevano poi all’inserimento nel cadavere di tamponi imbevuti in aromi e mirra al fine di dare nuovamente forma al corpo e garantirne una migliore conservazione. L’apertura praticata all’inizio del rituale veniva coperta con una placca e la salma, una volta lavata e unta, era pronta per il bendaggio: tra le bende di lino, precedentemente immerse in resine, erano posti amuleti e formule magiche per facilitare il passaggio nell’aldilà. Il corpo, avvolto in una grande telo, era infine deposto nel sarcofago. Ciò che gli Egizi pensavano accadesse dopo la morte è raffigurato nel Libro dei Morti, l’insieme delle formule magiche necessarie a raggiungere il mondo dei morti e ottenere l’immortalità. Il defunto, accompagnato da Anubi, è sottoposto al giudizio del tribunale di Osiride, composto dal dio stesso e da 42 dei. Al cospetto di costoro avviene la pesatura del cuore (psicostasia): il cuore, posto su una bilancia, deve risultare più leggero di una piuma, simbolo della dea della Giustizia Maat. Accanto alla bilancia vediamo il dio della scrittura Thot nell’atto di registrare l’esito e un mostro pronto a divorare il defunto in caso di fallimento: si tratta di Ammit, la “Grande Divoratrice”, un essere con la testa di coccodrillo, il corpo di ippopotamo e le zampe di leone. Superata la prova il defunto viene ammesso alla presenza di Osiride che lo accoglie tra i beati. P.s. (Per cinefili) Se vedete una mummia, ricordatevi che temono i gatti! ;) Immagini tratte da: - La mummia (film), youtube - vasi canopi, da Wikipedia Italia, Di User:Captmondo (Own work (photo)), CC BY-SA 3.0, voce "Vasi canopi" - mummia, da www.brooklynmuseum.org/exhibitions/mummy_chamber/ - pesatura del cuore, da pinterest Potrebbero interessarti anche:
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Gennaio 2022
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