Max Papeschi, Kim Jong-Un e la caricatura di un dittatore ![]() Ne Il grande dittatore, Charlie Chaplin, attraverso le strampalate peripezie del dittatore Adenoyd Hynkel, führer della fantomatica Taomania, riuscì a confezionare la più riuscita delle parodie in ambito cinematografico di Adolf Hitler, della Germania nazista e indirettamente di tutti i totalitarismi allora (il film è del 1940) tragicamente in essere. Il capolavoro di Chaplin, che valse al suo autore ben cinque candidature all'Oscar tra cui miglior film e miglior attore protagonista, è prova di quanto l'arte, nei suoi vari linguaggi e nelle sue innumerevoli manifestazioni, attraverso i meccanismi a lei congeniali della satira sociopolitica e della parodia possa sfaldare e sgretolare qualsiasi forma degenerata e perversa di autorità che vada a ledere o sopprimere i diritti e le libertà fondamentali dell'essere umano. L'arte contemporanea, vitale, muscolare, energicamente militante, attivamente schierata in difesa della libertà d'espressione e di manifestazione del pensiero, costantemente in lotta contro ogni forma di tirannia e di dispotismo, non si sottrae a questa riflessione sul potere, ma anzi, gioca a corroderne le basi, a demistificarne i meccanismi di fondo, a metterne alla berlina gli aspetti più grotteschi e appariscenti. ![]() E di grottesco, di goffo, di ridicolo e di triviale, la dittatura del leader nordcoreano Kim Jong-Un ne ha in misura tale da trasformarsi suo malgrado in uno dei bersagli prediletti dell'arte di Max Papeschi, celebre per il suo lavoro di decostruzione delle icone e dei miti pop della cultura americana, da Ronald McDonald a Mickey Mouse, ritratti nella loro vera natura di anestetici, di sedativi per la coscienza delle masse, di festosi e coloratissimi schermi agli orrori perpetrati dal governo a stelle e strisce. Papeschi, dopo aver tappezzato nei mesi scorsi Milano di bizzarri manifesti con impresso il rubicondo faccione del leader supremo nordcoreano e il monito, minaccioso e irreale, The leader is coming o Follow the leader, solo da qualche giorno ci ha svelato la natura del suo progetto, una performance ironica, irriverente, sarcastica e paradossale. ![]() Siamo a Pyongyang, capitale della Corea del Nord, dove l’artista finge d'esser appena stato nominato Ambasciatore del Ministero della Propaganda Sociale e Culturale della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Ad annunciarlo ufficialmente attraverso una nota è Kim Jong-Un in persona. L’artista inaugura così il proprio mandato curando un’esposizione capace di richiamare giganti dell’arte come Marina Abramovic, Banksy, Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Lucio Fontana, Piero Fornasetti, Damien Hirst, Jeff Koons e Andy Warhol e disporli a realizzare versioni dei loro più celebri capolavori in onore del leader e della sua prospera nazione oggetto di calunnie e diffamazioni da parte dell'occidente. Il progetto, dal titolo WELCOME TO NORTH KOREA, mira a promuovere, attraverso una presenza massiccia nelle maggiori piazze italiane e mondiali, le bellezze artistico-culturali e le glorie patrie di una nazione, la Corea del Nord, nota esclusivamente per le stravaganze del suo leader. L'idea, deliberatamente provocatoria e sarcastica, si concretizzerà nell'apertura di temporary stores nei quali sarà venduta ogni sorta di gadget, dagli ordigni nucleari gonfiabili, ai pupazzetti con le fattezze del leader, dalle t-shirt con la facciona del dittatore, ai poster con ogni tipo di slogan (We can be leader just for one day, citando lo Ziggie Sturdust di David Bowie), dai portachiavi, a svariati altri ammennicoli che Papeschi fingerà siano stati prodotti nelle colonie penali nordcoreane. Una risata vi seppellirà, si dice. E vista la suscettibilità del nostro Kim aggiungerei, speriamo non l'artista! Immagini tratte da:
immagini dell'articolo, da www.arte.it immagine di Charlie Chaplin, da www.cinetecadibologna.it
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Gennaio 2022
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