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4/10/2016

La dimensione onirica in Füssli                                                                

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di Olga Caetani

“La regione più inesplorata dell’arte è il sogno, e nel sogno affiorano le regioni più inesplorate dell’animo”. Così scriveva Johann Heinrich Füssli, pittore che farà del sonno e del sogno, indagato in tutte le sue sublimi sfumature, i soggetti di gran parte della sua opera.
Füssli nasce a Zurigo nel 1741, ben sette anni prima dell’artista neoclassico per antonomasia, Jacques-Louis David. Muove i primi passi in un ambiente familiare impregnato di cultura e religiosità. Giovanissimo viene ordinato pastore della chiesa riformata zurighese, ma la sua non è una sincera e salda vocazione. Inizia a viaggiare, soggiornando a lungo e ripetutamente a Londra e in Italia, giungendo a contatto diretto con le culture che ispirarono la letteratura sulla quale aveva compiuto la sua ricca formazione: Shakespeare, Milton e Dante, oltre ai poemi germanici. Studioso della poesia omerica, proprio durante il gran tour italiano Füssli percepisce una grande distanza rispetto alla cultura classica, poi tradotta in un disegno significativo.

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L’artista commosso davanti alla grandezza delle rovine antiche, 1778-80, sanguigna e seppia su carta, Zurigo, Kunsthaus
L’artista commosso davanti alla grandezza delle rovine antiche testimonia lo sgomento per la monumentalità inimitabile dell’arte greco-romana, ma anche per un mondo lontano e ormai perduto. Sono le possenti e ridondanti forme michelangiolesche a sedurlo, come le positure serpentinate e il cangiantismo dei colori manieristi, tutti elementi rigettati dalla cultura ufficiale del Bello ideale, a lui coeva. Dal 1778 si stabilisce a Londra, ma è memore della lezione di Pontormo, Rosso Fiorentino e Parmigianino mentre dipinge su commissione un episodio della storia medievale elvetica, il Giuramento dei tre confederati sul Rütli.
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Giuramento dei tre confederati sul Rütli, 1780, olio su tela, Zurigo, Kunsthaus
Gli eroici corpi allungati sono vertiginosamente slanciati verso l’alto, e sembrano illuminati, con le loro tinte acide, quasi fosforescenti, da una luce interna al dipinto stesso. Il confronto con Il giuramento degli Orazi di David, di quattro anni più tardo, viene da sé. Nella celeberrima tela del Louvre, le figure assumono fattezze scultoree, espressione dell’adesione ai valori formali e al rigore del canone classico.
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Il giuramento degli Orazi, 1784-85, olio su tela, Parigi, Musée du Louvre
Neoclassicismo, Romanticismo, o meglio, in questo caso, Preromanticismo costituiscono delle “etichette” apposte a ragione dalla storiografia, anche per evidenti motivi pratici. Tuttavia esse non devono essere interpretante come categorie totalmente contrastanti e impenetrabili da influssi esterni. Neoclassicismo e Romanticismo del resto hanno molti punti di contatto. Entrambi mirano all’evasione da una realtà presente dominata dal razionalismo illuministico, in troppo rapida evoluzione e rivoluzione, il primo trovando rifugio nella confortante ed idealizzata antichità, l’altro nella Natura, al contempo affascinante e terrifica, sublime, ma anche nella dimensione più oscura e irrazionale dell’uomo: l’inconscio. Quasi anticipando le teorie freudiane, Füssli fa emergere dalle sue opere oniriche gli impulsi più intimi e segreti dell’animo. The nightmare, ossia l’incubo, è incarnato dal mostro accovacciato sul ventre della donna a rappresentare il senso di oppressione, di affanno al quale la fanciulla stessa è costretta dal suo sogno, forse dai risvolti sensuali, erotici, visti l’abbandono del corpo candido e gli zigomi lievemente arrossati, accaldati. Dal fondo tenebroso del dipinto, si materializza un’altra creatura mostruosa, dallo sguardo surreale, spaventoso. È la traduzione in immagine dell’etimologia del termine anglosassone “nightmare”, appunto “cavallo notturno”, a rendere bene l’idea di un tumultuoso incubo.
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The nightmare, 1781, olio su tela, Detroit, Institute of Arts
La liberazione del proprio “io” prosegue nella fase matura di Füssli, con Il sogno del pastore. Apparentemente immerso in un clima più disteso e rilassato, il pastore è posto in primissimo piano secondo un scorcio arduo e una posa sforzata, di gusto neomanierista. Attorno, figure dalle scale prospettiche inverosimili: sono le creature “sognate” dal pastore. Sopra di lui, alcune di esse si prendono per mano formando un sinuoso cerchio, tentando di afferrarlo, di corromperlo. Hanno il capo reclinato, come per nascondersi dagli occhi dello spettatore, all’interno di uno sfondo scuro che sfuma dal grigio al verdastro. Del resto, come sosterrà di lì a poco Francisco Goya, “il sonno della ragione genera mostri”.
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Il sogno del pastore, 1793, Londra, Tate Gallery
Immagini tratte da:

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- artsblog.it
- khanacademy.org
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