IL TERMOPOLIO
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30/9/2016

Presentazione 

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Come in ogni taverna che si rispetti, anche nel nostro Termopolio si parla delle cose che accadono nel mondo. Ogni settimana, i nostri avventori possono accedere alla sezione “Attualità” e dare uno sguardo a quanto ci accade attorno. Immaginate questa pagina come una finestra sul mondo, aperta sulle cose che succedono in Italia, in Europa, negli altri continenti. Vedrete scorrere davanti a voi storie, temi e passioni di oggi: non abbiamo la pretesa di fare cronaca, ma l’intenzione e l’auspicio di suscitare interesse sulle pieghe della contemporaneità. Ci occuperemo di piccole storie di grandi uomini e di grandi storie di piccoli uomini, ignorando deliberatamente la logica del “trending topic”, ossia la tendenza all’omologazione degli argomenti, che rende ogni notizia poco più che uno strillo, anziché un’occasione di riflessione. Sedetevi al nostro Termopolio: la vostra dose di attualità è servita ogni lunedì.
                                                                                                                                                Alessandro Ferri

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26/9/2016

La guerra dei giochi

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​di Andrea Petrocca
La bocciatura della candidatura di Roma ai giochi olimpici del 2024 inasprisce la polemica politica sull’amministrazione capitolina.

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Ora è ufficiale. Roma non sarà la quarta città candidata ad ospitare il maggiore evento sportivo internazionale, ovvero le olimpiadi che si terranno nel 2024. Il tutto con buona pace del presidente del CONI Giovanni Malagò e del comitato promotore della candidatura di Roma capeggiato da Luca  Cordero di Montezemolo.
Ovviamente questa decisione non ci coglie impreparati, al contrario. Da tempo conosciamo la posizione del sindaco (o forse sarebbe meglio dire del movimento di cui fa parte) in merito a questa candidatura: sin dalla campagna elettorale infatti, la Raggi si è sempre “schierata” per il no ad una candidatura che, a parer suo, sarebbe servita da pretesto per le lobby delle costruzioni e dei poteri forti.
Ma allora perché tanto stupore e polemica sulla decisione annunciata? Il motivo è da ricercarsi nelle modalità che stanno alla base di questa bocciatura.
Innanzitutto nella conferenza tenuta dal sindaco pentastellato, si è avuta la netta sensazione di riascoltare le stesse parole annunciate qualche giorno prima in un comizio dal capo del movimento Beppe Grillo prima, e da due esponenti del famigerato direttorio, Di Maio (il quale non molto tempo fa sosteneva la candidatura) e Di Battista, poi. Inoltre, il sindaco non si era mai esplicitamente pronunciato, nel tempo intercorso tra la sua elezione e il recente post, in merito al boicottaggio della candidatura. Il tutto dà adito alle supposizioni che vogliono un sindaco non completamente autonomo nell’amministrare.


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Il sindaco, nella suddetta conferenza, ha giustificato la “sua” decisione basandosi su dei numeri rilasciati dall’università di Oxford sugli ultimi eventi olimpionici, evidenziando come le città ospitanti abbiano avuto una netta perdita di denaro che ancora oggi fa segnare rosso il loro bilancio, da Atlanta a Londra, passando per l’eclatante caso Atene.
La risposta del presidente Malagò e di chi sosteneva la candidatura non si è fatta certo attendere, evidenziando come lo studio non tenga conto delle nuove disposizioni del CIO (comitato olimpico internazionale), le quali limitano le costruzioni megalomani del passato e finanziano quasi la metà dei costi necessari per le nuove costruzioni e per i servizi.
Il rifiuto della candidatura di Roma ha contribuito notevolmente ad esasperare i toni polemici sulla conduzione politica, da parte del Movimento 5 Stelle, di una grande città come la capitale. Questo sul rifiuto è solo l’ultimo attacco, in ordine cronologico, nei confronti di un sindaco che a più di tre mesi dalla sua nomina non è stato capace di creare una giunta (tra nomine bocciate dal direttorio e contraddizioni interne).


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Sia ben chiaro, la Raggi ha ereditato un comune al lastrico, ma l’immobilismo di questi tre mesi, addirittura sulla composizione del suo stesso staff, contraddice totalmente quanto paventato in campagna elettorale, facendo nascere il sospetto, nei concittadini, che in realtà sia cambiato ben poco rispetto al passato. Rimanendo in tema campagna elettorale, la Raggi disse che sarebbe stata disposta a indire un referendum per coinvolgere direttamente i cittadini romani sulla candidatura (così come successo ad Amburgo con la vittoria del no), salvo adesso ripensarci e sostenere che la volontà popolare è già stata chiara con la sua elezione.
Alla bocciatura del sindaco hanno fatto seguito una serie di polemiche e danni di natura anche economica. Malagò parla di decisione ingiusta dettata da dati falsi e politiche populiste, Cordero fa riferimento al tradimento nei confronti dei cittadini romani, mentre il premier Renzi coglie la palla al balzo e accusa il movimento di non voler affrontare e risolvere i problemi. A questo si aggiunge la beffa economica. Infatti solo per presentare la candidatura sono stati stanziati 35 milioni di euro di cui 15 già spesi, e proprio questo potrebbe far aprire un contenzioso giudiziario tra CONI e comune di Roma per danno erariale.
Al di là delle promesse non mantenute, che sono un classico politico a cui nemmeno i grillini si sottraggono, appaiano evidenti le difficoltà organizzative di un evento dalla portata internazionale e dalla complessità eccezionale come le olimpiadi, in una città dissestata come Roma. Detto questo si può essere o meno contrari  a questa candidatura e probabilmente è meglio così, ma appare evidente che la motivazione data dal Movimento non possa essere accettata. Una cosa è sostenere l’impossibilità di sostenere una candidatura per via dei costi e degli oneri che superano di gran lunga quello che può permettersi Roma, un'altra è quella di dire che la capitale è vittima di un cancro che è meglio far finta di notare e quindi non affrontare. Questa doveva essere la sfida di un  movimento pronto ad affrontare i problemi e a estirpare un male che il mondo politico classico ha contribuito ad alimentare, ovvero quello delle lobby e dei poteri forti. Quale migliore occasione per far vedere che un'altra politica è possibile, che un'altra Italia è possibile? Ma probabilmente non lo è.
Immagini tratte da
∙ http://roma.fanpage.it/roma-2024-ecco-il-logo-della-candidatura-alle-olimpiadi/
∙http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/22/olimpiadi-roma-2024-fine-di-un-assedio-mediatico-senza-precedenti/3048062/
∙http://sport.ilmessaggero.it/altrisport/indagine_ipsos_tre_italiani_su_quattro_favorevoli_ai_giochi_di_roma_2024-1497611.html

