Nel lontano 16 maggio 1898 nacque a Varsavia una donna destinata a lasciare un’impronta estremamente decisiva e duratura nel panorama artistico di inizio Novecento. Stiamo parlando di Tamara Rosalia Gurwik, meglio nota come Tamara de Lempicka.
Tamara de Lempicka trascorse i primi anni di vita insieme alla madre e ai fratelli poiché il padre la abbandonò quando era ancora una bambina. Fondamentali furono l’affetto e il sostegno della nonna Clementine. Grazie a lei, infatti, frequentò il prestigioso Collegio Polacco di Rydzyna e la Villa Claire di Losanna, in Svizzera. Nel 1907 ancora in compagnia della nonna Clementine, Tamara de Lempicka compì il suo primo viaggio in Italia manifestando così la sua sfrenata passione per la pittura. Con la morte dell’amorevole nonna, a solo 18 anni la futura pittrice si trasferisce a San Pietroburgo dove per la prima volta le viene commissionato un ritratto. Successivamente, a causa del clima di tensione alimentato dalla Rivoluzione Russa del 1918, Tamara de Lempicka si trasferì a Parigi dove, insieme al marito, iniziò a frequentare i salotti dell’alta società. All’età di 24 anni, invece, partecipò alla sua prima esposizione al Salon d’Automne (un’esposizione di opere d’arte che si tiene annualmente a Parigi) che le permise di affermarsi nelle vesti di ritrattista. I protagonisti delle sue tele erano per lo più celebri donne parigine; donne irraggiungibili, tanto raffinate quanto malinconiche. Al 1925 risale la Danzatrice russa, un’opera che, di fatto, presenta un’elegante figura femminile colta in un momento di riflessione.
Lo sguardo rivolto alla destra dello spettatore allude, infatti, a un istante in cui la donna è totalmente assorta nei suoi pensieri.
Ben presto la pittrice di origine polacca, però, precipitò nel vortice dei vizi e dell’eccentricità della vita mondana. Si circondò di amanti, cominciò a fare uso di sostanze stupefacenti e frequentò gli ambienti più in voga dell’epoca. Tuttavia, la vita mondana divenne motivo di forte stimolo per l’attività pittorica di Tamara de Lempicka. Negli anni Trenta del Novecento la sua fama è ormai universale; numerosi, infatti, furono i viaggi in Europa e ricorrenti furono le mostre che portavano la sua firma. Di questo fertile periodo si ricorda il celeberrimo Autoritratto nella Bugatti verde (1932).
Si tratta di un olio su tavola commissionato per la copertina della rivista di moda Die Dame e attualmente riconosciuto come il capolavoro più rappresentativo e noto di Tamara de Lempicka. La pittrice si raffigura nelle vesti di una femme fatale. Una bellissima donna che con la sensualità dello sguardo e la cura del vestiario è capace di ammaliare un uomo in un istante. Altro elemento che esprime il legame con la moda del tempo è, indubbiamente, l’automobile, oggetto che a partire dall’estetica avanguardistica dei Futuristi fu in grado di suscitare il medesimo fascino di una donna.
Dal punto di vista pittorico, invece, i colori sono vivaci e le linee nette e decise. Con l’avvicinarsi degli anni ’40, però, la sua notorietà andò offuscandosi a causa di una grave depressione. Di questi anni rimembriamo La fuga, un’opera attualmente custodita al Musée des Beaux-Arts di Nantes che rimanda ai tragici eventi generati in Europa dal Nazismo.
Il soggetto, infatti, è una tenera madre che con il proprio bambino tra le braccia mostra sul volto i segni della disperazione e della paura.
Nonostante ciò un’ulteriore svolta si presentò nel 1943 quando si trasferì negli Stati Uniti per ritrovare quella pace ormai smarrita. Qui, infatti, trovò nuovamente la sua meritata fama e la sua serenità. La vita di Tamara de Lempicka si concluse nel marzo del 1980 in Messico; per sua volontà il corpo venne cremato e le sue ceneri furono sparse sul vulcano Popocatepeti. Foto tratte da: www.delempicka.org www.inturintoday.com www.artesplorando.it www.caffetteriadellemore.forumcommunity.net
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Marzo 2021
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