Marcel Duchamp e l’arte della provocazione Quando nel 1917 Marcel Duchamp presentò provocatoriamente il suo Fountain alla rassegna d’arte contemporanea organizzata dalla newyorkese Society of Indipendent Artists (del cui direttivo era membro), firmandosi con lo pseudonimo R.Mutt, oltre a sconcertare la giuria a tal punto da vedersi rifiutare l’opera, segnò deliberatamente un punto di non ritorno nello svolgersi della Storia dell’Arte nei secoli. Il gesto insolito di rovesciare su piedistallo un comune orinatoio in porcellana, firmarlo, ed esporlo al pubblico alla stregua di una Nike greca, di un Michelangelo o di un Canova, sovvertì drasticamente la maniera d’intendere e di fare arte. L’intervento di selezione compiuto dell’artista su quel determinato manufatto d’uso quotidiano, l’operazione di sottrarre lo stesso alla funzione per la quale era stato originariamente concepito per investirlo di una funzionalità completamente nuova (defunzionalizzazione-rifunzionalizzazione) e quella di toglierlo al suo contesto abituale per ricollocarlo in un luogo del tutto estraneo al suo uso (decontestualizzazione-ricontestualizzazione), bastarono da sole a innalzare quel banalissimo oggetto al rango di opera d’arte. “Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha SCELTA. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto”. Artistico non è l’opera in sé, ma l’idea, il concetto, l’operazione intellettuale che presiede alla sua creazione. L’arte non è più prodotto del “fare”, d’una attività manuale coltivata e ben finalizzata, non necessità di tecnica, abilità, studio, ma il suo valore esclusivo risiede nell’idea con la quale la si realizza e nel significato del tutto nuovo che le si attribuisce. E sotto quest’ottica straniante e originalissima ecco che l’orinatoio rovesciato, o per meglio dire, l’idea di rovesciare un orinatoio, ha pari eleganza e dignità artistica della Nike di Samotracia, del David di Michelangelo e di Amore e Psiche del Canova. “A me interessano le idee, non soltanto i prodotti visivi […] La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva, dovrebbe avere a che fare con la materia grigia della nostra comprensione” ![]() E squisitamente concettuale è la qualità dell’arte che Duchamp realizza in un altro dei suoi celeberrimi ready-made rettificati, la scandalosa, al limite del sacrilego, L.H.O.O.Q. Su una riproduzione fotografica della Gioconda l’artista disegna un bel paio di baffetti neri e un pizzetto e pone in calce la dicitura L.H.O.O.Q. l’acronimo del francese Elle a chaud au cul, letteralmente Lei ha caldo al culo. L’intenzione dell’artista era scandalizzare il benpensantismo borghese con il gesto beffardo di macchiare un capolavoro che proprio perché universalmente riconosciuto come sacro e inviolabile mostrava il fianco alle trovate folli di un artista che farà della provocazione la sua cifra stilistica e il cui genio precorrerà quello inquieto e dissacrante di Dalì. Immagini tratte da:
Fontana, da Wikipedia, Di Marcel Duchamp - src Original picture by Stieglitz, Pubblico dominio, voce "Fontana (Duchamp)" L.H.O.O.Q., da Wikipedia, Di Marcel Duchamp - google search, Pubblico dominio, voce "L.H.O.O.Q."
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Gennaio 2022
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