“Mi sono rotto il cazzo della sicurezza come fiera della forca, sarebbe bello bruciassero meno fabbriche e crollassero meno scuole e scippassero più vecchiette” ha scritto Alberto Cazzola, cantante de Lo Stato Sociale. Un verso sarcastico che circoscrive però un problema sentito dalla società moderna, ovvero la sicurezza. O meglio, la percezione della sicurezza. I due concetti divergono in maniera piuttosto netta, specialmente negli ultimi anni. È notizia delle ultime ore che il Questore di Milano Marcello Cardona abbia ammesso di essere sommerso dalle richieste di concessione di porto d’armi, che vengono puntualmente negate. Non è difficile capire il motivo di un numero così alto di cittadini spaventati dall’aumento della criminalità: negli ultimi anni abbiamo assistito a un’esplosione delle notizie di cronaca riprese dai mass media. Notizie crude, bagni di sangue, rapine violente. E poi l’annosa questione della legittima difesa e dei suoi limiti legali, su cui non ci soffermeremo in questa sede ma che costituisce naturale corollario della smania di difendersi in modo sempre più libero, forse fino al punto di offendere. Tuttavia, questa escalation di terrore mediatico si scontra con la realtà e con l’aritmetica. Una rapida occhiata alle statistiche giudiziarie dell’Istat delinea un quadro ben diverso da quello percepito: negli ultimi anni i reati sono costantemente calati. Tra il 2014 e il 2015 (gli ultimi anni per i quali siano disponibili statistiche complessive) sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria circa 200mila reati in meno. Anche i reati che creano più allarme sociale, quali furti e rapine, sono in costante decremento, soprattutto queste ultime. Eppure la sensazione di insicurezza è capillarmente diffusa nella società moderna. Un ruolo enorme è svolto dai social media: il costante profluvio di informazioni microscopiche, vaghe, frammentate, talvolta completamente false aumenta lo scollamento tra quanto percepito e il reale status quo. Tuttavia questo argomento ci porterebbe lontano, a discutere sull’analfabetismo funzionale, che non può essere spiegazione esauriente del problema in oggetto. Argomento più pertinente, invece, che contribuisce ad aumentare una sensazione di scarsa tutela del cittadino, è il funzionamento dell’apparato giudiziario. Secondo una diffusa opinione, suffragata da un recentissimo sondaggio apparso su La Repubblica nelle ultime ore, il sistema giudiziario italiano è visto come scarsamente indipendente: oltre il 60% degl’intervistati lamenta la mancanza di terzietà degli organi giudicanti, e solo il 2% è molto soddisfatto della giustizia (in Danimarca è l’86%, in ossequio all’esterofilia del “fuori è meglio” sempre e comunque). Trattando di sicurezza, circoscriveremo l’analisi al funzionamento del sistema penale. Anche qui, infatti, la popolazione denuncia carenze enormi che non sembrano essere così fondate. Ad esempio siamo portati a pensare che i processi durino troppo: ciò è indiscutibilmente vero nel sistema giudiziario civile e amministrativo, mentre è del tutto falso per ciò che riguarda quello penale. I tre gradi di giudizio si svolgono, in media, in tre anni e mezzo, poco oltre la media europea, equivalente al periodo medio di tempo del solo processo di primo grado nel settore civile. Ciò significa che i reati vengono perseguiti eccome, in barba alla teoria un po’ qualunquista secondo cui nel nostro Paese delinquere conviene. E in barba a chi dice che in galera non ci va mai nessuno: il problema del sovraffollamento carcerario dovrebbe bastare, di per sé, a smentire quest’altro assunto. Anzi, probabilmente nel nostro Paese si va in galera un po’ troppo facilmente: circa un terzo dei detenuti non ha una condanna definitiva ma è in attesa di giudizio. Tutti questi dati messi in fila possono confondere, ma una lettura sistematica ci consente di affermare che il nostro Paese è ben più sicuro di quanto non ci appaia, che delinquere non conviene affatto, che in galera si va eccome, forse addirittura troppo. Le spinte populiste degli ultimi tempi hanno contribuito senza dubbio ad accrescere le paure dei cittadini, sempre più scollati dalla realtà, non solo in tema di sicurezza ma anche di immigrazione; per citare un caso clamoroso, gli extracomunitari nel nostro Paese sono il 5,8% della popolazione ma un sondaggio della Ipsos nel 2016 ha svelato che gli italiani suppongono siano il 30%, ovvero oltre un quintuplo del reale. Il vero dramma, in questo dedalo di numeri e statistiche, è la constatazione che ci si affida più alle notizie apprese di sfuggita in un telegiornale o alle flash news dei social piuttosto che dei propri stessi occhi. La lamentela perenne sta sostituendo il calcio come sport nazionale e stiamo giocando una partita in cui, pur avanti nel punteggio, continuiamo a credere di essere sempre in fondo. Finendo così per starci davvero. Immagine tratta da pinterest.com
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Novembre 2020
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