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26/9/2016

Provaci ancora, Jeremy

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Jeremy Corbyn viene rieletto alla segreteria del Labour ad appena un anno dal suo insediamento. Perché è stata necessaria questa riconferma?
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​di Alessandro Ferri
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Sabato scorso si è chiusa – con la rielezione di Jeremy Corbyn alla segreteria – la più grave crisi interna del partito laburista britannico dell’ultimo decennio. Sono lontani i tempi in cui il partito di Tony Blair e Gordon Brown riuscì a vincere tre elezioni politiche consecutive (1997, 2001, 2005), dominando non solo la scena politica inglese, ma l’intero panorama della sinistra mondiale, secondo quella che fu definita la «terza via» tra socialismo e capitalismo. Benché David Cameron, il leader del partito conservatore, abbia dato le dimissioni da premier dopo la sconfitta nel referendum sulla Brexit, un sorpasso dei laburisti sui conservatori pare improbabile. Perché?
Da un lato, l’elettorato britannico pare soddisfatto dell’operato di Theresa May, l’esponente conservatrice che ha sostituito Cameron. La sua volontà di rallentare il più possibile l’uscita dall’Unione Europea, contenendo gli eventuali danni che questa potrebbe causare, ha raccolto grandi consensi in patria, pur irritando Bruxelles. Dall’altro lato, una responsabilità non da poco spetta a Corbyn, amato dagli iscritti ed odiato da molti degli eletti al Labour. Sotto la sua leadership, i due partiti si sono raramente avvicinati, e solo in due occasioni è avvenuto il sorpasso, come si può verificare da questo grafico ricavato dai dati del sito Uk Polling Report.

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Cerchiamo di conoscere Jeremy Corbyn più da vicino. Nato nel 1949, l’attuale leader laburista appartiene anagraficamente alla generazione di Blair e Gordon Brown, ma è arrivato alla guida del partito ad oltre 65 anni (il predecessore, Ed Miliband, ci era riuscito a 41 anni, per capirci). Il pessimo risultato di Miliband alle elezioni 2015, vinte con ampio margine dalla destra, portò gli iscritti al partito laburista a premiare le posizioni “socialiste” di Corbyn, noto per anni di attivismo nelle retrovie del partito. Dichiaratamente contrario all’austerità promossa dal governo conservatore, Corbyn voleva che Tony Blair fosse indagato per aver autorizzato la missione in Iraq e rispolverava la parola “compagni” (comrades). Aveva una visione filo-palestinese della questione mediorientale – quest’anno ha persino rischiato di apparire antisemita – ed era convinto che fosse necessario nazionalizzare i servizi essenziali, a partire dalle ferrovie. Più che uno Tsipras o un Iglesias, le sue posizioni lo avvicinavano a Bernie Sanders, e i continui riferimenti al socialismo (“il nostro paese ha ancora da imparare da Marx”) ne sono una chiara prova.
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Alle primarie del 2015, il 59,5% degli iscritti al partito si lasciò convincere dalla linea sinistrorsa di Corbyn. Molto meno convinti erano i suoi colleghi di partito, che dopo la sconfitta del REMAIN al referendum sulla Brexit hanno approvato in larghissima maggioranza una mozione di sfiducia. Corbyn, infatti, era favorevole alla permanenza nell’Unione Europea, ma non si era impegnato più di tanto nella campagna elettorale. Vuoi perché in fin dei conti era un europeista “tiepido” – l’austerità non rende facile apprezzare l’operato delle istituzioni europee – vuoi perché era consapevole che la permanenza sarebbe stata soprattutto una vittoria di Cameron, ha preferito defilarsi. A quel punto, tutti i suoi nemici interni si sono coalizzati, cercando di ribaltare il voto popolare. Per questo motivo, si sono tenute nelle ultime settimane nuove primarie, che lo hanno visto contrapporsi a Owen Smith, a sua volta esponente della sinistra del partito, ma con posizioni più moderate (la stampa britannica l’ha definita soft left, “sinistra morbida”).
Con 313.209 voti contro 193.222, Corbyn ha decisamente confermato la propria posizione. Questa volta, hanno partecipato alle primarie 80.000 iscritti in più e il suo consenso è persino cresciuto (oltre il 61% dei consensi), il che dimostra che la base ha fiducia nel suo programma. Tuttavia, questa vittoria lascia aperti numerosi problemi.

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«Siamo parte della stessa famiglia laburista, e continuerà ad essere così», scrive il comitato di Corbyn dopo la rielezione
Anzitutto, Corbyn deve riconquistare la fiducia dei parlamentari del suo partito. Se l’80% voleva togliergli la poltrona, appare evidente che c’è qualcosa che non va nel suo modo di rapportarsi agli eletti. Ma questo significa anche che il Labour ha dei grossi problemi di comunicazione fra i suoi livelli: eletti, iscritti e soprattutto elettori. La sinistra ha costituzionalmente fondamento nell’espressione delle esigenze popolari. Se gli iscritti si spostano troppo a destra o a sinistra e non ascoltano più l’elettorato, significa che quel partito è destinato a perdere le elezioni. Se gli eletti non rispettano il mandato degli iscritti, il partito rischia la dissoluzione. Ad oggi questi ingranaggi paiono tutti fuori posto, se guardiamo alla situazione del Labour. Il caso della Scozia – di cui ha già parlato su queste pagine Matteo Leoni – è la dimostrazione di come un consenso saldo, paragonabile a quello del PCI nell’Emilia Romagna di una volta, possa essere perso nel giro di pochi anni, in mancanza di un ascolto attento dei bisogni reali. Ora che è stato riconfermato, Corbyn deve dare una sterzata significativa alle politiche laburiste: in palio non c’è solo la leadership del Regno Unito, ma l’esistenza in vita del Labour.
Fonti e approfondimenti:
  • La notizia riportata dalla Stampa di Torino, http://www.lastampa.it/2016/09/24/esteri/jeremy-corbyn-stato-rieletto-leader-dei-laburisti-lDKkWlC9QJI6oieJuBtGfJ/pagina.html;
  • La «terza via» spiegata bene, https://it.wikipedia.org/wiki/Terza_via;
  • [inglese] i sondaggi inglesi, http://ukpollingreport.co.uk/voting-intention-2;
  • [inglese] Il sito ufficiale di Jeremy Corbyn, http://www.jeremycorbyn.org.uk/;
  • Pillole su Corbyn, dai tempi della prima campagna per la leadership laburista, http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_12/laburisti-corbyn-inghilterra-primarie-316278ac-5920-11e5-bbb0-00ab110201c3.shtml;
  • Quando Corbyn è passato per antisemita, http://www.huffingtonpost.it/2016/04/29/antisemitism-labour_n_9805716.html;
  • L’opinione di Marco Mancassola, http://www.internazionale.it/opinione/marco-mancassola/2016/09/24/primarie-labour-corbyn;
  • [inglese] il programma di Corbyn proposto prima delle ultime primarie: https://www.theguardian.com/politics/2016/aug/04/jeremy-corbyn-10-point-vision-britain-labour-split;
  • [inglese] Lo speciale del Guardian, https://www.theguardian.com/politics/blog/live/2016/sep/24/labour-leadership-election-result-jeremy-corbyn-owen-smith-appeals-for-unity-politics-live?page=with:block-57e65dece4b03598d1ce8274#block-57e65dece4b03598d1ce8274.      
Immagini tratte da:
  • Foto di copertina di paulnew - https://www.flickr.com/photos/paulnew/28243001503, CC BY 2.0
  • L’immagine diffusa dopo la riconferma dal comitato elettorale di Corbyn, https://twitter.com/JeremyCorbyn4PM/status/779670536574107649;
  • Un comizio durante la campagna per le primarie, foto di Tsering Lhamo - Own work, CC BY-SA 3.0.

