Il 17 Marzo 2011, in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia, venne riportata nella nostra penisola la cosiddetta Venere di Morgantina, statua creata in Sicilia alla fine del V sec.a.C.
Occorre precisare che tale capolavoro è erroneamente chiamato “Venere”, infatti gli studiosi ritengono, oggi, che si tratti di Demetra o Kore. Prima di raccontare la sua storia, lunga e ricca di colpi di scena, è doveroso fornire qualche informazione sulla sua genesi. La statua è alta 2,37 m e pesa seicento chili. L’artista che la elaborò, probabilmente un allievo di Fidia, chiamato in Sicilia, utilizzò per il corpo finissima pietra calcarea, mentre per le estremità (mani, testa e piedi) il nobilissimo marmo pario proveniente dall’isola greca. Oggi permangono lungo il corpo piccolissime tracce di colore: rosso, blu e rosa. Il panneggio ben realizzato, anche nella parte posteriore, ha portato gli archeologi a pensare che la statua, in antico, dovesse essere posta su di un piedistallo e visibile a tutto tondo.
Oggi si può ammirare al Museo Archeologico di Aidone, in provincia di Enna, ma la sua collocazione non è stata sempre questa.
Non sappiamo nulla di certo intorno alla data precisa della sua scoperta, ma si sa che venne trafugata, con scavi clandestini, dal sito di Morgantina (Enna). Nel 1986 la statua compare in Svizzera in possesso di un tale Renzo Canavesi, tabaccaio, pseudo-collezionista e ricettatore. Renzo Canavesi, nel 1988, vendette la statua a un londinese di nome Robin Symes per 400.000 mila dollari. Costui la rivendette al Jean Paul Getty Museum, museo americano situato a Los Angeles, per 10 milioni di dollari. L’acquisto venne ultimato allorché il Ministero dei Beni Culturali Italiano assicurò che l’opera non era stata trafugata dall’Italia. La vicenda prese un'altra piega quando, nel mese di Luglio del 1988, Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum di New York, rivelò che era a conoscenza del fatto che l’opera conservata al Getty Museum proveniva dal sito archeologico di Morgantina. Dopo tali rivelazioni, la procura di Enna diede inizio alle indagini. Dagli ambienti dei tombaroli locali emerse la notizia secondo la quale alla fine degli ’70, con alcuni scavi clandestini, venne trovata presso il sito di Morgantina, un’area sacra da cui erano state trafugate due statue. A questo punto non era impossibile pensare che anche una terza fosse stata trafugata dalla stessa area. Attraverso analisi petrografiche si arrivò alla conclusione che per il corpo della “Venere” era stata utilizzata una pietra propria della Sicilia orientale. Il Getty prese atto dell’analisi petrografica effettuata, ma si difese sostenendo che Renzo Canavesi l’aveva avuta in eredità dal padre. Il processo ai danni di Renzo Canavesi si concluse nel 2001 con una condanna a due anni di reclusione e il pagamento di un’ammenda pari a 40 miliardi di vecchie lire. Nel 2005 il Getty Museum, a causa del processo che stava per iniziare a Roma (processo dovuto ad alcune indagini della procura di Roma sul sistema attraverso il quale i musei americani erano entrati in possesso delle opere antiche) e a causa della pressione dell’opinione pubblica decise di accettare la richiesta di rimpatrio della statua. Nel 2007 il direttore del Getty, Michael Brend, firmò il documento con il quale si sancì la resa dell’opera all’Italia.
Sitografia:
http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/deadimorgantina/lastoria.html http://www.psicosintesi.it/
Immagini da:
- Wikipedia ita, Sailko, CC BY-SA 3.0, voce: dea di Morgantina - www.antikitera.net
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Gennaio 2022
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