di Ilaria Ceragioli Tra il 1495 e il 1500 si data una delle raffigurazioni più celebri legate al mito di Cefalo e Procri: si tratta della Morte di Procri o Satiro in lutto su una ninfa di Piero di Cosimo, oggigiorno conservata presso la National Gallery di Londra. In primo piano si osservano i tre protagonisti: a sinistra un fauno, al centro una figura femminile (Procri?) e a destra un cane che partecipa emotivamente alla scena. Il fauno è inginocchiato accanto al corpo inerme della fanciulla e la osserva con contenuta, ma sentita compassione. Procri (?) è distesa su un manto erboso e ha gli occhi chiusi e la bocca serrata, dettagli che assieme alle ferite riportate sul suo braccio sinistro e alla gola, ci fanno prendere coscienza che non stia dormendo, bensì che sia priva di vita. Sullo sfondo si intravedono altri animali: tre segugi, degli aironi (uccelli che secondo il pensiero di Plinio il Vecchio piangevano di dolore come gli esseri umani) e un pellicano (simbolo di sacrificio). Più in lontananza si scorgono anche uno specchio d’acqua e delle lingue di terra di colore bluastro. Il soggetto dell’opera, però, è tuttora piuttosto controverso in quanto la soluzione adottata da Piero di Cosimo differisce notevolmente dalla tradizione iconografica precedente. Vari sono gli elementi in disaccordo con la versione del mito di Cefalo e Procri narrata nelle Metamorfosi di Ovidio. In primis, il tragico epilogo del racconto vede qui un cambio di protagonisti; la figura di Cefalo viene sostituita da quella del fauno (personaggio presente, ad esempio, nella Fabula de Cefalo di Niccolò da Correggio in cui la storia di Cefalo e Procri viene narrata sottoforma di dramma pastorale suddiviso in cinque atti, ma anche in questa variante è Cefalo che compiange la moglie morente e non il satiro!). Inoltre, la ferita di Procri (?) non è nel petto come riporta la fonte ovidiana, ma alla gola. Le testimonianze artistiche medievali attualmente note permettono di constatare che, in realtà, il ferimento di Procri alla gola compariva già in due illustrazioni, in una miniatura del XV secolo conservata presso la Bibliothèque Nationale di Parigi e in una xilografia acquerellata del 1473 posta all’interno di una traduzione tedesca del De mulieribus claris di Bocacccio. Manca però l’arma con il quale Cefalo ha ucciso accidentalmente la moglie, la lancia o la freccia e la scena non è ambientata in un bosco, ma sulla riva di un lago/mare. Inoltre, il cane (Lelape?) non dovrebbe partecipare al compianto della morte di Procri perché prima della tragica conclusione del mito, Ovidio narra che Lelape venne trasformato in pietra durante la caccia alla volpe Teumessia. Dunque, la manifestazione di elementi soltanto parzialmente congrui alle fonti letterarie di riferimento ha portato la critica a ipotizzare che l’opera di Piero di Cosimo potrebbe non raffigurare la morte di Procri, ma la morte di una generica ninfa. Pertanto, alla National Gallery di Londra il presente olio su tavola è attualmente accompagnato dal titolo Satiro in lutto su una ninfa. Ma a sostegno della sua interpretazione come Morte di Procri, Lavin ha ricordato il forte interesse di Piero di Cosimo per la pittura nordica sostenendo che il pittore possa aver ripreso la posa della fanciulla da una miniatura del 1460 custodita a Erlangen, raffigurante la morte di Procri. Data l’incertezza interpretativa dell’opera, però, sono stati condotti studi più approfonditi attraverso la tecnica riflettografica a infrarossi che ha così rivelato svariati ripensamenti dell’artista durante la fase di esecuzione della tavola. La differenza più significativa riguarda l’originaria presenza di una faretra accompagnata da una freccia accanto al capo della protagonista. È possibile così ipotizzare che Piero di Cosimo possa aver tratto ispirazione dall’opera di Niccolò da Correggio (testo in cui, contrariamente ad Ovidio, l’autore parla di dardo e non di giavellotto) e che abbia poi dato vita a un’originale rielaborazione dell’infausta conclusione del mito.
Dato il formato, probabilmente il presente pannello faceva parte della decorazione di un cassone nuziale: in effetti, la morale insita nella fabula di Cefalo e Procri che va a condannare l’infedeltà coniugale, ben si adattava a fungere da monito per novelli sposi. Tuttavia, la tavola oltre a destare ancor oggi notevoli difficoltà interpretative manca di documenti riguardanti l’originario proprietario che avrebbero sicuramente chiarito non solo l’identificazione del soggetto, ma anche la sua destinazione d’uso. Immagini tratte da: www.abellarte.com Wikipedia, pubblico dominio, voce: Morte di Procri Wikipedia, pubblico dominio, voce: Morte di Procri www.warburg.sas.ac.uk www.iconos.it www.iconos.it
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Gennaio 2022
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