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23/9/2016

Giancà

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Il 23 Settembre di 31 anni fa  a Napoli, durante un agguato all'interno della sua Mehari verde due sicari ammazzarono a colpi di pistola il ventiseienne giornalista napoletano Giancarlo Siani, primo cronista morto nel nome della giustizia, della libertà d'informazione e della denuncia della delinquenza e della corruzione. Io voglio ricordarlo così, attraverso una fantasiosa immedesimazione nei suoi panni pochi istanti prima di morire. Ciao Giancà.
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di Enrico Esposito

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Io sono Giancarlo Siani, ho 26 anni
e tra poco sto per morire.  Ho detto a                           
Daniela che ora la andavo a prendere per
portarla al concerto di Vasco, ma lei      
probabilmente sa già non sarà così.                                        
Daniela amore e testimone mio.
Testimone della vita a Torre come me.                        
Torre, Torre che Goethe avrebbe voluto
mantenere nello spirito, che in Inghilterra
chiamano la Liverpool del Sud.                                                  
Torre dove ci sono quelle vie                                                 
che io conosco meglio di casa mia.                       
Quelle strade che piangono ancora perchè                               
vedono i buchi dei proiettili nei muri                                              
che tremarono il giorno della strage.      
                       

Come uno squadrone della morte i Nuvoletta
e i compagni loro arrivarono nel paese deserto.              
Tutti erano nel bar a vedere la partita del Napoli                             
E mentre Maradona la buttava dentro con la                             
coscia fabbricata da Dio, scoppiavano i cuori                                 
dei Gionta e della banda loro con i "muschilli" in prima persona.
Nella mia giornata di osservatore acuto                                          
della città, Io vado raccontando la guerra.                                
La guerra che fa scorrere il sangue intorno
all'imperatore, che dal tonno e i capitoni                           
si crede di essere salito in cima alla luna.             
"Si è alzato troppo di culo", e ha sbagliato                                                       
con Lorenzo e Angelo Nuvoletta,                             
e il Bardellino, il Corleonese.                             
Sono loro che mi stanno venendo ad uccidere.                                            
Da tre mesi lo vogliono fare, da quando                   
ho denunciato le loro trame con la polizia.      

                 
Io sono di famiglia benestante, ma a me                   
piace la strada. Anche se ho cominciato l'università, 
la mia testa è sempre stata da un'altra parte.
"L'osservatorio sulla camorra" del mio maestro, Amato Lamberti,,
è la Bibbia mia, mentre i vicoli sporchi, le sirene spiegate 
e i malvagi sono la vita mia. Io mi procuro notizie
col questore, il sindaco e il maresciallo.                  
Ma pure con loro i "muschilli", creature che        
devono ancora nascere, ma portano la cocaina nei calzini. 
Fermo un attimo la macchina e guardo la luna
La luna cantata così bella da Giacomo Leopardi.        
Uno che a Napoli ha trovato la morte, ma pure                 
tanta vita e lì sul terreno terribilmente fertile                 
del Vesuvio ci ha piazzato la nascita della ginestra.    

                               
E ancora risuona:


Or tutto intorno una ruina involve, ove tu siedi, o fior gentile, e quasi i danni altrui commiserando, al cielo di dolcissimo odor mandi un profumo, che il deserto consola. A queste piagge venga colui che d’esaltar con lode il nostro stato ha in uso, e vegga quanto è il gener nostro in cura all’amante natura.(La ginestra – vv. 32 - 41)




Di rovina parlava lui, una rovina che                          
conosciamo pure noi.
Una rovina che ancora molto c'è da sopportare,  
perchè grandi sono le pieghe del male,                                               
gli imbrogli, le mazzette e la falsità.                                            
A partire dal capo del comune, il sindaco,                                    
cogli amici consiglieri e lo spazzino,              
ad arrivare a Roma, Madama e Montecitorio                                
innamorato della Sicilia e delle torri d'avorio.                                    
Io vengo dalla guerra, una guerra grossa                                 
Io sapevo già che poteva far male. Ma io           
non potevo dire di no, io dovevo scoprire,                    
essere un cittadino. Ora stanno arrivando       
attorno alla Mehari i killer. Li vedo, sono due. .                         
Per me non c'è speranza, sto per andarmene.              

                     
Giancarlo Siani, amante della pallavolo e di Vasco Rossi.
Il ragazzo di Daniela e il giornalista nuovo del Mattino.                        
La mosca fastidiosa e l'impiccione con le corna.            
Consegno a voi, giovani di oggi, penna e taccuino

Immagini tratte da:

Immagini 1-2 da www.giancarlosiani.it
Immagine 3 da www.ilpost.it
Immagine 4 da www.vesuviolive.it

