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3/10/2017

Chichén Itzá

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di Andrea Samueli
È la giungla ad avere la meglio nella penisola dello Yucatan, in Messico: alberi a perdita d’occhio che inglobano tutto ciò che trovano sul loro cammino, dai piccoli e moderni villaggi lungo le strade agli imponenti edifici in pietra, testimonianza dei popoli che abitavano queste terre prima dell’arrivo degli Europei. Il territorio è costellato di numerosi siti archeologici, alcuni invasi dai turisti, altri ancora immersi nella quiete della vegetazione. Tra i primi, purtroppo, si trovano i resti della città di Chichén Itzá.
Foto
Nonostante la presenza di una ricca vegetazione, il rifornimento d’acqua è sempre stato un problema per i popoli che hanno abitato queste terre e la presenza dei cenotes, cioè grandi cavità con acqua dolce, ha spesso determinato la localizzazione dei siti umani. Il nome stesso di Chichén Itzá, “Alla bocca (chi) del pozzo (ch’en) degli Itza (un gruppo etnico legato ai Maya)”, deriva dalla presenza di un cenote sacro poco lontano dall’area cerimoniale; un altro cenote si trova nel centro della città. 

L’insediamento comincia a ricoprire un ruolo importante a livello regionale solo a partire dal 600 d.C. e in breve diventa uno dei siti principali del mondo Maya. Intorno al IX secolo subisce una prima battuta di arresto, per motivi tuttora sconosciuti, ma risorge al termine del X secolo (987 d.C. circa) in seguito all’invasione da parte dei Toltechi, provenienti dalle zone a nord dell’odierna Città del Messico. Il declino della città nel corso del XIII secolo (per altri studiosi XI secolo) è forse da legare alla crescita, come capitale politica, della vicina città di Mayapan.
Al centro dell’area sacra-cerimoniale svetta la piramide a gradoni definita dai conquistadores El Castillo, un tempio dedicato a Quetzalcoatl (Kukulcán per i Maya), il dio a forma di serpente piumato introdotto dai Toltechi. La struttura, alta ben 24 metri ai quali si sommano 6 metri di tempio,  riproduce su pietra il calendario Maya: ogni scalinata centrale, una per lato, divide in due settori i nove gradini più grandi, formando così 18 terrazze equivalenti ai mesi dell’anno Maya; il numero dei gradini delle quattro scalinate (91 gradini ogni scala) e la piattaforma superiore equivalgono poi ai 365 giorni dell’anno. La decorazione consiste in una serie di guerrieri toltechi nella zona del tempietto e serpenti piumati lungo le scalinate: quest’ultimi sembrano prendere vita e scendere dalla sommità della piramide durante l’alba ed il tramonto degli equinozi di autunno e primavera, in un complicato gioco di luci e ombre. El Castillo ospita all’interno una piramide precedente, alta 20 metri, edificata intorno all’800 d.C., nel cui tempietto gli archeologi trovarono un trono rosso a forma di giaguaro, con macchie e occhi in giada, ed una statua cerimoniale chac mool, raffigurante un uomo reclinato con un contenitore per le offerte.
La piramide
Il gioco di ombre durante l’equinozio di autunno
La cultura sanguinaria dei sacrifici umani, divenuta predominante con la conquista tolteca, trova la sua massima espressione nelle due piattaforme vicino alla piramide: la Piattaforma dei teschi deriva il suo nome dalla macabra decorazione con teschi impilati e aquile che mangiano cuori umani ed era destinata all’esposizione dei teschi delle vittime sacrificali; giaguari e aquile che tengono tra le zampe i cuori delle vittime si ritrovano anche nell’eponima Piattaforma delle aquile e dei giaguari. 
La Piattaforma dei Teschi
La Piattaforma delle aquile e dei giaguari
FotoIl campo per il gioco della palla
Alle spalle di queste piattaforme si trova il più grande campo per il gioco della palla di tutta l’America centrale: il campo, lungo 166 metri e largo 68 metri, è racchiuso da pareti alte 12 metri sulle quali sono posizionati due anelli di pietra. Due squadre prendevano parte al gioco, di natura rituale, con lo scopo di far passare una palla di gomma all’interno degli anelli, senza l’utilizzo di mani o piedi, ma ricorrendo a ginocchia, anche e gomiti; talora era concesso l’uso di bastoni, come mostrato in alcune incisioni. Presso i Maya e i Toltechi questo gioco era legato alla pratica di sacrifici, ma non è chiaro se venisse ucciso il capitano (o l’intera squadra) perdente o quello vincente.

Data l’elevata conoscenza della volta celeste raggiunta dai popoli precolombiani, non deve meravigliare la presenza nel sito di un osservatorio astronomico, un grande edificio circolare su una piattaforma quadrata: la presenza di una scala a spirale al suo interno spinse gli Spagnoli a chiamare la struttura El Caracol, cioè “La chiocciola”. I portali di accesso, sui quali spicca la maschera del dio Chac, divinità della pioggia, sono rivolti verso i quattro punti cardinali mentre le finestre, che si aprono nella cupola, sono allineate con alcune stelle. 
​A breve distanza si erge infine il palazzo reale: l’edificio, lungo 60 metri, largo 30 metri e alto 20 metri, colpisce senza dubbio per la sua mole e per l’elevato numero di stanze, motivo per cui venne assimilato dai conquistadores ai conventi europei e denominato Las Monjas (Le monache).
L’osservatorio astronomico
Il palazzo reale
Ciò che abbiamo visto è solo una piccola parte di Chichén Itzá. Prima di andarcene proviamo però a fare uno sforzo di immaginazione e, guardando i limiti della foresta, ecco comparire davanti a noi il resto della città: un dedalo di stradine si apre in una fitta distesa di strutture in legno e terra, con gli abitanti intenti nelle faccende quotidiane. Purtroppo dobbiamo limitarci a immaginare poiché di tutto questo non c’è più traccia, ma i grandi edifici in pietra rimangono muti testimoni del glorioso passato di questa città. 

​Immagini tratte da:
Gran Cenote, da Wikipedia Inglese, By Ekehnel (Emil Kehnel) - Own work, CC BY 3.0, voce “Chichén Itzá”
El castillo, da Wikpedia Italia, Di Fcb981 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, voce “Chichén Itzá”
Ombra del serpente, da Wikipedia Inglese, By ATSZ56 - Own work, Public Domain, voce “Chichén Itzá”
Piattaforma dei teschi, da Wikimedia, By Judson McCranie, CC BY-SA 3.0, file “Chichén Itzá, Mexico (54).jpg”
Piattaforma dei giaguari e delle aquile, da Wikimedia, By Judson McCranie, CC BY-SA 3.0, file “Chichén Itzá, Mexico (50).jpg”
El Caracol, da Wikipedia Italia, Di Fcb981 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, voce “Chichén Itzá”
Las Monjas, da www.tripadvisor.com 

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