Intervista all’artista
di Marianna Carotenuto
Una scultura di marmo. Una figura femminile, delicata. Una mano sul cuore e il corpo lacerato dalle crepe, ma dall’interno una forte esplosione di fiori risana ogni spaccatura.
Questa è una sintesi di ciò che vediamo a primo impatto osservando l’immagine proposta, ma ciò che evoca è di gran lunga più forte. Sono sicura che se vi interrogassi chiedendovi cosa susciti in voi, raccoglierei tante emozioni diverse, come d’altronde sempre succede di fronte alle opere d’arte. E allora vi chiedo: Cosa percepite? In quale museo pensate si trovi? La risposta corretta è la seguente: fisicamente non si trova in nessun museo! È una scultura digitale, creata attraverso tecniche 3D dall’artista francese Jean Michel Bihorel con cui ho avuto il piacere di parlare e porgere alcune domande che trovate di seguito. M: Jean-Michel nella vita sei un 3D Generalist. Come è nata la tua passione per il mondo 3D? J.M: Entrambi i miei genitori sono Artisti classici, quindi in un certo senso sono sempre stato esposto all’arte. Ho scoperto il 3D all’età di 15 anni durante un piccolo workshop di animazione per bambini organizzato nel posto in cui vivevo. È stata una rivelazione! Ero in grado di creare qualunque cosa usando solo un PC. Allora ho venduto la mia Play Station per comprarne uno e da allora il mio gioco preferito è creare oggetti in 3D. M: Sul tuo profilo Behance possiamo vedere diversi tipi di lavori: vignette, personaggi animati, architetture e foto. Ma la mia attenzione è stata rapita dalle tue sculture. Appena le ho viste la mia reazione è stata: “Wow queste sculture in marmo sono incredibili!” E quando ho scoperto che si trattava di scultura digitale mi sono ritrovata completamente senza parole! Quindi, prima di tutto, la mia domanda è: Perché sculture di marmo? J.M: Scelgo il marmo per questa serie di "interfacce", in particolare per enfatizzare il divario tra arte tradizionale e arte digitale. M: Ho notato la tua tendenza a rappresentare oggetti che si rompono. In “Controlling your fracture in Houdini”, il guerriero di terracotta si sgretola. “Lorene” ha delle crepe dorate in viso e anche nella serie "Flower Figures" ci sono sculture rotte nelle cui fessure ci sono fiori o foglie. Qual è il significato di queste crepe? J.M: Le crepe nei miei lavori sono solo un modo per rivelare ciò che c’è dentro. È un modo per rompere le apparenze esterne. Nel caso di Lorene, è un'altra cosa, si basa sulla filosofia di Kintsugi che crede che le crepe facciano parte della storia di un oggetto e che contribuiscano alla sua bellezza se sono ben riparate. E io pensavo che sarebbe stato bello se fosse potuto accadere lo stesso anche agli uomini. M: Riferendomi al tuo progetto intitolato “Flower Figures” e in particolare alla “Figure N. 02” che posso dire essere tra tutte la più conosciuta in rete, ti chiedo: Come è nato tale progetto e cosa significano i fiori nelle crepe? J.M: Con le mie immagini, il più delle volte mi concentro maggiormente su una sensazione usando i materiali e le luci. È un processo abbastanza spontaneo quindi non direi che ho mirato a un significato speciale. Ma la scelta tra morbidezza e durezza è intenzionale e da quella scelta è nato un messaggio ovvio. Si, Figure N.02 è l'immagine che la maggior parte delle persone preferisce tra tutte le mie opere, quindi non mi sento di dire più di tanto. Queste immagini sono per tutti e ognuno può darne un proprio significato. M: Per quanto riguarda le tue sculture floreali, so che hai trovato un'ortensia secca per strada e hai deciso di fare qualcosa, mixando la delicatezza dei fiori con la fragilità evocata dalle crepe nel marmo. J.M: Si, è nata questa idea anche grazie all’aiuto di mia moglie. Esatto, mi piace molto il termine delicatezza. M: Come nascono le tue opere? Quali sono le tecniche? J.M: Come figlio della generazione numerica, abbraccio pienamente tutti gli strumenti digitali come la realtà virtuale, la scansione, i modelli e la struttura 3D. Ma in tutte le mie immagini cerco di mantenere un legame con l'arte tradizionale imitando la realtà dei materiali e delle forme. In questo modo cerco di creare un collegamento tra le due forme d'arte. M: Considerando questo nuovo modo di fare arte, hai mai temuto che il pubblico potesse porre le tue immagini su un gradino inferiore rispetto all’arte intesa in modo tradizionale? J.M: Considero il 3D come uno strumento, e ogni nuovo mezzo richiede un po' di tempo per essere conosciuto e accettato dal pubblico. Per quanto mi riguarda, non voglio che la parola "digitale" sia la descrizione principale della mia arte. Sto usando uno strumento digitale per fare arte ma l'immagine e la sensazione che ne derivano sono ciò che conta di più. Si dovrebbe iniziare a considerare il 3D come uno strumento in grado di produrre arte e non una forma d’arte. Per scoprire tutte le opere di Jean-Michel Bihorel visitate il sito https://www.behance.net/jmbihorel Immagini tratte da https://www.behance.net/jmbihorel Potrebbero interessarti anche:
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Gennaio 2022
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