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19/9/2016

Morire ai tempi dei Social

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Tiziana, Carolina: quando le parole sono più taglienti di una pietra
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di Eva Dei
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Nei Paesi integralisti islamici le donne possono morire lapidate con pietre, in Italia si muore lapidati dalle parole. Spesso si parla con leggerezza, senza pensare che le parole possono fare male come le azioni, a volte anche di più.
Tiziana Cantone si è impiccata il 13 settembre 2016. Originaria di Napoli, la vita di questa giovane di 31 anni si era trasformata in poco tempo. Cosa l’aveva cambiata? Un video, un banale filmino hard privato che la ragazza aveva registrato con un uomo e che era finito in rete senza il suo consenso. In breve tempo la rete si era nutrita di questo filmino, l’aveva cresciuto, trasformandolo in un mostro: video, pagine sui social network, meme tutto dedicato a Tiziana, tutto per prendersi gioco di lei, per insultarla.
Carolina aveva invece 14 anni quando si è gettata dalla finestra del suo appartamento a Novara. Tutto questo è successo nella notte tra il 4 e il 5 gennaio del 2012, ma perché? Anche in questo caso un video, un filmino infamante girato durante una festa tra “amici” (mai parola fu usata in modo più improprio) in cui girava molto alcool.
Ma questi sono solo due casi di fatti di cronaca che purtroppo in Italia si fanno sempre più comuni. Le vittime non sono certo sempre e solo donne, spesso sono presi di mira anche ragazzi gay, ragazzi portatori di handicap di diverso tipo, o chi semplicemente è giudicato diverso da una società sempre più omologata. Fortunatamente non sempre dobbiamo piangere una morte, ma questo non significa che il bullismo non colpisca, non ferisca, non laceri chi lo subisce.
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In una caccia sfrenata al colpevole, web, giornali, televisione e radio intavolano discussioni infinite che spesso non conducono a nessuna risposta, ma soprattutto a nessun risultato.
Spesso si parla di cyberbullismo e si finisce a lamentarsi di come tutta la tecnologia del nostro secolo sia pericolosa. In effetti lo è, o può esserlo se usata in modo sbagliato. È facile (e stupido) nascondersi dietro un nickname, un profilo social e sparare a zero su una persona, sui suoi errori, sulle sue debolezze, senza conoscerla, senza averla neanche mai vista. E mentre un avvocato in televisione in un noto programma della rete nazionale spiega come sia difficile a livello giuridico stabilire un legame tra l’insulto e il suicidio, forse dovremmo prendere atto del fatto che anche la tecnologia può trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Se non si vuole limitarne la libertà (anche se sarebbe bene ricordare che la libertà di ognuno termina là dove inizia quella di qualcun altro) forse sarebbe il momento di stabilire delle regole d’uso, delle regole che possano comportare anche una sanzione giuridica per chi le infrange.
Ma in tutto questo la cosa più sconfortante è la consapevolezza di un’umanità che sembra sempre meno umana, persone che non sanno più distinguere giusto e sbagliato, scherzo e sopruso, battuta e insulto. Diciassettenni che a Rimini filmano un’amica (per la seconda volta il termine è usato in modo improprio) ubriaca mentre viene violentata, si sentono le loro risate in sottofondo al filmino che inevitabilmente finisce in rete. Questa non è una bravata. Questo è il segnale chiaro e netto che qualcosa non va. L’educazione non deve e non può essere considerato un accessorio, la capacità di riflettere deve essere incentivata e sviluppata. Non si può compiere atti di questo genere con leggerezza, bisognerebbe quantomeno chiederci: “E se dall’altra parte ci fossi io?” E non avere la presunzione di pensare che “a me non sarebbe mai successo, non lo avrei mai fatto, non sarei mai stata così stupida e sconsiderata da ubriacarmi/ da farmi filmare”.

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Questo è un invito a tutti, a chiunque aprendo uno dei social su cui è registrato sia tentato di scrivere un insulto, un commento facile e stupido, sentendosi superiore.
Usiamo la tecnologia, ma in modo intelligente e consapevole, non diventiamo anche noi delle macchine senz’anima.



Immagini tratte da:

Lapidazioni: https://www.facebook.com/agora.fanpage.it/?fref=hovercard
Cyberbullismo: http://ilquotidianoinclasse.quotidiano.net/2015/01/bullovigliacco/

Tastiera: https://zombiemusings.wordpress.com/2014/09/19/why-the-welcome-to-the-internet-defense-of-bullying-is-not-acceptable/

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19/9/2016

Benaltrismo

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di Matteo Leoni

Si trova ovunque, non fa distinzione di ceto sociale o di livello culturale, ma soprattutto è terribilmente sintomatico dei tempi difficili dal punto di vista sociale ed economico che stiamo passando. Sto parlando del benaltrismo. In realtà “benaltrismo”, da ben altro per l’appunto, è un termine nato sul web e che sul web si è diffuso, senza presentare ancora una propria posizione ben definita all’interno della lingua italiana, ma che in ogni caso è assolutamente esplicativo di cosa vuole rappresentare.
Si intende infatti quella tendenza da parte delle persone a trattare ogni problema con la formula del “c’è ben altro a cui pensare…”, come ad indicare una problematica non meglio identificata ma sicuramente degna  di maggiore considerazione rispetto a quella presa  sotto attenzione. Il benaltrismo nella sua accezione più negativa è figlio di una concezione un po’ relativistica e superficiale della società, per non dire prettamente egoistica, che vede nei problemi a noi più vicini una impellenza necessariamente superiore a quelli altrui, al contrario non abbastanza rilevanti dal ricevere l’attenzione delle istutizioni o chi per loro.
Se siano nati prima i problemi, o chi dice che c’è altro a cui porre rimedio non si sa, è come chiedere se sia nato prima l’uovo o la gallina.
E’ così che in un crescendo infinito si va dal classico “perché vi arrabbiate per una partita di calcio quando c’è gente che non ha lavoro?”, classica affermazione incoerente e senza significato preciso volta ad attirare facili consensi, alle più irritanti affermazioni contro personaggi della cultura e della scienza, che dimostrano spesso una scarsa propensione all’informazione e alla conoscenza da parte di chi scrive e da espressione a questi pensieri, di cui il web fa solo da catalizzatore. “Perché spendere soldi per una missione nello spazio se c’è gente che muore di fame?”. Sì…ho letto e continuo a leggere e sentire numerosi commenti come questo ad ogni articolo relativo ad importanti ricerche o scoperte scientifiche, i cui autori probabilmente non sono a conoscenza dell’aiuto che la ricerca spaziale, tanto per fare un esempio, ci ha dato e ci sta dando nelle nostre vite di tutti i giorni in tutti i campi.

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Il problema rimane quello, anzi…il problema non esiste proprio in quanto è sempre altro, che sia la disoccupazione, la guerra o qualsivoglia imprecisata vicissitudine che riguarda il nostro pianeta.
Attirare sterile consenso, ignoranza, far scoppiare una polemica, attirare l’attenzione oppure semplicemente dar sfogo alla propria frustrazione. Le uniche spiegazioni per questo fenomeno così fastidioso e irritante non possono che essere queste. Non c’è motivo per cui una persona normale non possa pensare che un individuo oltre ad occuparsi di tifare per una squadra non possa preoccuparsi della disoccupazione giovanile, oppure  essere disgustato all’idea che nel mondo ci sia gente che muore a causa della guerra. Derivano da tutto questo facili e superficiali giudizi, magari espressi dalle stesse persone così preoccupate dei problemi che elencano da non andare a votare perché i politici sono tutti uguali.
E sono proprio gli stessi soggetti politici ed istituzionali le ultime vittime o protagonisti che dir si voglia di questo fenomeno. In particolare è vergognoso che soggetti eletti, come la Lega Nord, e talvolta il M5S, cavalchino ondate di pensiero così scontate e inutili, rilanciando in alcuni casi messaggi semplici da comprendere ma vuoti di significato. Ne è un esempio la retorica sviluppatasi durante la discussione della Cirinnà con affermazioni rilanciate più o meno frequentemente del tipo “il governo pensa alle unioni civili ma non ai disoccupati”, come se non fosse possibile pensare ad entrambe le tematiche contemporaneamente o come se tutti i disoccupati fossero completamente estranei alla tematica  delle unioni civili.
Insomma, c’è tanto da lavorare e da crescere, e, se vogliamo che l’Italia cresca, deve crescere anche il nostro spirito critico, ma se la classe politica non da il buon esempio, da dove possiamo partire?



