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14/6/2016

“E questa merda sarebbe arte?”: Piero Manzoni e la sua Merda d'artista

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a cura di Alessandro Rugnone
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Piero Manzoni con alcuni dei 90 esemplari della sua celeberrima “Merda d'artista”
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Merda d'artista n.7
ImmaginePiero Manzoni
Se scatologico, (agg. [der. di scatologia], dal greco σκῶρ, gen. Σκατός, escremento, e λόγος, materia, ragionamento), è relativo a discorso o trattazione che ha per tema la defecazione o che generalmente ha contenuto o tono osceno, volgare, qualsivoglia riflessione circa la celeberrima merda d'artista del lombardo Piero Manzoni non può dunque sottrarsi a tale definizione.
Piero Manzoni nasce a Soncino, provincia di Cremona, il 13 luglio del 1933 da famiglia d'ascendenza nobiliare, i conti Manzoni, originari di Lugo di Romagna. Cresce a Milano dove, terminati gli studi classici, si iscrive alla Facoltà di Legge dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Trascorre le vacanze ad Albisola Marina, in Liguria, dove la famiglia frequenta Lucio Fontana, padre dello Spazialismo. Nel 1956 Manzoni debutta alla IV Fiera Mercato del castello sforzesco di Soncino esponendo i suoi primi lavori e pubblica Per la scoperta di una zona di immagini, breve testo nel quale anticipa alcuni punti essenziali delle tesi che svilupperà in seguito in altri scritti. L'anno successivo partecipa alla collettiva del Movimento Arte Nucleare presso la galleria San Fedele di Milano. Inizia a lavorare sulle tele denominate Ipotesi con materiali poveri come il gesso e la colla.



ImmagineEsempio di Achrome
Nel 1958 realizza i primi achromes (in francese incolori), tele o altre superfici imbevute di gesso grezzo, colla o caolino (un'argilla bianca impiegata nella lavorazione della ceramica) su quadrati di tessuto, feltro, fibra di cotone, peluche o altri materiali. L' achrome non è uno spazio riempito di linee e di colori organizzati secondo un principio compositivo per ottenere delle forme artistiche. La tela, imbevuta di caolino liquido e di colla, è lasciata asciugare, affidando la trasformazione del materiale in opera d’arte ad un processo che avviene da sé, autosufficiente. La gestualità dell'artista, a differenza del dripping di Pollock, è così volontariamente frenata, bloccata, e l'immagine, libera di crearsi senza correttivi o costrizioni, si genera spontaneamente sulla tela. Se questi studi sull'assenza di colore da una parte non significano altro che loro stessi, chiudendosi deliberatamente in una circolarità semantica sottilmente tautologica, dall'altra si aprono a tutti quei significati apportati di volta in volta dallo slancio immaginativo dello spettatore.

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Copertina della rivista Azimuth, n.2 gennaio 1960
ImmaginePiero Manzoni con un esemplare di Linea


Nel 1959 fonda insieme a Enrico Castellani la rivista d'arte Azimuth. Uscita in soli due numeri, il n.1 nel 1959 e il n.2 nel gennaio 1960, Azimuth ospitò scritti di intellettuali e critici come Gillo Dorfles, Guido Ballo, Vincenzo Agnetti e Bruno Alfieri, opere di artisti quali Lucio Fontana, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Yves Klein, Jean Tinguely, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Piero Dorazio, e poesie di Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini e altri.



Continua la ricerca sugli achromes e contestualmente inizia a progettare opere squisitamente concettuali come Linee, linee tracciate su rotoli di carta di varia metratura, alcune aperte, altre chiuse in recipienti cilindrici neri con etichette arancioni a specificarne l'esatta lunghezza (la più lunga, creata ad Herning, in Danimarca, misura oltre sette km), il mese e l'anno di creazione, corredati di veri e propri certificati d'autenticità quasi a volersi tutelare da eventuali tentativi di contraffazione. Progetta le sue Sculture viventi, settantuno corpi nudi, trai quali quello di Umberto Eco e dell'amico Mario Schifano, firmati e datati dall'artista come fossero opere d'arte e accompagnate dal consueto certificato d'autenticità. Su ogni documento Manzoni appone un timbro: rosso se la persona è per intero un'opera d'arte e sarebbe rimasta sempre tale, giallo se il nuovo status è limitato a certe parti del corpo, verde se vincolato a certe attività come il dormire o il correre, porpora se l'artisticità non è qualcosa di connaturato ma viene acquistata.

