Venerdì scorso si sono svolte in Marocco le elezioni politiche. Con 125 seggi su 395, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (in francese Parti justice et développement, da cui la sigla PJD) dell’attuale primo ministro Abdelilah Benkirane ha confermato la propria posizione al governo, nonostante i toni molto aspri della campagna elettorale. Il PJD è una lista moderata – potremmo definirla di “centro-destra” – e aveva il suo avversario nel Partito per l’autenticità e la modernità (Parti authenticité et modernité, PAM), dalle posizioni liberali e “di sinistra”, che ha ottenuto 102 seggi.
La vittoria di Benkirane non è stata ampia, anche tenendo conto di un’affluenza pari al 43% del corpo elettorale (costituito in totale da 15,7 milioni di cittadini). Tuttavia, il PJD ha tenuto, il che non era scontato. Cerchiamo di capire perché.
In secondo luogo, entrambi i leader dei partiti in gioco hanno una formazione fortemente movimentista. Ilyas El Omari, segretario del PAM, fu condannato in contumacia a 5 anni di prigione, a seguito di una protesta condotta durante gli anni in cui era studente; fu poi graziato mentre era ancora latitante. Il suo cambio di rotta è reso esplicito dal fatto che il PAM è oggi considerato il partito più vicino alle posizioni del sovrano. I suoi elettori abitano in genere le campagne e sono fedeli alla monarchia, dalla quale ricevono l’inclinazione modernista e liberale. Il programma del PAM è infatti basato sull’allargamento delle libertà individuali, in particolare con la liberalizzazione della cannabis, che è una delle principali coltivazioni del paese, pur essendo formalmente illegale.
Tra gli anni Ottanta e Novanta, Benkirane e i suoi fedelissimi hanno abbandonato la clandestinità e assunto posizioni via via moderate, al punto da raggiungere il governo alle elezioni 2011 (curiosamente con 105 seggi, praticamente gli stessi che hanno ottenuto, perdendo, i suoi avversari del PAM venerdì scorso).
Il bilancio di questi cinque anni di governo islamista moderato è così presentato su Wikipedia:
Nonostante le buone intenzioni, i risultati del governo del PJD sono apparsi insufficienti rispetto alle grandi aspettative che aveva suscitato. Benkirane si è giustificato, affermando di essere ostacolato dai “poteri forti”, che in Marocco hanno persino un termine ufficiale: tahakoum, una via di mezzo tra “forze oscure” e lo “Stato Imperialista delle Multinazionali” di cui parlavano la Brigate Rosse quarant’anni fa (non a caso, il termine è nato nella sinistra marocchina degli anni Settanta). Il suo elettorato, costituito soprattutto dalla classe operaia e dalla classe media delle città, ha evidentemente accolto questa giustificazione, garantendogli altri cinque anni di governo. Saranno sufficienti a scardinare il tahakoum?
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Novembre 2020
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