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18/9/2016

La rivolta dei dalit

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Dopo secoli di discriminazione, la quinta casta chiede la sacrosanta parità dei diritti.
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​di Alessandro Ferri
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Dall’inizio di agosto, il Gujarat e altre regioni dell’India sono percorse da agitazioni ad opera dei dalit o “intoccabili”, la casta più bassa della società indù. Con l’intenzione di ottenere una legge agraria che redistribuisca le terre – sono in larga parte contadini, ma raramente posseggono la terra che coltivano – e rivendicando la propria dignità contro ogni forma di discriminazione, hanno organizzato tra gli altri eventi una “lunga marcia” di 400 chilometri in dieci giorni (metà agosto), che ha attirato centinaia di manifestanti ed è stata oggetto di attacchi da parte di integralisti indù e movimenti di destra. Le agitazioni di questi mesi non sono una novità: già a gennaio, il suicidio di Rohith Vemula, studente universitario 26enne che si sentiva discriminato dal proprio ateneo in quanto dalit, aveva suscitato manifestazioni e picchetti, nonché almeno venti tentativi di imitarne le gesta.
FotoDistribuzione dei dalit in India secondo il censimento 2011
I dalit o paria costituiscono il 16% della popolazione indiana (circa 200 milioni di persone), e sono oggetto di innumerevoli casi di discriminazione: la Commissione Nazionale per le Caste Registrate del governo indiano ha contato, solo per l’anno 2014, 47.000 casi di “atrocità” ai loro danni. Se pensiamo che spesso gli atti di violenza contro le caste inferiori non vengono nemmeno denunciati alle autorità, per paura o complicità, la situazione appare drammatica. Ostacolati nello studio, nella ricerca di un lavoro e in quella di una casa, i paria appartengono agli strati più bassi della società indiana e raramente riescono ad accedere all’ascensore sociale.

FotoIl dio indù Brahma, l’unico che non venga venerato in quanto creatore del mondo materiale, da cui tutti dovrebbero allontanarsi
La suddivisione in caste della società indiana è tradizionalmente fatta risalire alla figura del dio creatore, Brahma. Dalla sua bocca sarebbe derivata la casta dei brahmini (dotti), dalle braccia i kshatriya (guerrieri e governanti), dalla pancia i vaishya (agricoltori e commercianti) e dai piedi gli shudra (i servitori). I dalit, la quinta ed ultima casta, sarebbero invece nati dalla polvere che ne ricopriva i piedi.
Il sistema delle caste è stato, per secoli, un rigido strumento di organizzazione della società: chi nasceva in quella o questa casta (a sua volta suddivisa in molteplici sottolivelli) non poteva svolgere il lavoro che desiderava, ma solo quello concesso ai suoi pari. I paria, in quanto appartenenti al livello più basso, potevano solo occuparsi di mestieri che comportano il contatto con materia organica: macellai, conciatori, crematori, ostetriche, netturbini. A causa di questo, diventavano “intoccabili”: non potevano avvicinarsi e neppure guardare i membri delle classi superiori, al punto da essere costretti a vivere lontano dai villaggi e da non poter usare strade e fontane pubbliche.


FotoIl decimo presidente della Repubblica Indiana K. R. Narayanan (1920-2005)
La Costituzione indiana, in vigore dal gennaio 1950, ha formalmente abolito le discriminazioni basate sulla casta e il concetto stesso di “intoccabilità” (articoli 15 e 17), ma le discriminazioni non sono cessate, al punto che è stato adottato un sistema di quote per le scuole e il pubblico impiego basato sulle caste: il 22,5% dei posti dovrebbero essere attribuiti a dalit. In realtà, queste quote sono raramente rispettate, e spesso vanno a rappresentare uno strumento per ghettizzare i dalit e impedire loro di accedere a lavori migliori. L’elezione del dalit K. R. Narayanan a presidente dell’India tra il 1997 e il 2002, non ha cambiato molto le cose (un po’ come l’elezione di Barack Obama negli USA non ha fatto cessare la discriminazione contro gli afroamericani, si potrebbe osservare). Se nei centri urbani il concetto di casta comincia a passare in secondo piano, nell’India rurale queste convinzioni ancestrali paiono ancora lontane dall’essere abbandonate.
Proprio nei giorni in cui si sono svolte le manifestazioni più partecipate, l’ONG Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto in cui ha descritto le misere condizioni di questa fascia di popolazione, spesso impiegata nella pulizia delle strade e costretta a raccogliere gli escrementi con le proprie mani. In genere, dopo questo degradante e rischioso lavoro, sono pagati con avanzi o vestiti vecchi, che nelle zone più arretrate gli vengono gettati contro, pur di evitare il contatto. Le autorità locali non solo non si esprimono contro simili pratiche, ma di frequente hanno agevolato il reclutamento dei dalit per ripulire le cloache.
Le agitazioni di questi giorni contribuiranno a migliorare le loro condizioni? La presenza al potere del partito conservatore indù di Narendra Modi non pare la premessa migliore, e anzi è stata interpretata da molti come una delle cause della ribellione. Il primo ministro rifiuta le accuse e anzi ha pronunciato dichiarazioni forti contro le violenze anti-dalit: “sparate a me, non a gente che soffre da secoli”. La situazione è fluida, e i voti dei dalit fanno comodo a tutti.

Fonti e approfondimenti:
  • [spagnolo] Gli eventi di agosto nel racconto del Mundo, http://www.elmundo.es/internacional/2016/08/17/57b49d2b46163faa1a8b4638.html;
  • Sullo studente suicida, http://china-files.com/it/link/47176/rohith-vemula-in-morte-di-uno-studente-dalit-di-sinistra;
  • [inglese] Il sito della Commissione nazionale indiana per le caste registrate, http://ncsc.nic.in/;
  • L’articolo di Repubblica sul report di Human Rights Watch, http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2014/08/19/news/india_india_caste_costretto_a_pulire_rifiuti_umano_pulizia_manual_insiste_con_supporto_funzionari_locali_-94097402/;
  • [inglese] gli articoli della Costituzione indiana del 1950 sull’uguaglianza dei cittadini, https://en.wikisource.org/wiki/Constitution_of_India/Part_III#Article_17_.7BAbolition_of_Untouchability.7D;
  • [inglese] un interessante approfondimento della BBC, http://www.bbc.com/news/world-asia-india-36921348;
  • [inglese] Modi in difesa dei dalit, http://www.bbc.com/news/world-asia-india-37007490.
 
Immagini tratte da:
  • Foto di copertina, da http://images.indianexpress.com/2016/08/una-759.jpg;
  • Brahma, opera dell’artista Nurpur, http://www.mfa.org/collections/object/brahma-149171, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18851138;
  • La distribuzione dei paria nel territorio indiano, mappa di M Tracy Hunter – Lavoro proprio, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33731323;
  • K.R. Narayanan, foto tratta da http://asianetindia.com/wp-content/uploads/2012/09/k-r-narayanan.jpg.

