16/2/2021 “De Chirico e la Metafisica” a Palazzo Blu: uno straordinario viaggio nel mondo dell’artistaRead Nowdi Ilaria Ceragioli Lo scorso 20 gennaio, il Palazzo Blu di Pisa ha riaperto nuovamente le sue porte presentando una mostra molto attesa dal pubblico: “De Chirico e la Metafisica”, curata da Lorenzo Canova e Saretto Cincinelli. La mostra ospita i capolavori assoluti dell’artista e attraverso più di 80 opere e altre 20 di confronto, intende ripercorrere le varie fasi della carriera di De Chirico, più precisamente dal 1909 al 1975. Il percorso espositivo comincia con la presentazione di una serie di bellissimi autoritratti, attraverso i quali l’artista gioca con la sua stessa immagine. Si raffigura seminudo, abbigliato alla maniera seicentesca oppure nel suo studio mentre è impegnato a dipingere. Tra questi, ad esempio, potrete ammirare Autoritratto nello studio di Parigi. De Chirico si ritrae qui in piedi dinanzi ad una tela, con una tavolozza nella mano sinistra e il pennello nella mano destra. Il suo sguardo è però volto verso lo spettatore, mentre una testa in marmo adagiata sul pavimento, seppur posta frontalmente all’osservatore, guarda incuriosita la tela su cui l’artista sta dipingendo una figura femminile. L’opera vuole essere anche un omaggio nei confronti dei grandi maestri del passato. Di fatto, Giorgio De Chirico nutrì un amore particolarmente sincero e fedele, talvolta nostalgico, nei confronti di quel passato glorioso che rese celebre la sua terra natìa, la Grecia. Proseguendo la visita ci addentriamo, invece, nell’infanzia dell’artista e nei suoi esordi in veste di pittore. Nella presente sala si ammira così un ritratto a mezzo busto della madre Gemma, donna seriosa, composta, dallo sguardo assorto e intimamente malinconico. La donna indossa un abito di colore scuro, probabilmente a ricalcare la sua condizione di vedova. Successivamente, approdiamo nella prima fase metafisica dell’artista. Questa sala accoglie il visitatore attraverso una serie di celebri tele, tra cui Ettore e Andromaca e Le muse inquietanti. In Ettore e Andromaca Giorgio De Chirico reinterpreta un episodio epico di grande pathos: si tratta dell’ultimo abbraccio tra i due protagonisti. Tuttavia, l’artista non li rappresenta in forma umana, ma come due manichini, privi di braccia e di tratti somatici. Il manichino è un soggetto utilizzato frequentemente da De Chirico come emblema di un uomo trasformatosi in automa e, dunque, come simbolo di un individuo che ha ormai perso la sua centralità. Nonostante la mancanza di elementi propriamente umani, però, Ettore e Andromaca riescono ad esprimere con estrema intensità quel senso di rassegnazione e di angoscia che prelude l’ingrato e crudele destino che attende i due sposi. Infatti, nel duello contro Achille, Ettore troverà la morte. Ne Le muse inquietanti osserviamo che le muse sono divenute delle statue classiche dalla testa di manichino, collocate in una piazza deserta, priva di presenze umane e dove il tempo sembra sospeso. Sullo sfondo invece notiamo un castello, più precisamente il Castello Estense di Ferrara. De Chirico definì Ferrara come una città “quantomai metafisica”; non a caso, è proprio qui che nacque ufficialmente l’Arte Metafisica. Nella scena dominano però il silenzio e l’immobilità del tempo. Così, trova manifestazione un forte senso di inquietudine e di solitudine e tutto sembra essere il risultato di uno strano sogno. Negli anni’20 del Novecento, De Chirico si trova a Parigi dove darà vita alla seconda stagione metafisica. A questa fase appartengono, ad esempio, Gli Archeologi. La tela è occupata interamente da due figure gigantesche le quali mostrano attributi parzialmente antropomorfi, abbandonando così l’aspetto di manichino. Al loro interno sono conservate memorie dell’antica civiltà che li ha preceduti. Giorgio De Chirico intende quindi celebrare il ruolo assunto dagli archeologi, ossia quello di custodi della nostra storia e, dunque, della nostra identità. Successivamente, la ricerca artistica di De Chirico comincia a incentrarsi sulla rappresentazione di quella che, ricordando la denominazione inglese “Still life” o quella tedesca “Still leben”, lui stesso preferiva chiamare “vita silente”: la natura morta. In questa sezione della mostra potrete così ammirare, tra le altre, Natura morta con Pesci e Frutta con tempio. Negli anni ’60 l’artista torna a rielaborare soggetti a lui molto cari, per esempio i manichini. Tale periodo è noto come “Neometafisica”. Un esempio particolarmente rappresentativo e significativo è Orfeo trovatore stanco, una delle tele di maggiori dimensioni esposte alla mostra. In questo splendido viaggio nel complesso e affascinante mondo di Giorgio De Chirico il visitatore è accompagnato e introdotto all’interno delle sale anche attraverso una serie di citazioni dell’artista stesso, tradotte anche in lingua inglese. Una di queste, che riporto a conclusione dell’articolo, ricorda il grande valore che De Chirico attribuiva alla filosofia di Schopenhauer e di Nietzsche:
L’arte fu liberata dai filosofi e dai poeti moderni. Schopenhauer e Nietzsche per primi insegnarono il profondo significato del non senso della vita e come tale non-senso potesse venir trasmutato in arte, anzi dovesse costituire l’intimo scheletro di un’arte veramente nuova, libera e profonda. Immagini tratte da: Da fig. 1 a fig. 8: Foto dell’autrice Fig. 9: www.palazzoblu.it
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Gennaio 2022
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