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23/4/2019

I “Sei di Torino” e il rifiuto dell’arte fascista

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di Ilaria Ceragioli
Jessie Boswell, Luigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paulucci sono i sei pittori che costituirono quel sodalizio artistico che passò alla storia col nome  “I sei di Torino”.
La formazione del gruppo si colloca intorno al 1928, a Torino, presso la scuola privata di Felice Casorati; favorita da critici d’arte come Edoardo Persico e Lionello Venturi, fu sostenuta economicamente dal collezionista Riccardo Gualino.
La loro è una pittura che si oppone a quella falsa classicità e monumentalità caratterizzanti la produzione artistica legata al regime fascista, più precisamente, a Novecento. Novecento fu un movimento artistico messo a punto nel 1922 a Milano da Margherita Sarfatti, critica d’arte e amante di Mussolini. Si trattava di un’arte che mirava alla precisione e alla decisione del segno, alla plasticità di cose e figure e che allontanava dalla pittura tutto ciò che fosse oscuro, eccessivo e “straniero”.
Le opere create dal gruppo I sei di Torino, invece, guardavano alla pittura di Cézanne, Matisse, i Macchiaioli, Manet. Personalità diverse tra loro, ma con un obiettivo comune, dunque, elaborarono una pittura incentrata esclusivamente sul colore, non più sul disegno e sul volume. Una pittura che attraverso la forza del colore intendeva rifiutare e denunciare gli aspetti propri dell’arte fascista.
Figura di spicco del gruppo fu Carlo Levi, celebre pittore e scrittore (scrisse il celebre romanzo Cristo si è fermato a Eboli). Noto fu anche il suo impegno politico antifascista.
Di Carlo Levi ricordiamo l’opera Aria del 1929.

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Si tratta di un olio su tela conservato al GAM di Torino che venne esposto per la prima volta in occasione della “III Mostra dei Sei” presso la Galleria Bardi a Milano. Nella tela centrali sono la luminosità cromatica e la pittura en plein air che, chiaramente, rimandano alla lezione appresa dalle opere di Seurat.
Una pittura raffinata che, al contempo, rivela inquietudini e malinconie è quella di Francesco Menzio. In essa, forte fu l’influenza di Matisse e, successivamente, di Modigliani.
Celebre è il Ritratto d’uomo del 1929, oggi appartenente alla Collezione Iannaccone.

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La collezione dell’avvocato Iannaccone, tra l’altro, ospita anche Marina (1929), un olio su cartone elaborato dall’unica donna del gruppo, ossia la pittrice inglese Jessie Boswell.

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Reduce da un viaggio a Parigi nel 1928, anche Enrico Paulucci si appassionò ben presto all’arte impressionista.
L’assenza di un disegno preparatorio e della precisione del segno, ad esempio, caratterizzano il Paesaggio con alberi e casa (1929).

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Il medesimo tema, un paesaggio alberato, si ritrova anche nell’opera Paese per la casetta (1929) di Nicola Galante. Qui, però, il soggetto è la sua città natale, Vasto, un paesino in provincia di Chieti.

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Tuttavia, il gruppo non diventò un movimento in quanto non fu mai dotato di una propria autocoscienza; si sciolse definitivamente nel 1935, anno in cui si ricorda anche la morte di Luigi Chessa.
Dopo l’osservazione di alcuni dei più noti capolavori di questi artisti e intellettuali, dunque, risulta limpida ed inequivocabile la loro volontà di aprirsi alle esperienze artistiche internazionali rinnegando l’arte di stampo fascista che, invece, rifiutava aspramente ogni influenza straniera. I Sei di Torino crearono così una pittura antieroica fondata sul colore e, soprattutto, sulla libertà.
 
Immagini tratte da:
www.gamtorino.it
www.collezionegiuseppeiannaccone.it
www.collezionegiuseppeiannaccone.it
www.bing.com
www.collezionegiuseppeiannaccone.it

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