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16/9/2016

CARLO AZEGLIO CIAMPI: DAGLI STUDI A PISA, PASSANDO PER I MARI TEMPESTOSI DI TANGENTOPOLI E DELLA CRISI DELLA LIRA, FINO AL QUIRINALE ALL' ALBA DEL NUOVO MILLENNIO.

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Questa mattina si è spento Carlo Azeglio Ciampi, per lungo tempo a capo della Banca d' Italia e poi figura fondamentale dell' Italia degli anni '90 che provava a rimettersi in piedi dopo il crollo del pentapartito di governo. Ecco una breve cronistoria della sua vita.
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di Marco Scialpi

Carlo Azeglio Ciampi nacque a Livorno il 9 dicembre del 1920, ma fu a Pisa che si formò come studente di successo, infatti dopo la maturità, concorse alla Scuola normale superiore di Pisa per un posto nel corso di laurea in lettere: nella prova scritta di italiano del concorso trattò di Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro e nella prova orale fu esaminato addirittura da Giovanni Gentile, ovviamente superò il concorso con successo.


Conseguì la laurea in Lettere nel 1941, gioia effimera perchè fu chiamato alle armi nello stesso anno con il grado di sottotenente nel corpo automobilistico e inviato in Albania.


Quando fu siglato l'armistizio dell' 8 settembre 1943, Ciampi, che si trovava in Italia con un permesso, rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e si rifugiò a Scanno, in Abruzzo, dove trovò il suo Maestro Guido Calogero, fortemente apprezzato ai tempi della Normale e condannato al confino per le sue idee antifasciste.


Il 24 marzo 1944 Ciampi, con un gruppo di una sessantina di persone, fra cui lo stesso Calogero, partendo da Sulmona si mise in marcia per raggiungere gli Alleati, attraversando il massiccio della Majella e sfidando le linee tedesche.


L'itinerario condusse infine i sopravvissuti a Casoli. Il gruppo, che perse una decina di componenti, stremati dal freddo e dalla fatica, incontrò per primo i Patrioti della Brigata Maiella. Ciampi riuscì quindi ad arrivare a Bari, dove consegnò a Tommaso Fiore il testo manoscritto del «catechismo liberalsocialista del Partito d'azione» datogli da Calogero, si arruolò nel rifondato esercito italiano e si iscrisse al Partito d'Azione.

Nel 1946 sposò Franca Pilla, compagna di vita sin dai tempi degli studi letterari nella città della Torre Pendente e conseguì una seconda laurea, in giurisprudenza, sempre presso l' ateneo pisano.  Proprio in questo periodo partecipò al concorso che lo fece entrare come impiegato in Banca d'Italia, della quale sarà per 14 anni governatore, dopo aver abbandonato l'insegnamento e le lettere, che erano, per sua stessa ammissione, la vera grande passione.

Nell'ottobre del 1979 fu nominato, appunto, Governatore della Banca d'Italia e presidente dell'Ufficio italiano dei cambi nel pieno della bufera che aveva travolto l'istituzione dopo il crack Sindona, l'incriminazione del Governatore Paolo Baffi e l'arresto del vice direttore Mario Sarcinelli.

Ricoprì l'incarico fino al 1993, quando entrò prepotentemente sulla scena politica di un' Italia scossa e martoriata dallo scandalo di Tangentopoli e dalla crisi della Lira, riuscendo a guidarla fuori dal guado del passaggio dalla prima alla seconda Repubblica.

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Proprio nel 1993 fu scelto dall' allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, come guida del primo governo tecnico della storia della Repubblica Italiana, succedendo a Giuliano Amato e cessando l'incarico nel maggio 1994, quando vinse le elezioni in maniera sorprendente Silvio Berlusconi, sino ad allora imprenditore di successo, ma quasi totalmente digiuno di politica.

In seguito fu ministro del tesoro nei governi Prodi I, primo governo di Centro Sinistra della Storia, con all' interno forze che si richiamavano direttamente al comunismo (Rifondazione Comunista con Fausto Bertinotti ed i Comunisti Italiani guidati da Oliviero Diliberto) e D'Alema I.

In questo periodo, la sua opera fu caratterizzata dalla riduzione del debito pubblico italiano in vista degli obblighi imposti dal trattato di Maastricht, per garantire l'accesso dell'Italia alla moneta unica europea. Avviò il processo di privatizzazione di molti enti pubblici, tra cui le Poste italiane.

Quando, esauriti i suoi incarichi politici, sembrava destinato ad una tranquilla pensione nella sua Livorno con Franca, compagna da ormai una vita, arrivò la richiesta di disponibilità a candidarsi ad essere il decimo Presidente della Repubblica, raccogliendo di fatto l' eredità di quell' Oscar Luigi Scalfaro che sei anni prima lo aveva voluto come Primo Ministro.
 
Il suo nome venne sostenuto da un vasto schieramento parlamentare e in particolare dall'allora Presidente del Consiglio D'Alema che ottenne, durante le trattative, il benestare dell'opposizione di centro-destra, dato il suo grande contributo prestato in un momento profondamente difficile per l'Italia.
 
Il 13 maggio 1999 venne eletto alla prima votazione, con una larga maggioranza trasversale Presidente della Repubblica. In questa veste, egli cercò di trasmettere agli italiani quel patriottico sentimento nazionale che deriva dalle imprese del Risorgimento e della Resistenza e che si manifesta nell'Inno di Mameli e nella bandiera tricolore. Fu inoltre il primo ed unico Capo dello Stato a visitare tutte le provincie italiane, diventando molto popolare anche tra i giovanissimi, che cominciarono a vederlo ben presto affettuosamente come un “nonno acquisito”.
 
Il 10 febbraio 2006 aprì, come da protocollo, i Giochi olimpici invernali di Torino 2006, assistendo all' ultima esibizione pubblica di Luciano Pavarotti, in aria di nomina a senatore a vita, per il lustro dato al nostro paese nel mondo e purtroppo scomparso l'estate successiva.
 Il 3 maggio dello stesso anno, con una nota ufficiale dal Quirinale, Ciampi confermò la sua indisponibilità a un settennato-bis, nonoste le richieste ancora una volta trasversali delle forze politiche presenti in Parlamento: i motivi che lo spinsero a quella decisione furono l'età avanzata e la convinzione che "il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato".

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Ciampi si dimise da Presidente della Repubblica il 15 maggio 2006, stesso giorno in cui il suo successore (nominato da Ciampi senatore a vita pochi mesi prima) Giorgio Napolitano prestò giuramento.

