Il verdetto della commissione ha stabilito che non sono state vagliate tutte le opzioni prima dell’intervento armato. Blair: “ho agito in buona fede” Lo scorso mercoledì dalla commissione Chilchot è emersa una verità che già tutti sapevamo ma che ora ha assunto i crismi dell’ufficialità: la guerra in Iraq del 2003 è stata condotta dietro false giustificazioni. Procediamo con ordine. Che cosa è la commissione Chilcot? Nel 2009 l’allora premier britannico Gordon Brown decise di istituire una commissione per valutare motivi e conseguenze della guerra in Iraq tra il 2001 e il 2009. A dirigere la commissione è stato John Chilcot il quale, esaminando tutti i dati a sua disposizione, ha recentemente decretato che l’intervento del marzo del 2003 fu approvato senza vagliare tutte le alternative diplomatiche e pacifiche. Soprattutto Chilcot accusa Tony Blair (premier britannico all’epoca dei fatti) di aver volutamente ingigantito le teorie che sostenevano il possesso da parte di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa. Queste teorie non avevano riscontri, ma furono comunque presentate sulla base di percezioni personali. Non c’erano dunque basi legali solide per l’entrata in guerra della Gran Bretagna. Quello che fa riflettere però è che il rapporto della commissione non solo ritiene inutile l’intervento, ma lo reputa anche fallimentare. Infatti si stima che a perdere la vita furono quasi 200 soldati britannici e 180.000 iracheni (pressoché tutti civili) e, soprattutto, che il duplice obiettivo di stabilire la pace e di limitare al minimo gli attacchi terroristici, non sia stato raggiunto. Anzi al contrario il rapporto sostiene che la guerra ha favorito una certa instabilità nel territorio, contribuendo all’aumento del numero di profughi e favorendo la nascita dello Stato islamico. Appare quindi chiaro come non ci sia stata una minaccia così fondata da giustificare un intervento armato. Allora perché dare il via a questa guerra che ha provocato migliaia di vittime innocenti? La risposta cerca di darla lo stesso Blair giustificando la sua decisione: “il mondo ora è migliore senza Saddam”. Questa risposta non può essere esaustiva, soprattutto non può giustificare un così elevato numero di vittime innocenti. È soltanto perché il rapporto è britannico che non si considerano le colpe dell’altra grande potenza coinvolta nel conflitto, ovvero gli U.S.A. La decisione va ricordato, nasce dall’esigenza da parte degli Stati Uniti di trovare un responsabile dell’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre. Sin da subito Blair dichiarò il suo appoggio a Bush junior, qualunque decisione questi avrebbe voluto prendere a seguito dell’attentato. Purtroppo questa non è la prima volta che si usa un semplice gioco di parole per far orientare l’opinione pubblica a favore di un conflitto e a legittimarlo. Mi riferisco al fatto che troppe volte si è abusato del termine “missione di pace” per avviare un’azione armata che in realtà nasconde interessi geopolitici e non solo. Lo testimonia la presenza prolungata degli eserciti vittoriosi dopo la cattura del dittatore iracheno. Inoltre fu completamente bypassata l’autorità dell’ONU, la quale non ebbe voce in capitolo e non votò alcuna risoluzione che autorizzasse un intervento armato, come accadde in Ruanda o in Jugoslavia (anche se pure questi casi non mancano di contraddizioni e perplessità). Ovviamente la dittatura di Saddam Hussein andava contrastata, ma forse si sarebbero potuti utilizzare altri metodi. Quella della guerra non era “l’ultima opzione”, così come dichiara il rapporto. Tentativi diplomatici e di mediazione avrebbero potuto evitare inutili spargimenti di sangue. Immagini tratte da
- http://www.wallstreetitalia.com/inchiesta-chilcot-oggi-la-verita-blair-rischia-processo-crimini-guerra-iraq/ - http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_06/gb-rapporto-guerra-iraq-intervento-non-era-ultima-opzione-710c50a8-4363-11e6-831b-0b63011f1840.shtml - http://www.giornalenotizie.online/uk-rapporto-chilcot-getta-ombre-blair-sullintervento-iraq/
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Novembre 2020
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