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Piero Manzoni firma una delle sue sculture viventi
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Fiato d'Artista
ImmaginePiero Manzoni imprime l impronta del pollice su un uovo sodo alla galleria Azimut a Milano
Produce quarantacinque Corpi d'aria o Fiato d'artista, palloncini da lui gonfiati, sigillati, e fissati su una base di legno. Nell'epoca della riproducibilità tecnica e della produzione seriale l'artista perde la sua identità originaria di artifex, e nella più completa impasse creativa, incapace di generare alcunché di realmente significativo, si offre al pubblico, offre il proprio corpo come fosse un'opera d'arte. Prima il fiato, l'elan vital, contenuto in normalissimi palloncini, successivamente la merda in un'operazione tanto irriverente quanto geniale.

Nel dicembre del 1959 inaugura a Milano la galleria Azimut che, il 21 giugno del 1960, si fa teatro della più celebre delle sue performance: Consumazione dell'arte dinamica del pubblico. Divorare l'arte. Manzoni imprime l'impronta del suo pollice su alcune uova sode bollite all'inizio della serata e le offre al pubblico. Le uova vengono poi consumate durante la performance. Lui stesso divora un uovo. Attraverso l'uovo-reliquia consacrato dal contatto col corpo dell'artista, il pubblico, da mero spettatore, si fa parte attiva della performance, partecipa dell'arte, entrando in comunione con la fisicità magica dell'artista.
Progetta le Basi Magiche, un piedistallo da lui firmato che nelle intenzioni dell'artista eleva al rango di opera d'arte chiunque vi ci salga sopra con un procedimento trasformativo analogo a quello delle Sculture viventi.

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Merda d'artista n.8
ImmagineMerda d'artista n.83
Il 21 maggio 1961 in occasione di una mostra alla galleria Pescetto di Albisola Marina, Manzoni presenta per la prima volta in pubblico una serie di scatolette metalliche da conserva sigillate sulle quali una serie di etichette ci informano del contenuto in quattro lingue diverse, vi si legge: merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961. Trenta grammi di merda, conservata al naturale, come puntigliosamente specificato. Sulla parte superiore di ogni barattolo di latta è presente la firma dell'artista insieme ad un numero progressivo da 1 a 90 che ne esplicita la tiratura. Una scatoletta di merda tirata a novanta esemplari, ognuno di questi venduto al prezzo della quotazione giornaliera dell'oro. Una follia, direte voi. Ancor più folle è la cifra con la quale la Tate di Londra si è aggiudicata lo scorso anno una delle novanta scatolette (le altre, al netto di quelle andate perdute, sono conservate nelle più prestigiose collezioni d'arte in tutto il mondo), 52mila dollari: gli escrementi sono diventati più preziosi dell'oro.
Al di là dell'aspetto grottesco e canzonatorio immediatamente percepibile in un'operazione scopertamente provocatoria come quella rappresentata da merda d'artista, se si sottopone l'opera ad una lettura più attenta e ragionata, è possibile coglierne significati più profondi e dal peso specifico, sociale e intellettuale, molto più consistente. Forte è infatti la componente critica nei confronti dei meccanismi e delle dinamiche che muovono la società dei consumi e il mercato dell'arte contemporanea pronto ad accettare come oro colato anche della merda in scatoletta purché firmata ed autenticata dall'artista.
E' lecito chiedersi infine se è davvero merda il contenuto delle scatolette metalliche.
Qualche anno fa un'artista francese ne ha manomessa una e tra lo stupore generale degli astanti stipati nel parigino Centre Pompidou non ha rinvenuto che un'altra scatoletta, dalle dimensioni ridotte, inserita in quella più grande in un geniale meccanismo di matriosche o scatole cinesi. Nessuno ha mai aperto la più piccola. Agostino Bonalumi, amico d'una vita, l'11 maggio del 2007 scrisse a tal proposito sul Corriere della Sera: “Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole”.
E chi siamo noi per farlo?


Immagini tratte da:

1 www.restaurars.altervista.org
2 www.thepasswordunito.wordpress.com
3 www.fascinointellettuali.larionews.com
4 www.artblart.com
5 www.capti.it
6 www.arsvalue.com
7 www.artearti.net
8 www.personalitaconfusa.net
9 www.unavitaperlapanza.com
10 www.artslife.com
11 www.artslife.com

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