Il suo primo atto da senatore a vita fu quello di votare, tra mille polemiche,  la fiducia al secondo governo Prodi, vincitore delle elezioni politiche in maniera controversa grazie a poco più di 250.000 voti, grazie soprattutto a quelli degli italiani all'estero e che avrà vita breve, fatto cadere dall' Udeur di Clemente Mastella nel 2008, sfruttando la risicatissima maggioranza di Senatori che il “Professore” aveva sino a quel momento al Senato.
Dal 2007, pur non avendo mai accettato di aderirvi ufficialmente, è considerato vicino al Partito Democratico, dopo che per tutta la seconda parte degli anni '90 aveva simpatizzato, senza militanza attiva, per l'Ulivo.


Dal 24 giugno 2013, data del decesso di Emilio Colombo, a questa mattina, è stato il più anziano senatore in carica. Pur senza praticamente mai presenziare ai lavori del Senato, a causa dell' aggravarsi delle proprie condizioni di salute e dell' età ormai piuttosto avanzata.
Si è spento oggi 16 settembre 2016, all'età di 95 anni, in una clinica romana con accanto, come sempre da ormai più di sessant' anni la moglie Franca, sempre presente anche nelle sue uscite pubbliche durante il settennato da Presidente della Repubblica.


  Immagini tratte da:

- Immagine 1 da www.romanoprodi.it
- Immagine 2 da www.italia-news.it

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5/9/2016

Manuale di Estinzione - La Sinistra europea postsovietica

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di Matteo Leoni

Nella sera del 25 dicembre 1991 veniva ammainata la bandiera dell’URSS dal Cremlino a Mosca, prontamente sostituita da quella della nuova Repubblica Russa. Per il paese che per mezzo secolo aveva deciso una parte delle sorti del mondo si andava ad aprire una nuova epoca.
Epoca che però non riguardava esclusivamente gli abitanti della vecchia Unione Sovietica, alle prese con privatizzazioni di massa e forti crisi economiche negli anni successivi al crollo del potere socialista, ma che interessava le ali più a sinistra degli schieramenti politici dell’Europa Occidentale.
Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi 25 anni è una vera e propria scomparsa di gran parte dei movimenti politici che occupano la sinistra più radicale del panorama politico.
Se nel gennaio del 1992, i principali partiti d’isprazione socialista o comunista coprivano circa il 20-21% dell’elettorato di Italia, Spagna, Francia e Germania, attualmente, forze vicine ai vecchi schieramenti politici che hanno contrassegnato la seconda parte del ‘900 europeo si attestano intorno al 5-8%...quando va bene.
Cosa è successo all’interno della sinistra radicale nel nostro continente di così tanto grave da determinarne un progressivo appiattimento e perdita di peso politico?
La risposta è nelle modificazioni ideologiche che l’hanno allontanata dalla base elettorale che ha sempre sostenuto movimenti tipicamente radicali. Una base elettorale fatta di operai, studenti e giovani in cerca di futuro in generale, agricoltori, professori e qualche libero professionista. Un nucleo piuttosto eterogeneo costituito da componenti di vari gruppi sociali che si sono ritrovati abbandonati da un’offerta politica che non era più la loro e che, in breve tempo, ha modificato anche le decisioni prese nella cabina elettorale di fatto togliendo il supporto a partiti di sinistra socialista.
Nel momento in cui la solida base socialista sovietica era caduta, portando con sé i resti di un’ideologia che aveva riunito, nel bene e nel male, milioni di persone in tutta Europa, molti partiti si sono dovuti reinventare. Che cosa significava quindi essere “radicalisti di sinistra” nel XXI secolo, nel momento in cui era andato perso un modello di riferimento?
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Per prima cosa si è smesso di parlare di industrializzazione, mercato interno, lavoro e opportunità per tutti quelli che seguivano le direttive di un partito di massa. L’idea che all’interno di una società socialista ci fosse spazio per tutti, con pari opportunità per chi ne faceva parte, è andata progressivamente perdendosi, anche a causa della progressiva apertura dei paesi del vecchio blocco sovietico, con il carico di povertà e disuguaglianze esposto agli occhi del mondo. L’ideale utopico di cui si era andata nutrendo l’ideologia di partiti come il PCI, il PCF, o gli spagnoli di Izquierda Unida era ormai sconfitto. Cosa si ptoeva quindi inserire nei nuovi programmi elettorali? Per prima cosa tema dominante è stato, ed è tutt’ora relativo ai diritti per tutti. Tali partiti della nuova sinistra europea si sono impegnati in lotte contro l’omofobia, in favore delle unioni civili o del matrimonio gay, in favore dei diritti dei migranti e degli extracomunitari e di tutte le minoranze religiose presenti in un paese. In secondo luogo il tema dell’ambientalismo, rimarcato ad esempio nel nome del partito italiano SEL, Sinistra, Ecologia e Libertà. Sembra quasi paradossale che in soli 20 anni da discorsi su come industrializzare un paese si sia passati a difendere ad oltranza un’ambiente spesso minacciato proprio da quell’eccesso di industrializzazione in precedenza sostenuta.
Altro tema centrale è quello del pacifismo. Dal parlare di esportazioni di ideali socialisti e di rivoluzioni, in pochi decenni si è arrivati alla netta opposizione a qualsiasi forma d’intervento armato e di spese militari.
Ultimo, ed è un tema molto sentito, soprattutto in questo periodo, è relativo all’immigrazione di massa. Accettata, supportata e poi favorita, in un periodo di importante crisi economica, ha fatto storcere la bocca a molti ex-sostenitori di partiti della sinistra radicale, che hanno deciso di punire i loro vecchi riferimenti politici con un aumento esponenziale dei voti rivolti a formazioni apertamente di estrema destra o apolitiche ma in ogni caso piuttosto populiste.
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E’ proprio l’estrema destra ad aver beneficiato di questo vuoto programmatico dei partiti d’ispirazione socialista nel nostro continente. Formazioni come il Front National francese, o l’AFD tedesco, un tempo con percentuali ridicolmente basse, attualmente hanno un peso politico, nei rispettivi parlamenti nazionali, quasi pari a quello delle vecchie formazioni di sinistra.
Lo spostamento dei voti si è avuto soprattutto tra i giovani, sicuramente non più appassionati ad ideali ritenuti vecchi e sconfitti come quelli dell’uguaglianza sociale e della tolleranza nei confronti del diverso, ma anche quelli che un tempo erano sostenitori di formazioni vicine alla sinistra filosovietica.
Delusi dai loro esponenti politici, arrabbiati a causa della crisi economica e dalla mancanza di lavoro, questi hanno trovato rifugio all’interno di un’estrema destra che si è dimostrata capace di comprendere la loro rabbia e di riprendere alcune idee,  in chiave reazionaria, che un tempo erano proprie di partiti come PCI o PCF. La Sinistra radicale non parla più di occupazione? Ci pensa la destra, magari mettendoci quel tocco di rabbia xenofoba tanto per fomentare le masse. La sinistra non parla più di banche e finanza? Anche lì ci pensa la destra. E’ così che ampie percentuali di voti sono andate perse in così poco tempo. Shock e tradimento degli ideali sono alla base della perdita dell’elettorato, anche il più convinto.
Dall’altra parte, la speranza per la nuova sinistra probabilmente non risiede più nei vecchi partiti tradizionali, ormai autoritiratisi in decine di piccolissime formazioni in lotta tra loro per uno 0, % in più, ma in movimenti di evidente ispirazione socialista, come PODEMOS.
L’esempio spagnolo, di un partito-movimento, radicatosi nelle università e composto da cittadini comuni in grado di parlare a svariate fasce sociali, con un leader forte e trascinatore come Iglesias, in grado di riprendere in mano temi forti della sinistra uniti ai temi nuovi della stessa, è il caso più emblematico e l’esempio da seguire se non si vogliono lasciare i nostri paesi in mano a quel tipo di destra cui la memoria storica ci impone di fare quantomeno molta attenzione a sostenere.
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Immagini tratte da:

