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15/5/2018

Museo Giorgio Kienerk: con tutto l’amore di una figlia per il proprio “babbo”

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di Olga Caetani
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Anni Venti del secolo scorso. Dall'alto delle dolci acclività delle colline pisane, gli antichi poderi sorvegliano, al ritmo delle stagioni, i loro campi verdi, bruni e dorati dal sole. Tra loro, non lontano dal piccolo borgo medievale di Fauglia, presso la località di Poggio alla Farnia, vi è la villa di campagna nella quale il pittore fiorentino Giorgio Kienerk (1869-1948) trascorre le sospirate vacanze estive, dopo i lunghi e freddi inverni dell'insegnamento e dell'incarico, di tanto in tanto un po' tedioso, di Direttore della Civica Scuola di Pittura di Pavia. Qui può ritrovare la naturalezza e la gioia spontanea date dalla pittura giovanile en plein air, quando, al seguito del celebre maestro Telemaco Signorini, si avventurava tra i paesaggi toscani per riempire di schizzi e “macchie” infiniti taccuini.
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G. Kienerk, Autoritratto, 1887, olio su tela
Ormai lontano dai fervori giovanili, con i quali si era imposto nel panorama artistico internazionale, tesi verso un costante e ansioso aggiornamento del proprio linguaggio stilistico, mediante ritratti e opere grafiche e scultoree dal gusto squisitamente liberty e simbolista, Kienerk vive momenti di rinnovato e spensierato slancio pittorico, circondato com'è dai calorosi affetti familiari. L'amata moglie Margherita Marcacci, di origini pisane, gli aveva portato in dote la villa, nel 1919, e l'anno successivo aveva dato alla luce la loro unica figlia, Vittoria.
Come per un album fotografico, il padre segue puntualmente ogni fase della crescita della bambina, ritratta con luminose e materiche pennellate divisioniste e macchiaiole mentre sembra canticchiare tra sé il motivo di una filastrocca, mentre gioca a imitare la madre con un panno al lavatoio, oppure mentre è impegnata nella lettura dei primi libri. ​
Dagli occhi blu quasi assenti in profil perdu, distratti o intenti in qualche altra attività infantile, con la pezzuola in testa o calzando un cappello di paglia, nel giro di un brevissimo scarto di tempo, dal 1934 al 1937, lo sguardo di Vittoria diventa quello magnetico e profondo di una donna di soli diciassette anni, che, tuttavia, nella compostezza e serietà richieste a tutte le fanciulle di famiglia borghese dell'epoca e sottolineate dall'acconciatura, ora raffinata e à la mode, comunica una maturità pienamente adulta, età quest’ultima raggiunta tutta d'un tratto, dinanzi all'implacabile premessa che portò di lì a poco al sopraggiungere del secondo conflitto mondiale. ​
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G. Kienerk, Ritratto della Vittoria, 1937 pastello su carta
2002. Vittoria Kienerk, divenuta docente di Storia dell’arte al liceo, porta sempre con sé il caro ricordo del padre pittore, seguito con curiosità e orgogliosa ammirazione nelle afose giornate d’agosto per le “viottole” polverose della campagna faugliese. Nei momenti in cui non era sottoposta alle lunghe e scomode sedute di posa, la bambina gioiva nell’osservare il “babbo” dipingere, conservando il ricordo dettagliato delle tecniche e della tavolozza, dei pennelli, dei tubetti di colore utilizzati. Molte delle opere del padre sono già esposte – o relegate nei depositi in attesa di una sistemazione migliore - in prestigiose sedi museali, come la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, accanto a Fattori, Signorini, all’amico Plinio Nomellini. C’è, tuttavia, l’urgenza di rendere più degno omaggio alla memoria del pittore toscano, così intimamente legato alla terra nella quale aveva trascorso i momenti più limpidi e sereni della sua carriera. Vittoria decide così di effettuare una donazione in vita delle opere del padre in suo possesso all’Amministrazione Comunale di Fauglia, potendo porre il proprio veto sul destino della loro collocazione definitiva. L’Amministrazione si muove allora con estrema sollecitazione nel reperire fondi presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, da impiegare nella ristrutturazione dei locali delle ex-carceri ottocentesche, adiacenti al palazzo del Comune. Sei anni dopo, il Museo Giorgio Kienerk apre le sue porte al pubblico: il logo scelto per identificarlo è il monogramma della firma dell’artista, di sua stessa ideazione. Vittoria scompare nel 2013, dopo aver lasciato alla collettività la possibilità di fruire di un’eredità inestimabile. L’affascinate pastello, che magistralmente la restituiva in tutta la sua bellezza, è divenuto simbolo e cuore del percorso museale, conservato al fianco di un autoritratto in età avanzata del padre, che gli fa da pendant. ​
Oggi. Dieci anni dopo l’inaugurazione del Museo, esso si presenta come una fucina inesauribile di iniziative e attività, volte all’arricchimento culturale della collettività. Laboratori didattici per le scuole e le famiglie, visite guidate, mostre temporanee, adesione alle varie iniziative ministeriali animano costantemente questa preziosa realtà per il territorio. In tempi recentissimi, non soltanto è stata portata a termine la lunga e attenta opera di catalogazione dell’intera collezione Kienerk, presso l’ICCD, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, ma il Museo è anche entrato a far parte dell’Associazione Nazionale Piccoli Musei (APM), traguardi che attualmente, nel nostro paese, sempre meno istituzioni culturali, spesso abbandonate a se stesse, sono in grado di raggiungere.

Immagini tratte da:

​www.comune.fauglia.pi.it
www.facebook.com
www.lakinzica.it
www.tripadvisor.it
www.libertaearte.com
www.marte5.com

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