Quando il cardinale Odoardo Farnese decise di completare la decorazione del palazzo di famiglia, gli fu proposto il nome di un affermato pittore bolognese, che aveva fondato, insieme al fratello e al cugino, un’accademia incentrata sullo studio della natura, dell’antichità classica e dell’opera di Raffaello e Michelangelo, in aperto contrasto con gli artifici del Manierismo: Annibale Carracci. Dopo una breve visita a Roma nell’autunno del 1594, vi si trasferì definitivamente dall’anno successivo, ospite nel palazzo, ove ebbe modo di ammirare la prestigiosa collezione di arte antica dei Farnese, che vantava, tra gli altri capolavori, una monumentale copia romana in marmo dell’Ercole a riposo, attribuito allo scultore greco Lisippo.
Anche a questa scultura guardò Annibale per gli affreschi del piccolo studio privato del cardinale, denominato Camerino di Ercole, in quanto decorato con episodi tratti dalle storie dell’eroe greco per eccellenza. Al centro della volta del camerino, incastonata tra girali di finti stucchi monocromi, preziosi e quasi “cesellati” con il pennello, troneggiava la tela raffigurante Ercole al bivio, oggi sostituita da una copia, mentre l’originale si trova al Museo di Capodimonte a Napoli.
Situato in corrispondenza dell’asse centrale della composizione, Ercole siede in una posa piuttosto libera, memore degli Ignudi michelangioleschi della Sistina, poggiando sulla clava. Alla sua destra, una matronale figura femminile gli sta indicando, con il braccio teso verso l’alto, le eterne glorie celesti che lo attendono se sceglierà di seguire la giusta via della Virtù, anche se in apparenza erta ed impervia. A sinistra, vista da tergo, l’allegoria del Vizio lo induce a scegliere allettanti piaceri, tuttavia “bassi” ed effimeri. Il contenuto moraleggiante dell’opera ben si confaceva alle ambizioni del giovane cardinale, che incaricò Annibale di un progetto assai più grandioso e impegnativo: la decorazione della Galleria Farnese.
Il programma iconografico fu probabilmente ispirato dall’imminente matrimonio tra Ranuccio Farnese, fratello di Odoardo, e Margherita Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII, che celebrò le nozze nel 1600. La volta a botte della galleria è infatti risolta come una sorta di epitalamio figurato, ossia un’ode celebrativa degli sposi, ispirata dagli Amori degli dei, descritti nelle Metamorfosi di Ovidio. Oltre il cornicione reale della sala, travalicandone i limiti fisici, svetta un’illusionistica architettura dipinta (detta quadratura), terminante ai lati corti in una balaustra, che si affaccia sullo scorcio di un brillante cielo sereno. Coppie di putti e ignudi abitano anche i lati lunghi, ritmicamente scanditi da erme e telamoni, simulanti la loro antichità con scheggiature e lacune, così come i bassorilievi dei medaglioni bronzei, dipinti con tonalità verdastre, appaiono ossidati dal tempo. Qui, tra festoni di fiori e frutti, maschere e valve di conchiglia, le scene con gli Amori degli dei sono illustrate - non senza una certa sensualità - entro “quadri riportati”, che danno l’impressione di essere tele dipinte su cavalletto, quindi appese sul soffitto della galleria, con la loro cornice di legno dorato, oppure incorporate negli stucchi. Sulla volta vera e propria, spicca il grande affresco con il Trionfo di Bacco e Arianna, divenuta la sposa del dio del vino, dopo essere stata abbandonata da Teseo.
Annibale aveva presente i cortei bacchici dei rilievi classici e la resa illusionistica del soffitto della Loggia di Psiche, dipinta come un finto pergolato all’aperto da Raffaello e dalla sua bottega in Villa Farnesina, sulla sponda opposta del Tevere rispetto al palazzo, ma seppe infondere alla galleria un’esuberanza del tutto nuova, per cui è da considerare, secondo le felici parole dello storico dell’arte Tomaso Montanari, il “vero incunabolo del Barocco”.
Per una visita virtuale di Palazzo Farnese e della sua galleria: www.farnese-rome.it
Immagini tratte da:
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Gennaio 2022
Categorie |