Saranno in mostra a Palazzo Blu fino al 5 febbraio 2017 le opere di Salvador Dalì, uno degli artisti più celebri, poliedrici e controversi del Novecento. Non il Dalì appartenente al periodo surrealista e universalmente noto, dal cui gruppo venne per altro espulso già nel 1939, ma quello mistico ed estremamente riflessivo che un giorno, dagli Stati Uniti, dove si era trasferito con la moglie Gala a causa della guerra, aveva dichiarato :“DIVENTARE CLASSICO […] ʻOra o mai piùʼ”; era il 1941 e Dalì, conscio della necessità di un cambiamento da imprimere alla sua pittura, avrebbe mantenuto la parola fino alla fine. Dal nucleo di circa 150 opere ospitate dalla Fondazione Palazzo Blu, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dell'Ambasciata di Spagna in Italia, della Regione Toscana e del Comune di Pisa e provenienti dal Dalì Museum di St. Petersburg in Florida, dal Teatro Museo Dalì di Figueres e dai Musei Vaticani, traspare chiaramente l'importanza assunta dall'Italia e, in particolar modo, dall'arte del suo Rinascimento per la svolta data dall'artista di Figueres alla propria produzione durante il suo percorso artistico. Come a sottolineare il profondo sentimento mistico e religioso riscoperto da Dalì dopo l'uscita dal gruppo Surrealista, la mostra apre le sue porte ai visitatori con un nucleo di quattro dipinti – La Trinità (Studio per Il concilio ecumenico), 1960, Paesaggio di Portlligat, 1950, Sant'Elena a Portlligat, 1956 e L'Angelo di Portlligat, 1952 – dove capitale si rivela il suo nuovo spirito religioso e, in tre opere su quattro, il paesaggio della località di Portlligat, tanto cara all'artista, dove è immersa la figura della moglie Gala, qui ritratta come donna angelo, nuova guida salvifica, musa innalzata al ruolo, che mai perderà per l'artista, di divina e immanente ispiratrice. Cuore pulsante dell'esposizione, che accompagna i visitatori per tutta la durata della mostra, è poi la serie di illustrazioni commissionate a Dalì dal Governo italiano per la Divina Commedia in occasione del 700° anniversario della nascita di Dante Alighieri. Hanno una storia travagliata questi 102 acquarelli realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta per l'Istituto Poligrafico dello Stato, soprattutto per le polemiche relative ai costi di realizzazione e alla nazionalità non italiana dell'artista affidatario della commissione; ciononostante Dalì li realizzò tutti, illustrando le vicende dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso danteschi, dove, oltre al persistente insorgere di ricordi surrealisti dell'artista, ben identificabili in certe linee “nervose” e in elementi ricorrenti come la famosa “stampella” daliniana, traspare la passione per il classico da lui abbracciata ormai da circa dieci anni e, in particolar modo, per le opere del grande Michelangelo Buonarroti. Sono proprio le opere di Michelangelo che, soprattutto, insieme a quelle dei grandi maestri del passato come Raffaello e Perugino, rivivono nel nucleo di lavori che si snoda attorno agli acquarelli danteschi durante il percorso espositivo. In particolare, gioiello della mostra sono alcuni dipinti pienamente attinti dal Rinascimento italiano – quattro dei quali inediti – attribuibili alle ultime creazioni dell'artista realizzate negli anni Ottanta. Mediante essi, Dalì è in grado di trasmetterci, ancora oggi, il suo profondo rispetto per l'arte del passato e, contemporaneamente, la perenne e intrinseca necessità di un suo superamento attraverso un'innovazione che attinge a piene mani dalla contemporaneità. Eco geologica, ad esempio, lavoro del 1982, è la riproposizione della marmorea Pietà di Michelangelo ubicata nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dove l'artista di Figueres attua una sorta di fusione tra la Madonna con il Cristo e il paesaggio retrostante attraverso una serie di intarsi che “bucano” la Vergine e il Cristo lasciando trasparire terre e rocce retrostanti, creando così un'opera intrisa di elementi mistici e surrealisti al tempo stesso. Il guerriero o Los embozados, ovvero Lorenzo de' Medici dalla tomba di Lorenzo de' Medici di Michelangelo è un'altra opera del corpus di lavori dell'ultimo periodo di produzione dell'artista dove, ancora una volta, lo spirito del classico e quello surrealista si fondono in un'opera capace di esprimere il senso del classicismo daliniano. Nuovamente, il paesaggio e il volto di Lorenzo de' Medici si compenetrano creando un'immagine dal forte senso mistico, intriso di reminiscenze surrealiste come, ancora, la “stampella” posta sotto il naso del guerriero o il famoso orologio mollemente adagiato sull'orecchio.
Salvador Dalí, Eco geologica, dalla Pietà di Michelangelo, 1982; Salvador Dalí, Il guerriero o Los embozados, 1982
Nelle stanze del piano superiore Palazzo Blu ospita poi un ulteriore nucleo di illustrazioni per la letteratura; si tratta dei lavori su carta creati per The Autobiography of Benvenuto Cellini a seguito dell'incarico ricevuto nel 1945 dall'editore Doubleday&Company per la nuova edizione inglese dell'opera celliniana, di cui la maggior parte è stata fatta dall'artista sullo stesso tipo di carta tagliata in formati differenti con l'accompagnamento del testo di riferimento, in francese, con la grafia di Gala. Stampato in sole mille copie firmate e numerate, tale lavoro vide la luce in California, dove Dalì produsse in totale quarantuno illustrazioni su carta di cui sedici a colori realizzati ad acquarello e inchiostro e venticinque a inchiostro su carta, in bianco e nero, tutti dimostrazione della profonda ammirazione provata dall'artista spagnolo per l'antico artista, abile tanto nella scrittura, quanto nella scultura e nell'oreficeria.
Come un nuovo umanista, Dalì non cessò mai di esibire nella sua produzione i propri interessi intellettuali e le personalissime teorie in perenne mutamento, rivelandosi capace di amalgamare all'interno dei suoi quadri soggetti classico-rinascimentali con argomenti puramente contemporanei di matrice scientifica – come nel caso dell'interesse dell'artista, nato a fine degli anni Quaranta, per gli studi in ambito nucleare – o religiosa. La mostra di Palazzo Blu tenta, in definitiva, di porre in evidenza la capacità, che fu propria dell'artista di Figueres, di fondere senza alcuna forzatura il sentimento della modernità con il senso del presente, riscontrabili tanto nelle tematiche abbracciate quanto nella tecnica pittorica da lui adottata. Immagini tratte da www.mostradalipisa.it
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Gennaio 2022
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