Heinrich Schliemann nacque nel Land Meclemburgo-Pomerania (uno degli stati federati tedeschi) nel 1822. Figlio di un pastore protestante, fu il padre ad avvicinarlo all’antico sia leggendogli versi dell’Iliade e dell’Odissea sia regalandogli un libro in cui l’immagine della città di Troia in fiamme colpì moltissimo l’immaginario del piccolo Heinrich. Intraprese studi classici frequentando il ginnasio della città, ma per motivi economici dovette cessarli e iniziò un apprendistato presso un commerciante di Fürstenberg.
Gli anni che vanno dal 1841 al 1868 sono quelli in cui Schliemann si dedica all’attività di commerciante. Viaggiò in tutto il mondo, dall’Olanda, dove imparò l’inglese, il francese, l’italiano e il portoghese alla Russia passando per gli Stati Uniti dove farà una vera e propria fortuna prestando soldi ai cercatori d’oro. Abbandonata del tutto l’attività di commerciante, Schliemann si recò in Turchia alla ricerca della città di Priamo. Leggiamo dal suo diario: “Il 6 Agosto, all’una di notte, partii dal Pireo alla volta dei Dardanelli sul Nil, un vapore delle Messageries impériales”.
Schliemann, dopo aver ottenuto i permessi necessari per scavare, si dedicò completamente alla ricerca della città di Troia. Dopo attente osservazioni del territorio, comprese che Ilio (antico nome della città di Troia) non potesse trovarsi nel luogo del moderno villaggio di Bunarbaschi perché la sua morfologia non corrispondeva alla descrizione che ne viene fatta nei poemi omerici.
Ecco le parole del 14 Agosto 1868:” Verso le dieci del mattino arrivammo a un terreno elevato, molto esteso, coperto di cocci e di frammenti di blocchi di marmo lavorati. Quattro colonne ritte, isolate, sepolte a metà nel terreno indicavano la presenza di un tempio antico. La superficie disseminata di frammenti era così estesa che non si poteva dubitare di trovarci nel perimetro di una grande città, un tempio fiorente, e in effetti eravamo sulle rovine di Nuova Ilio, chiamata ora Hissarlik, che significa palazzo[…]” e continua :”Mi recai alla città di Jeni Schehr sul promontorio del Sigeo […]. Di là si gode di un’ottima vista di tutta la piana di Troia. Quando mi trovai sul tetto di una casa, con l’Iliade in mano, e osservai il panorama, mi pareva di vedere sotto di me la flotta, il campo e le assemblee dei Greci, Troia e la rocca di Pergamo sull’altura di Hissarlik, le marce e le contromarce e le battaglie delle truppe nella pianura fra la città e il campo. Per due ore feci sfilare davanti ai miei occhi i fatti principali dell’Iliade, finché l’oscurità e una gran fame mi costrinsero a scendere”.
Vennero scavate trincee che portarono alla luce ben sette strati testimonianze della diacronia della città. Schliemann identificò il secondo strato (2600-2350 ca. a.C.) come quello attribuibile alla Troia omerica. Infatti si accorse che in questo strato vi erano tracce di incendio che attribuì immediatamente all’assedio degli Achei. Inoltre, in questo strato, Schliemann trovò anche quello che definì “Il tesoro di Priamo”, un cospicuo numero di oggetti d’oro (e non solo) che secondo la tradizione venne nascosto dal re al momento dell’assedio.
Eccone il racconto: ”17 Giugno 1873. Dietro a questo muro, a otto-nove metri di profondità, ho portato alla luce la cinta troiana che prosegue oltre la Porta Scea, e scavando ancora sullo stesso muro, nei pressi immediati della casa di Priamo, mi sono imbattuto in un grosso oggetto di rame […] che ha attirato tanto più la mia attenzione in quanto mi pareva di scorgere oro dietro di esso […]. Per sottrarre il tesoro all’avidità degli operai […] feci subito ordinare il paidos (una parola di origine incerta, passata in turco, che qui si usa per il riposo), e mentre gli operai mangiavano e si riposavano estrassi il tesoro con un grosso coltello”. Prima di spedirli ad Atene, fece indossare alcuni oggetti alla moglie, Sophia Engastroménou, (un’ateniese sposata in seconde nozze) per avere davanti agli occhi l’immagine della bellezza di Elena. Oggi, secondo gli studi dell’archeologo statunitense Blegen, si ritiene che lo strato VIIa (1300-1170) sia quello attribuibile alla città cantata nei versi dell’Iliade.
L’approccio portato avanti da Schliemann, che non si basava su una metodologia scientifica, ma su intuizioni, ha causato moltissimi danni. Allo stesso tempo però ha rappresentato una delle prime applicazioni dell’uso dei sondaggi preliminari e della datazione degli strati archeologici attraverso manufatti tipologicamente riconosciuti.
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1 Commento
Francesco
24/7/2022 10:06:34
La straordinarietà della scoperta è arrivata grazie al fatto che Schliemann ha letto i poemi omerici come un libro di storia non come un libro che racconta favole di Dei e Semidei ma di storia Vera. Storia vissuta anticamente da quei popoli. Un Grande
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