- Immagine 1 da   https://i.kinja-img.com/gawker-media/image/upload/s---rQNGYIq--/c_scale,fl_progressive,q_80,w_800/18i6uoty2n1krjpg.jpg

- Immagine 2 da http://www.counterpunch.org/wp-content/dropzone/2014/02/Left-Front-Rally-February-9-Kolkata-Debasish-Chakraborty..jpg

- Immagine 3 da http://i.imgur.com/Vg7b4E2.png

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5/9/2016

Avremo più probabilmente Parigi

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​di Alessandro Ferri
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Due giorni fa, l’accordo sul clima di Parigi è stato finalmente ratificato da Cina e Stati Uniti. Ve lo ricordate? Come vi abbiamo già raccontato su queste pagine, l’accordo è noto anche come COP21 ed è stato firmato a fine 2015. Entrerà in vigore nel 2020 a condizione di essere ratificato da almeno 55 paesi, quelli che producono il 55% delle emissioni di gas serra al mondo. A partire da allora, il COP21 imporrebbe che l’aumento della temperatura globale non superi i 2 gradi centigradi in più rispetto alle temperature dell’epoca preindustriale. Per essere precisi, l’accordo riporta la frase “ben al di sotto dei 2 gradi in più”, il che è stato interpretato dalla stampa internazionale come “cercheremo di raggiungere gli 1,5 gradi”. Ogni cinque anni sono previsti dei controlli per assicurarsi che l’obiettivo venga raggiunto, a partire dal 2018 (quindi due anni prima dell’inizio delle riduzioni, per rendere i paesi ratificatori pronti). I paesi firmatari dovrebbero investire una cifra pari a 100 miliardi di dollari all’anno a favore delle energie rinnovabili nei paesi più poveri (che in genere sono quelli che inquinano di più, avendo impianti più vecchi), anche con l’aiuto dei privati.
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La soddisfazione dell’account twitter del @COP21
A pochi giorni di distanza dall’appello di Papa Francesco in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato (“ora i Governi hanno il dovere di rispettare gli impegni che si sono assunti, mentre le imprese devono fare responsabilmente la loro parte, e tocca ai cittadini esigere che questo avvenga, anzi che si miri a obiettivi sempre più ambiziosi”, 1 settembre), i due paesi più inquinanti tra i 55 hanno compiuto un passo avanti. Cinesi e americani hanno annunciato la ratifica a poche ore di distanza gli uni dagli altri: cosa prevedibile, tenendo conto del fatto che nessuno dei due avrebbe dato il via libera senza che lo avesse fatto l’altro paese. Attualmente Barack Obama si trova proprio in Cina, dove ieri è iniziato il G20 di Hangzhou. La sua scelta è stata probabilmente motivata dalla volontà di agire prima delle presidenziali di Novembre, in quanto in caso di vittoria, Donald Trump ha annunciato che non avrebbe ratificato l’accordo.
Con queste ratifiche, l’obiettivo del 55% pare più vicino, visto che sommati i due paesi comportano il 38% delle emissioni. Tuttavia, mancano ancora all’appello Russia, India e gli stati dell’Unione Europea, il che lascia intendere che serviranno ancora mesi.

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Gli stati firmatari (in verde) e che hanno già ratificato l’accordo (in arancione)
Il parere di esperti e ambientalisti è ambivalente. Quando gli accordi furono firmati, in molti si lamentarono del COP21, ritenendo aspettare il 2018 fosse troppo per poter raggiungere gli obiettivi promessi. Altri motivi di contrasto erano la mancanza, nell’accordo, di una data per la sostituzione delle energie fossili con energie rinnovabili (come se non fosse questa la causa del surriscaldamento globale), e il fatto che ogni paese possa certificare le proprie emissioni; del resto l’accordo non prevede sanzioni certe, qualora non si rispettino gli impegni.
Nonostante questi dubbi, le associazioni ambientaliste si dicono soddisfatte della ratifica di USA e Cina. Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace, ha dichiarato che questo accordo “segna una nuova era nella lotta ai cambiamenti climatici. Entrambi gli stati ora devono aumentare e velocizzare il proprio sforzo nel programmare un futuro che eviti i peggiori effetti del cambiamento climatico”. Lou Leonard, vicepresidente con deleghe al clima e all’energia di WWF USA, ha dichiarato che “l’attuazione urgente dell’accordo di Parigi sul clima è necessaria al fine di evitare gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici. Agendo così rapidamente, il presidente Obama e il presidente Xi Jinping hanno fatto presente agli altri paesi che l’accordo di Parigi può entrare in vigore entro il 2016. Appena sei mesi fa, sembrava impossibile”.
Fonti e approfondimenti
  • Sito interamente dedicato al COP-21, http://www.accordodiparigi.it/;
  • [inglese] L’accordo su Wikipedia, https://en.wikipedia.org/wiki/Paris_Agreement;
  • [inglese] Paesi firmatari e ratificatori in un’infografica, http://cait.wri.org/indc/#/ratification;
  • La notizia nel racconto del Post, http://www.ilpost.it/2016/09/03/stati-uniti-e-cina-hanno-ratificato-laccordo-sul-clima/;
  • Cosa prevede l’accordo (Internazionale), http://www.internazionale.it/notizie/2015/12/13/cosa-prevede-l-accordo-sul-clima-approvato-dalla-conferenza-dell-onu-a-parigi;
  • L’appello di Papa Francesco, http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/pont-messages/2016/documents/papa-francesco_20160901_messaggio-giornata-cura-creato.html;
  • [inglese] il punto di vista di Greenpeace, http://www.greenpeace.org/international/en/press/releases/2016/Worlds-two-largest-carbon-emitters-China-and-US-formally-join-Paris-Agreement/;
  • [inglese] La dichiarazione del WWF, http://wwf.panda.org/wwf_news/?277130/US-China-send-powerful-political-signal-for-global-climate-action.      
Immagini tratte da:
  • Ghiacciaio della Groenlandia nei pressi di Ammassalik, foto di Christine Zenino (Chicago, Stati Uniti) - CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24338454;
  • Mappa degli stati firmatari opera dell’utente wikimedia L.tak – Lavoro personale, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48320267.

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