Per quanto paese molto vicino a noi in termini geografici, una caratteristica importante, ma poco conosciuta, della Spagna, riguarda la presenza nel paese di molteplici nazionalità. Una di queste, forse la più curiosa in assoluto, è quella relativa ai Paesi Baschi.
Situati nel Nord della Spagna, non lontano dal confine con la Francia, i Paesi Baschi occupano una superficie intorno ai 7000kmq. circa un terzo quindi di quella occupata dalla Toscana. La particolarità della regione è relativa alla sua ampia indipendenza che questa tiene rispetto al governo centrale di Madrid. Dopo il periodo della dittatura franchista, con il ritorno della democrazia, e la promulgazione di una nuova costituzione nel 1978, i Paesi Baschi, o Euskadia in lingua basca, si sono garantiti ampi diritti decisionali. Innanzitutto c’è da notare l’istituzione di un parlamento nazionale nella città di Vitoria-Gasteiz, che possiamo considerare una sorta di capitale basca, anche se la città più grande in termini dimensionali rimane Bilbao. Dall’altra parte è da sottolineare l’istituzione di una propria polizia basca, al pari di quanto succede per esempio in Catalunya, del controllo comunitario nel campo dell’istruzione, ma anche la presenza di un’azienda pubblica televisiva che serve l’intera comunità. Gli elementi in questione, associati ad una forte cultura autonomista propagatasi nel corso degli ultimi secoli, facilitata anche dal mantenimento della lingua autonoma basca, veramente differente dal castigliano parlato in quasi tutto il resto della Spagna, rendono sicuramente più facile l’amalgama sociale che contraddistingue la regione dal resto del paese.
E’ quindi normale che i partiti politici, anche quelli di stampo nazionale come il Partido Popular, o il PSOE, il Partido Socialista Obrero Espaniol, si siano dovuti adeguare alla condizione autonomista dell’Euskadia, da una parte proponendosi alle elezioni locali con versioni basche del proprio nome ufficiale, dall’altra cercando di erodere consenso elettorale ai tradizionali partiti politici che dominano le elezioni per il parlamento nazionale e quello centrale di Madrid.
Del resto i due principali organi partitici sono rappresentati dall’Euzko Alderdi Jeltzalea, il partito nazionalista basco afferente ad un’area di centro-destra e attualmente al governo della comunità dopo il voto del 2012, che lo ha visto prevalere sull’Euskal Herria Bildu, il secondo partito in termini di consenso, afferente al contrario ad un’area di estrema sinistra. Quello che desta attenzione quindi, è la presenza, in una regione di fatto autonoma ma non indipendente, di un sistema politico maturo e altamente differenziato rispetto a quello del resto del paese. I partiti politici locali baschi godono di un ampio consenso elettorale sia da destra che da sinistra e autonomamente prendono decisioni per tutta la nazione, senza doversi necessariamente confrontare con le sedi dei principali partiti di Madrid. In questo caso va a rompersi una sorta di contrapposizione storica che vede la destra tipicamente su posizioni nazionaliste e unitarie, e una sinistra che al contrario sostiene movimenti sociali “di liberazione”, anche indipendentisti. Ed è proprio da destra che sono provenute le lotte più feroci per la completa indipendenza del paese basco. A partire dagli anni ’70 il gruppo terroristico dell’ETA, con attentati di solito dinamitardi, ha diffuso il terrore in tutta la Spagna, nel tentativo di far conoscere all’opinione pubblica spagnola e non solo, la rivendicazione indipendentista della Repubblica Basca. Con lo smantellamento dell’ETA e l’abbandono della lotta armata da parte della stessa, nell’ultimo decennio si è proceduto ad una riappacificazione sociale nella comunità autonoma, fatta di ulteriori concessioni, anche in termini economico-fiscali, che gli sono state garantite dal governo di Madrid.
Di queste è stata l’economia in particolare a beneficiarne, e si nota soprattutto grazie al fatto che il PIL procapite della comunità è mediamente più alto rispetto al resto del paese e lo stesso vale per il tenore di vita degli abitanti. Nel frattempo Bilbao, ma anche altre città come Pamplona, hanno sfruttato questo nuovo clima di apertura, trasformandosi in importanti centri industriali e finanziari, ma anche culturali, grazie a notevoli investimenti per l’abbellimento e la restaurazione dei rispettivi centri storici, ma anche per la fondazione di università e musei.
Insomma, in una situazione, di ampia democrazia ristabilita, di pace sociale e di benessere economico, il Pais Vasco, come viene chiamata la comunità autonoma nel resto della Spagna, non può che rappresentare un centro importante, e un esperimento politico esemplare di “unità nella diversità” che contraddistingue molte regioni del mondo. Gli investimenti in cultura ed istruzione, seguendo anche le direttive di un’Europa (speriamo sempre più) unita faranno il resto nel configurare i Paesi Baschi al centro dell’Europa del XXI secolo.
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