di Ilaria Ceragioli L’osservazione della pienezza e della mutevolezza di un istante nascosto nella natura che ci circonda fu la condizione necessaria che portò il celebre pittore Claude Monet a ideare un nuovo modo di dipingere, o meglio una nuova filosofia artistica che cambiò radicalmente il mondo dell’arte. Monet fu il cosiddetto “padre” di questo nuovo movimento artistico nato a Parigi nella seconda metà dell’800, l’Impressionismo. La nuova estetica stravolge le regole: quasi totale è l’abolizione della prospettiva, del disegno e dei contrasti chiaroscurali. La luce è padrona dei colori e ne regola l’intensità. Il nero è bandito e le pennellate sono stese attraverso rapidi tocchi. Per cogliere e fissare su tela le variazioni luminose, l’artista non dipinge più all’interno del suo studio, bensì en plein air, all’aria aperta. A partire da questo momento, quindi, il pittore non osserva più la natura con occhi distanti, ma giunge a dialogare con essa divenendone parte integrante. La natura diventa così una vera e propria musa ispiratrice. Le sensazioni, le impressioni e le emozioni, o forse sarebbe più giusto dire l’anima di Claude Monet, rivivono a Roma nella Mostra “Monet” che dimora presso il complesso del Vittoriano. La mostra, curata da Marianne Mathieu, accoglie 60 opere dell’artista provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi. Si tratta di tele a cui Claude Monet era particolarmente affezionato tanto da conservarle per tutta la sua vita. La visita è accompagnata, almeno per alcuni brevi tratti, da un percorso multimediale e sonoro che mira a riprodurre quell’atmosfera naturale e fatata che tanto incantò Monet. Sulle pareti di alcune sale sono riportate anche citazioni dell’artista, dalle quali è percepibile l’amore attraverso il quale Monet creò opere capaci di far vibrare le corde del cuore. L’intento della mostra è quello di evidenziare l’evolversi della carriera dell’artista. Ripercorrendo le fasi del suo entusiasmante lavoro il visitatore si imbatte immediatamente in tele maggiormente note a un pubblico di esperti, nonché una serie di bizzarre caricature che Monet realizzò al principio della sua produzione artistica, alla fine degli anni ’50 dell’800. Nelle pareti successive, invece, sono esposte tele che immortalano paesaggi rurali, la periferia di Parigi, le vedute della Bretagna e della Normandia e il celebre Parlamento di Londra con i suoi suggestivi riflessi sul Tamigi. Il percorso conduce poi al soggetto più caro a Monet: le ninfee. L’immagine e la fama di Claude Monet, di fatto, sono estremamente legate a questo soggetto. L’artista le dipinse per ben 250 volte perché nella sua ideologia figurativa non era importante la cosa rappresentata, ma il modo con cui essa veniva trasposta su tela. Tali capolavori furono elaborati nel giardino della sua casa a Giverny dove i bellissimi fiori che galleggiavano nello stagno permisero a Claude Monet di cogliere l’immensità e la fragilità della natura. Da qui maturarono nell’artista profonde riflessioni sulla dimensione dello spazio e sulla luce. Di seguito il visitatore trova dinanzi a sé dipinti raffiguranti salici piangenti che risalgono al 1818, data in cui Claude Monet dovette affrontare un periodo particolarmente difficile segnato da lutti e da un drastico calo della vista. Infine, tra i dipinti di notevole valore che la mostra ci offre vi è Le Rose (1826). A quella data Claude Monet è quasi cieco e prossimo alla morte, ma non smette di dipingere. Dalle immagini impresse nella sua memoria ha così origine la sua ultima opera. Appassionato, dunque, è l’invito a penetrare nell’affascinante mondo di Claude Monet visitando questa mostra che, in merito al grande riscontro del pubblico, è stata prorogata sino al 3 giugno di questo anno. Per ulteriori informazioni: http://www.ilvittoriano.com/mostra-monet-roma.html Immagini tratte da: Foto dell’autore
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Gennaio 2022
Categorie |