Per il nostro viaggio alla scoperta dell’ultima delle sette meraviglie del mondo antico partiamo da Pella, capitale del regno macedone: è una notte di luglio del 356 a.C. e la regina Olimpias, moglie di Filippo II, sta mettendo alla luce colui che sarà ricordato come uno dei più grandi condottieri mai esistiti, Alessandro il Grande. Secondo la leggenda persino la dea Artemide, protettrice delle partorienti, sarebbe impegnata ad assisterla. Nello stesso momento, a centinaia di chilometri di distanza, un pastore di nome Herastratos, per il solo motivo di essere ricordato dalle generazioni future, appicca il fuoco ad uno dei santuari più venerati del mondo antico, l’Artemision di Efeso.
Le prime tracce di questo luogo di culto risalgono all’VIII secolo a.C. e sono rappresentate da due semplici piattaforme, una per la statua della dea ed una, più bassa, utilizzata probabilmente come altare. In una seconda fase le due strutture vengono unite all’interno di una prima semplice costruzione per poi trasformarsi, in una fase avanzata, in un tempio cosiddetto in antis, cioè con i muri della cella che, prolungandosi, vanno a creare uno spazio di rispetto davanti all’ingresso. Le dimensioni di questo primo tempio sono notevoli, 31x16 metri, con una fila di pilastri centrali per sorreggere il tetto in paglia a doppio spiovente e, forse, un colonnato esterno (peristasi).
Si giunge così al VI secolo a.C. quando Creso, re della Lidia, promuove la costruzione di un nuovo luogo di culto, dedicato alla dea Artemide, al posto del precedente tempio: il nuovo edificio si distingueva per le dimensioni monumentali, 115x55 metri, e per la grande maestria costruttiva. Il progetto fu affidato all’architetto Chersifrone di Cnosso, che si ispirò al gigantesco Heraion di Samo costruito da Theodorus.
Questo tempio rimase intatto sino al 356 a.C., anno in cui, come si è detto, tale Herastratos ne provocò la distruzione. Alessandro stesso si propose di finanziare la ricostruzione ma giunto alla città, una volta sconfitto l’esercito persiano al Granico nel 334 a.C., constatò che le autorità cittadine avevano già avviato i lavori. Plinio il Vecchio ce ne parla, riferendo che i lavori per la costruzione del nuovo tempio durarono circa 120 anni e, poiché edificato in zona alluvionale, venne realizzato un ingegnoso sistema di fondamenta per evitare che le scosse sismiche potessero danneggiarlo: venne infatti fatta scavare una enorme fossa il cui fondo fu ricoperto di pezzi di carbone e vello di pecora, in modo tale che l’edificio, in caso di terremoto, slittasse su questa base. Tale idea è riconosciuta come la prima forma di architettura antisismica nella storia. Il nuovo tempio differiva dal precedente non solo per la decorazione in stile tardo classico (il precedente era in stile arcaico), ma anche per la presenza di dieci gradini di accesso che innalzavano la struttura di 3 metri rispetto al terreno circostante.
Le colonne, in stile ionico alte circa 18 metri, avevano basi riccamente decorate con figure a grandezza naturale: un esemplare è conservato al British Museum e riproduce Hermes psicopompo (accompagnatore delle anime) e un giovane con calzari alati e spada al fianco. Plinio ci dice che a tale opera partecipò persino il grande artista Skopas, lo stesso che abbiamo già incontrato nella realizzazione dei cicli figurativi del Mausoleo di Alicarnasso.
La dea venerata era appunto Artemide, sorella di Apollo e figlia di Zeus e Leto. Nota come dea vergine, signora degli animali, dea della caccia e della foresta, personificazione della Luna e protettrice delle partorienti, Artemide appare generalmente raffigurata come una giovane fanciulla dal corpo atletico e ben proporzionato, spesso dotata di arco e frecce. La statua di culto presente all’interno dell’Artemision proponeva invece un’iconografia differente: la dea, in posizione stante con le mani aperte in segno di accogliere i fedeli, indossava il tipico copricapo orientale (polos) ed aveva il corpo coperto da un lungo peplo riccamente decorato con protomi taurine; il petto era coperto da numerosi testicoli di tori, simbolo di fertilità. Probabilmente la statua di Efeso trae le sue origini da un antichissimo idolo origine asiatica, successivamente assimilato ad Artemide.
L’Artemision di Efeso superò i secoli arrivando sino al 262 d.C. e alla prima distruzione ad opera degli Ostrogoti scesi in Asia Minore per saccheggiarne le ricche città costiere. Il colpo di grazia venne però inferto da Teodosio, quando il cristianesimo divenne religione di stato ed i culti pagani vennero vietati (318 d.C.) e da Teodosio II nel 435 d.C., il quale ordinò che tutti i templi pagani venissero distrutti.
Oggigiorno della selva di 110 fusti in marmo che circondavano il tempio resta solo una colonna, muta sentinella a guardia del luogo che un tempo accoglieva una delle sette meraviglie del mondo antico.
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Immagini tratte da:
ricostruzione miniatura del tempio, da Wikipedia Italia, Di Zee Prime at cs.wikipedia, CC BY-SA 3.0, voce “Tempio di Artemide (Efeso)” pianta del tempio, da Wikipedia Italia, Di John Turtle Wood - http://online.mq.edu.au/pub/ACANSCAE/chapters/chapter09.htm, Pubblico dominio, voce “Tempio di Artemide (Efeso)” Tesoro degli Ateniesi, da ancient.eu, voce "Treasury of The Athenians, Delphi" modellino frontale, da Wikipedia Italia, By © José Luiz Bernardes Ribeiro /, CC BY-SA 3.0, voce “Tempio di Artemide (Efeso)” colonna, da Wikipedia Italia, Di Nordisk familjebok (1907), vol.6, p.1397 [1], Pubblico dominio, voce “Tempio di Artemide (Efeso)” base della colonna, da Wikipedia Inglese, di Sconosciuto - Twospoonfuls (2008), GFDL, voce “Temple of Artemis” statua della dea (disegno), da Wikipedia Inglese, CC BY-SA 3.0, voce “Temple of Artemis” statua della dea, da Wikipedia Italia, Di Lutz Langer - Opera propria, CC BY-SA 3.0, voce “Artemide” Artemide, da ancient.eu voce “Artemis” resti attuali, da Wikipedia Inglese, By Adam Carr at the English language Wikipedia, CC BY-SA 3.0, voce “Temple of Artemis”
1 Commento
María Delgado
11/11/2019 11:22:20
Il commento è esatto,pur essendo breve racconta quello che è essenziale; va ringraziata la rivelazione delle fonte delle foto
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