Questo, com’è logico che sia, è un articolo che non avrei voluto scrivere. Purtroppo però, quanto successo giovedì sera a Nizza merita menzione. E’ il terzo attacco pesante subito dalla Francia nell’ultimo anno e mezzo. Un attacco del tutto inaspettato, che ha coinvolto mezzo mondo, vista la molteplice nazionalità delle decine di vittime e dei feriti. Ma se l’attacco è arrivato, come sempre, all’improvviso, puntuale è stato l’interessamento mediatico che ha coinvolto il paese transalpino e soprattutto la città di Nizza. Le frasi sono le solite, il cordoglio espresso sui social network uguale, un film già visto e rivisto più volte. Se c’è una cosa vera è che, come detto da molti, siamo in guerra. Una guerra contro un nemico invisibile, che si svolge su campi non convenzionali e con armi spesso non convenzionali, e l’attentato che ha visto un tir come “arma”, ne è la dimostrazione. Da lì poi parte la logica domanda. Dov’è che l’occidente ha sbagliato? Tralasciando le questioni geopolitiche che hanno interessato la nostra società negli ultimi dieci anni, cercherò di soffermarmi sul caso francese. La vittima europea designata per gli attacchi nell’ultimo anno e mezzo è rappresentata da un paese in cui la componente islamica rappresenta circa il 9% della popolazione su un totale di 65 milioni di cittadini circa. La maggior parte sono soggetti di seconda o addirittura terza generazione, nati e cresciuti in Francia e provenienti prevalentemente dal Maghreb, soprattutto algerini e tunisini. Questo è il primo elemento su cui dobbiamo soffermarci e riguarda ovviamente il rapporto tra la “Republique” e le sue ex colonie. Spesso umiliate e messe ai margini dell’Impero fino alla seconda guerra mondiale, successivamente abbandonate letteralmente a sé stesse, per finire con i movimenti di liberazione nazionale o di lotta per l’indipendenza con annessa rivoluzione, come nel caso dell’Algeria. Il primo errore si è avuto probabilmente nel momento in cui la Francia, a seguito dell’ottenimento dell’indipendenza dei paesi maghrebini, si è disinteressata della costruzione della macchina statale dei paesi stessi e delle loro economie, mantenendo però una pesante influenza politica nella regione. E’ stata proprio quest’influenza che i francesi hanno continuato a mantenere che ha attirato milioni di immigrati di prima generazione verso il paese d’oltralpe. All’epoca il fondamentalismo religioso non sembrava un problema, erano gli anni del boom economico e la manodopera a basso costo garantita da questi lavoratori consentiva agli industriali una massiccia produzione e ottimi profitti. Gli stessi immigrati erano inizialmente ben lieti di fuggire da miseria e corruzione nei loro paesi per cogliere la propria opportunità in una grande città francese. E’ così che intere periferie si sono riempite di un proletariato estraneo culturalmente e socialmente al resto della società francese, la quale a sua volta, ha preferito spostarsi verso il centro cittadino oppure fuori dalle città in questione. Le periferie si sono quindi unicizzate etnicamente, essendo abitate sempre di più e talvolta quasi esclusivamente da cittadini stranieri. Il secondo errore, forse il più grave, è stata la disattenzione nei confronti delle periferie stesse. Al termine del boom economico, con le tipiche fluttuazioni nei mercati e periodi di recessione, si è infatti avuto un impoverimento generale delle masse popolari radunatesi in questi quartieri, denominati banlieue. Povertà, emarginazione e criminalità hanno iniziato a farli da padrone, determinando quel sottofondo di ostilità nei confronti del governo di Parigi che fa tuttora da nutrimento alle cellule terroristiche radicatesi in queste zone. Zone in alcuni casi completamente fuori dal controllo statale, in cui la stessa polizia fatica ad entrare, enclavi di una subcultura fondamentalista in territorio francese. Il radicamento di cellule terroristiche però non è un fatto del tutto automatico. Com’è possibile che dei ragazzi francesi islamici,frustrati, rabbiosi ed emarginati da uno stato che ritengono inesistente siano entrati in contatto con il mondo jihadista? La risposta non può essere certa. In primo luogo troviamo sicuramente la curiosità che i filmati di propaganda dell’ISIS suscitano in menti deboli e culturalmente poco aperte, che li porta ad informarsi su internet e successivamente, tramite Facebook o Whatsapp ad entrare in contatto con dei reclutatori locali. Dall’altra abbiamo però gli effetti devastanti della predicazione wahabita praticata in molte scuole islamiche, o madrasse francesi. Queste rappresentano veri e propri nuclei di aggregazione dell’estremismo, “provider” di una rete di istruzione parallela e conflittuale a quella garantita dallo stato. L’eccessiva tolleranza mostrata dal governo francese nei confronti dell’apertura di questi centri, spesso finanziati dall’Arabia Saudita (sedicente alleato occidentale), sono ulteriore dimostrazione di quanto la lassità mostrata negli ultimi decenni si ripercuota ora all’interno dell’Europa. La Francia si trova scossa a partire quindi dalle fondamenta, e a farne le spese è anche il presidente Hollande, forse più vittima che responsabile della sua inconmpetenza. Confuso, con la fiducia ormai rasoterra, si trova a dover gestire una situazione più grande di lui, che grande non è. Oggettivamente il povero Hollande non è un Mitterrand, per nominare il suo predecessore socialista, ma nemmeno uno Chirac, e forse addirittura peggio del già pessimo Sarkozy. Roba che i nostri politici non sembrano neanche così male al confronto. Partito con ambizioni postimperialiste nel 2012, con il tentativo di destituire Gheddafi in Libia, iniziato da Sarkozy, e iniziare una sorta di ricostruzione della Grandeur francese, il “piccolo Napoleone” si è ritrovato impantanato nei suoi stessi errori in politica estera, causando addirittura frizioni con Washington, alleato storico. Dopo aver infatti consegnato la Libia all’anarchia, le mire si sono rivolte verso la Siria, con la pesante minaccia di bombardare Assad e fornire aiuto ai ribelli moderati, ammesso che ce ne siano, favorendo in questo modo indirettamente l’ISIS. Il tentativo francese di sconfiggere Assad non ha fatto altro che favorire infatti la fuga di molti radicalizzati islamici dalle periferie francesi verso la Siria, e da lì tornati in patria, addestrati alle armi, con collegamenti con lo Stato Islamico e pronti all’azione. Ultimamente si sommano anche i problemi interni, vista una pessima riforma del lavoro di stampo liberista, che con il socialismo non ha niente a che vedere, che non ha fatto altro che erodergli il poco consenso rimastogli. Ma il lascito più grande dell’inetto Hollande può far precipitare la situazione nel Vecchio Continente e portare addirittura al disfacimento dell’Europa. Il prossim’anno si vota, e per ora sembra che il Presidente abbia steso un tappeto rosso alla Le Pen…che succederà se la leader del Front National dovesse vincere? Imagini tartte da:
- prima, http://blogs.ft.com/the-world/files/2014/04/mas_hollandeStress.jpg - seconda, del Fatto Quotidiano. - terza, di sinistraeuropea.it
1 Commento
Domiziana
19/7/2016 14:02:19
Punto di vista interessani, grazie!
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