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30/7/2019

Herculaneum: alla scoperta degli scavi archeologici della "città sommersa"

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di Nicola Avolio
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Veduta dall’alto dell’antica Herculaneum

Gli scavi archeologici di Ercolano, insieme a quelli di Pompei, Oplonti e Stabia, costituiscono un patrimonio archeologico dal valore inestimabile, nonché una delle scoperte archeologiche più rilevanti degli ultimi quattro secoli.
Situata al centro del Golfo di Napoli, all’ombra minacciosa e allo stesso tempo rassicurante del Vesuvio e a strapiombo sul mare, Herculaneum era, a detta di Cicerone, una delle città più belle di tutta la Campania, e Lucio Calpurnio Pisone, suocero di Giulio Cesare, vi possedeva una villa: tuttora costituisce un sito archeologico intriso di storia, mistero e distruzione.
Quanto al nome della città, non sappiamo con precisione da dove o da cosa esso derivi: volendoci rifare al mito, l’ipotesi più accreditata è quella secondo cui Ercole, di ritorno dall’Iberia, sbarcò in questa zona della Campania e fondò la città, all’incirca intorno al 1243 a.C.; volendoci rifare alla storia, invece, sappiamo con certezza che la città fu abitata dagli Osci, durante il periodo dell’occupazione etrusca in Italia, successivamente fu conquistata dai Greci, intorno al V secolo a.C. che la ricostruirono rifacendosi al modello urbanistico dell’architetto Ippodamo di Mileto (la famosa pianta a scacchiera chiamata, per l’appunto, schema ippodameo, col quale furono costruite tutte le città e le colonie greche del tempo, tra cui la stessa Neapolis qualche secolo prima) e, intorno al III secolo a.C., dai Sanniti, quindi sotto l’occupazione romana, e finì per diventare, insieme a Pompei, Stabia e Oplonti (l’attuale Torre Annunziata), uno dei luoghi di villeggiatura preferiti dell’elìte romana, e raggiunse il suo massimo splendore grazie al tribuno Marco Nonio Balbo, che vi acquistò una villa e fece sì che la città fosse dotata di un teatro, di una basilica, di un acquedotto e di nuove mura difensive, nonché di due nuovi complessi termali.
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Una delle vasche dell’antico complesso termale di Herculaneum

​Nel '62 fu colpita da un terremoto, e Tito Flavio Vespasiano curò personalmente la sua ristrutturazione: il 25 agosto del 79, invece, in quella fatidica data che da quel momento in poi resterà per sempre scolpita negli annali della storia, si abbatté su di essa e sui centri vicini la furia del Vesuvio, anche se c’è da dire che, rispetto ai centri di Pompei, Stabia e Oplonti che furono quasi completamente distrutti dall’eruzione, Herculaneum fu relativamente fortunata in quanto, in un primo momento, si riversò su di essa soltanto una leggera nube di cenere e lapilli, e in un secondo momento, la colonna piroclastica si staccò dal vulcano e si riversò tutta sulla città, ricoprendola quasi completamente: successivamente, con l’eruzione del 1631, il manto vulcanico arrivò a toccare i 25 metri di altezza e si trasformò, col tempo, in “pappamonte”, un materiale simile al tufo ma molto più leggero che consentì la quasi totale conservazione degli edifici, degli utensili e degli alimenti.

La sua riscoperta avvenne per puro caso: nel 1709, un contadino che si accingeva a scavare per costruire un pozzo, si imbatté in alcuni pezzi di marmo appartenenti all’antico teatro: da lì in poi ebbero inizio gli scavi atti a riportare alla luce l’antico nucleo di Herculaneum, una prima campagna fu voluta dal principe Emanuele Maurizio D’Elboeuf, ma fu interrotta subito dopo per scongiurare i crolli degli edifici sovrastanti, una seconda campagna di scavi fu invece inaugurata nel 1738, durante i quali fu riportata alla luce l’antica Pompei, e si interruppe definitivamente nel 1780; altre due campagne furono avviate nel 1828, per opera di Francesco I delle Due Sicilie, e nel 1869, da parte di Giuseppe Fiorelli, ma anche queste ottennero scarsi risultati. Per riportare alla luce l’antica città così come la possiamo visitare oggi, bisognerà aspettare il 1927, in occasione di una campagna di scavo ventennale diretta da Amedeo Maiuri e Antonio de Franciscis, grazie alla quale furono riportati alla luce 4 ettari di 20 dell’antica città e oltre non si poté proseguire, in quanto gli altri terreni sotto i quali sono situate le rovine erano stati, nel frattempo, espropriati.

Altre campagne di scavo si sono poi succedute nel corso degli anni ’90 del novecento e nel corso dei primi anni 2000, grazie ai quali furono riportate alla luce le rovine della cosiddetta Casa di Aristide e alcune parti della Villa dei Papiri, già esplorata anni addietro grazie alla realizzazione di tunnel sotterranei: nel 1997, nel frattempo, gli scavi di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti erano stati dichiarati Patrimonio dell’UNESCO.
​
Passeggiando tra le rovine dell’antica Herculaneum possiamo imbatterci in alcune delle sue più belle ville, ancora oggi intrise delle decorazioni originarie del periodo, come la Casa del Genio, la Casa del Salone Nero, la Casa di Argo, una delle più belle e ricche in assoluto di tutta la città, la Casa di Nettuno e Anfitrite, con le sue decorazioni in pasta vitrea, e infine il Teatro, situato a 26 metri di profondità e capace di accogliere, all’epoca, circa 3000 spettatori seduti.
Con i suoi circa 300.000 visitatori annui, Herculaneum si impone come uno dei siti archeologici più visitati della Campania, nonché dell’intero Meridione, un luogo intriso di storia e cultura in gran parte ancora inesplorato, ricoperto ancora da un manto di lava e dall’ombra del Vesuvio, minacciosi ma al contempo rassicuranti e protettivi.

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I porticati della Casa di Argo
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Le decorazioni in pasta vitrea della Casa di Nettuno e Anfitrione
Alcune informazioni per la stesura dell’articolo sono state estratte dal sito https://www.liberopensiero.eu/20/07/2018/rubriche/ventre-napoli/ercolano-scavi-archeologici/


Immagini tratte da dell’autore 

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