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22/3/2016

Giochi nell'antica Roma

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​di Andrea Samueli
Eccoci nuovamente al tavolo della nostra popina. Accanto a noi ci sono persone che mangiano e chiacchierano tra loro, ma alcuni sembrano intenti a giocare. All’improvviso uno degli uomini scoppia in una fragorosa risata seguita dal nome “Venere” ripetuto più volte. Cosa è successo? Ci avviciniamo e scopriamo che sul tavolo sono stati gettati quattro strani dadi: in realtà si tratta di piccole ossa, gli astragali, ognuno dei quali ha solo quattro facce disponibili, sulle quali sono disegnati altrettanti simboli. Ad ogni lancio i giocatori calcolano il punteggio ottenuto in base alle figure…e le combinazioni sembrano veramente tante. “Il cane, che sfortuna!” esclama uno di loro, facendoci capire che è il colpo peggiore (solo quattro punti). Ci sono poi il colpo di Stesicoro (otto punti), seguito da quello dell’Efebo e da quello del Basiliscus; il colpo di Eurippide (quaranta punti) deriva il suo nome dal greco eurìptein, cioè “lanciare bene”. Ed eccoci infine al tanto agognato colpo di Venere, il lancio migliore, con tutte e quattro le facce diverse.
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Qualcuno gioca anche a dadi, i Romani li chiamano “tesserae”: quelli che vengono usati nella taverna sono in legno, ma ve ne sono anche di cristallo o avorio. Per evitare che i giocatori più esperti riescano a determinare il lancio (e dunque a barare), si ricorre a bussolotti in terracotta o a torri in miniatura, dotate all’interno di diversi piani inclinati rivolti verso il basso.
Usciamo dalla taverna. Una donna ci supera assieme ai suoi due figli: il più piccolo, in braccio, piange disperato e la madre intima al figlio maggiore di restituire il sonaglio al fratellino. Poco oltre un gruppetto di bambini sta giocando con trottole e yo-yo: ci ricordano i giochi che siamo abituati a vedere anche noi.  

Continuiamo a camminare: entrando in un vicolo ci imbattiamo in un piccolo drappello di “cavalieri” in sella a semplici bastoni che con opportuna immaginazione sono diventati possenti cavalli, trovandoci così, nostro malgrado, coinvolti in una battaglia che nulla ha da invidiare ad un vero scontro, se non le armi in legno.
Usciti indenni dallo scontro, cerchiamo un po’ di riposo in un giardino pubblico: qui alcune ragazze stanno giocando con le loro 
bambole: in genere hanno sembianze adulte e sono articolate, proprio come le Barbie dei nostri giorni.
Tutti i bambini, indistintamente dal sesso, si portano sempre dietro un sacchettino contenente…noci. Con esse si può giocare alle nuces castellate o ludus castellorum
: quattro noci vengono disposte per terra, tre per la base ed una sopra. I giocatori, decisa la distanza da cui lanciare, devono riuscire a colpire e demolire i castelli così realizzati. Apprestando un piano inclinato, il gioco cambia ed anziché lanciare le noci, queste vengono fatte rotolare con lo scopo di colpire quelle avversarie ormai ferme. 
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Una piccola palla dura e ripiena di crini arriva fino ai nostri piedi: viene utilizzata per il gioco del trìgon, nel quale tre giocatori disposti a triangolo, da cui il nome del gioco, si passano la palla l’un l’altro il più velocemente possibile ricevendo con la destra e lanciando con la sinistra. Che dite, ci uniamo a loro?

Immagini tratte da:
Bambina che gioca
, da Wikipedia, Di Nessun autore leggibile automaticamente. MatthiasKabel presunto (secondo quanto affermano i diritti d'autore). - Nessuna fonte leggibile automaticamente. Presunta opera propria (secondo quanto affermano i diritti d'autore)., CC BY 2.5, voce "Aliossi"
Dado, da Wikipedia, fotografia realizzata da Rama, CC BY-SA 2.0 fr, voce "Alea"
Turricola, da Wikipedia inglese, di Rheinisches Landesmuseum - Bonn, Public Domain, voce "Vettweiss-Froitzheim Dice Tower"
Bambola di Crepereia Tryphaena, da museicapitolini.org
Bambini con noci, da Wikipedia inglese, di Marie-Lan Nguyen (2009), CC BY 3.0, voce "Roman Empire"
Trigon, da pinterest.com

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