Quanto accaduto in Piazza San Carlo a Torino la sera della finale di Champions League mette a dura prova ogni spiegazione. A 36 ore dall’accaduto ancora non è chiaro quale evento abbia scatenato il panico che ha causato oltre 1500 feriti, tra cui alcuni in gravissime condizioni. La dinamica è ormai nota: qualcosa ha spaventato una parte della folla, sul lato sinistro della piazza, folla che ha iniziato a correre innescando un’immensa reazione a catena. I racconti dei presenti trasudano paura, sgomento: nessun dato utile, però, a segnalare in minima parte cosa abbia causato la stampede all’ombra della Mole. E’ arduo immedesimarsi nei presenti, dal proprio divano con gli occhi sul televisore difficilmente si può capire cosa si provi a ritrovarsi in mezzo a 30mila persone che fuggono senza nessuna direzione, senza nessun motivo. Per questo abbiamo provato a contattare uno dei presenti, L., per avere contezza di come la folla abbia percepito il pericolo. Quello che filtra dal suo racconto, in verità, rende il tutto ancora più inspiegabile. E’ tutto un susseguirsi di “non so perché”. Nessuno sparo, nessuna esplosione, nessun allarme. Solo panico, panico allo stato puro. “Ti passano davanti mille scene”. E corri. “Ho corso più di Higuain durante la partita”. L. era con degli amici nel pieno centro della piazza durante il primo tempo: si è allontanato nell’intervallo per cercare di ricongiungersi con altri amici che sostavano proprio sul lato sinistro della piazza, dunque ha visto da molto vicino quello che è successo (o più correttamente quello che non è successo). Non un rumore, solo panico. E il passaparola irrazionale che riempiva di spiegazioni artificiose ciò che non appariva comprensibile: le versioni dell’accaduto si sprecavano, ma L. – e crediamo migliaia di altri – è riuscito a non attingere alla fonte dell’angoscia ma, pur navigando nel fiume di vetri rotti, ha constatato come il racconto di bombe, mitra, arabi inneggianti allo sterminio dell’Occidente stridesse con la realtà percepita dai suoi sensi: non era dato vedere fumo o fiamme; non era stata udita alcuna esplosione, sparo; l’aria puzzava di gente sudata e non di misture chimiche. Questa semplice evidenza, semplice per chi sta su un divano a mangiare patatine, molto meno per chi aveva un bambino per la mano, ha tranquillizzato i presenti nel giro di alcuni minuti. Sicuramente nei prossimi giorni una spiegazione plausibile a tutto ciò dovrà venire a galla. Magari qualche idiota ha sparato un petardo troppo vicino alla folla e alcuni troppo suggestionabili hanno confuso quel rumore con quello di una bomba; magari qualche idiota si è messo a urlare per il puro gusto di sciacallare sulle tensioni sociali degli ultimi anni. Magari ancora è stato un puro caso che ha ingenerato terrore tra pochi, i quali sono riusciti a sconvolgere una folla di persone che, senza sapere perché, si è trovata suo malgrado a coronare il sogno di ogni terrorista: terrorizzare le masse senza muovere un dito. A Torino, sabato, il terrore ha vinto una partita. Ma d’ora in avanti ogni volta che entreremo in uno stadio, in un aeroporto, ad un concerto, avremo modo di prenderci una giusta rivincita.
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Novembre 2020
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