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10/9/2019

La Caccia in laguna di Vittore Carpaccio: storia di una scoperta

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di Olga Caetani
È una tiepida mattina dell’estate del 1944 a Roma. La Città Eterna è stata liberata dall’occupazione tedesca ai primi di giugno e tanta è la voglia di ricominciare a vivere. Dalla vetrina della sua bottega di antiquario, Sebasti vede passare in bicicletta il giovane architetto e critico d’arte Andrea Busiri Vici, a caccia di tesori e di fortuna. Lo invita a fermarsi ed entrare: deve assolutamente mostrargli una cosa. Si tratta di una  tavoletta dipinta a olio su entrambi i lati. 
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Vittore Carpaccio, Caccia in laguna, 1490-95, tempera e olio su tavola, 75.4 × 63.8 cm, Los Angeles, J. Paul Getty Museum
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Vittore Carpaccio, Caccia in laguna, 1490-95, tempera e olio su tavola, 75.4 × 63.8 cm, Los Angeles, J. Paul Getty Museum, retro con lo stipo delle lettere in trompe l’oeil
Sotto gli strati di polvere e sporcizia, emergono un finto stipetto a muro, al quale sono fissate da un nastro alcune lettere ripiegate, e una scena di caccia, con arcieri impegnati a colpire uccelli acquatici a bordo di piccole imbarcazioni affusolate. L’attribuzione a Vittore Carpaccio (Venezia, c. 1460-1526) e le indagini di Busiri Vici sulla travagliata storia collezionistica dell’opera destano subito scalpore, tanto che il doppio dipinto viene venduto in Svizzera, per raggiungere poi il Getty Museum di Malibù e infine di Los Angeles, ove è conservato tuttora. Ma questo non impedisce a Carlo Ludovico Ragghianti di formulare un’interessante ipotesi a partire dal dettaglio del giglio che appare dal margine in basso a sinistra della tavoletta. Il gambo del fiore “reciso” potrebbe essere quello che si intravede nel vaso sulla balaustra raffigurata in un altro olio su tavola, pressoché delle stesse dimensioni, firmato da Carpaccio e appartenente alla collezione del Museo Correr di Venezia. 
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Vittore Carpaccio, Due dame veneziane, 1490-95, tempera e olio su tavola, 94 × 64 cm, Venezia, Museo Correr
Inoltre, Ragghianti intuisce che la balaustra si affaccia non sul cielo azzurro ma su uno specchio d’acqua, probabilmente sulla stessa laguna nella quale, poco più a largo, si sta svolgendo la battuta di caccia agli uccelli. Le due donne sedute sulla terrazza, a lungo erroneamente identificate come cortigiane, sono, secondo questa lettura, ricche e annoiate dame veneziane in attesa del rientro dei propri mariti. Definito il cantore della vita mondana del primo Rinascimento veneziano, Carpaccio fissa un momento di intima quotidianità femminile, nobilitato dai numerosi significati simbolici insiti nella flora e nella fauna del dipinto. Il giglio, innanzitutto, allude alla castità matrimoniale, come il mirto, sulla destra, è pianta cara a Venere, mentre la coppia di colombe, il pavone, i cani sono simboli di fedeltà coniugale. Anche il fazzoletto bianco e la collana di perle indossata dalla più giovane concorrono a sottolineare le stesse virtù, oltre a impreziosire la puntuale descrizione degli abiti e delle acconciature alla moda del tempo. Le indagini radiografiche a cui sono state sottoposte le due tavolette negli anni ’90 sembrano confermare la brillante intuizione di Ragghianti. Combaciando perfettamente, anche dal punto di vista prospettico, esse costituivano un unico dipinto, diviso in due parti probabilmente già in epoca rinascimentale. 
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I due dipinti ipoteticamente ricomposti
Per di più, il lato sinistro mostra le tracce della presenza di cardini o cerniere, come se in origine l’opera fosse composta da un secondo pannello, oggi perduto, con l’aggiunta del quale, tra gli altri elementi, anche la figura del levriero in primo piano sarebbe risultata intera. Per quanto riguarda la funzione del dittico, non ancora del tutto chiara, i cardini esistenti lungo lo spessore destro e la dimensione complessiva in altezza fanno pensare alle ante di una porta che si apriva e chiudeva “a libro” su un piccolo vano, utilizzato come studiolo e ricavato, forse, all’interno della camera della sposa, per la quale era stato commissionato come dono di nozze, dato il tema allegorico che informa il dipinto dello stipite rimasto. 
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Vittore Carpaccio, Sant’Agostino nelle studio, 1502-07, tempera su tela, Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni
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Esempio di studiolo umanistico, particolare della porta
Immagini tratte da:
  • 1-2 www.getty.edu
  • 3 www.pinterest.com
  • 4 www.museoradio3.rai.it
  • 5-6 www.commons.wikimedia.org pubblico dominio 

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2 Commenti
Gian Michele Merloni
3/11/2022 18:33:53

Questo bellissimo dipinto (solo la parte superiore) era in possesso di un mio amico sacerdote,appassionato d'arte,notonella zona ,che purtroppo ho conosciuto tardi..,Gia' vecchio aveva avuto l'opera credo dall'antiquario Frascione di Firenze,con cui era in contatto.e diceva di averlo venduto dalla disperazione,perche' essendo su tavola gli dava molta preoccupazione per la conservazione,sensibile agli sbalzi termici,e soggetto alle fessurazioni.Al punto che fu felice il giorno che lo vendette ad un antiquario,che lo fece passare in Svizzera ,da cui varco' l'oceano per il Paul Getty Museum.Forse non ha capito l'importanza dell'opera.Purtroppo non lo conosciuto prima.,

Rispondi
MERLONI GIAN MICHELE
17/11/2022 10:07:01

correzione :LO =l'ho

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