Il 22 novembre il Tribunale penale internazionale per l’Ex-Jugoslavia ha condannato Ratko Mladic per genocidio e crimini contro l’umanità. Un passo avanti è stato fatto
La mattina del 12 luglio 1995 il generale serbo Ratko Mladic rassicurava la gente di Srebrenica, con parole che non lasciavano presagire quello che invece sarebbe accaduto poco dopo: tutte le persone di sesso maschile dai 12 ai 77 anni separate dalle donne, dai bambini, dagli anziani. Dicevano che li avrebbero giusto interrogati; invece vennero tutti uccisi, per poi essere abbandonati nell’oblio delle fosse comuni. Tutto difronte all’immobilità e alla confusione dei caschi blu olandesi e della comunità internazionale.
Sino a quel momento di vite umane nella guerra serbo-bosniaca ne erano state spezzate già tantissime, ma Srebrenica era una città strategica. I territori a maggioranza serba erano costellati da comunità musulmane e l’obiettivo finale era una capillare pulizia etnica di queste minoranze. Ultimo ostacolo alla realizzazione del sanguinoso progetto erano Srebrenica e i paesi della Valle della Drina. Così pulizia fu fatta.
Sono ancora tante le domande senza risposta ripetute per più di venticinque anni, numerose le incongruenze. È impossibile però negare che il massacro di Srebrenica sia stato il più cruento della storia d’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Finalmente, il 22 novembre scorso, il Tribunale penale internazionale per i crimini nella Ex-Jugoslavia in Olanda ha posto una pietra miliare lungo il cammino dei Balcani e dell’integrazione europea nel suo complesso: Ratko Mladic è stato condannato all’ergastolo per genocidio e per aver perpetrato crimini contro l’umanità. Il percorso è stato lungo, la sentenza del 22 novembre probabilmente è stata l’ultima per il Tribunale con sede all’Aja che dovrebbe cessare definitivamente di operare; e, ancora oggi, all’esultanza per la condanna da parte dell’associazione delle madri di Srebrenica fanno seguito le reazioni contrastanti in Bosnia – Erzegovina di chi appartiene ad etnie differenti. Tanto che alcuni manifestanti, marciando per le strade di Sarajevo, sostenevano ancora il proprio “eroe” Mladic. Quello che resta è che la condanna pronunciata non solo risponde a un’esigenza di giustizia nel territorio dei Balcani, ma mette un punto certo in Europa. È una riaffermazione di valori condivisi che vanno dal rispetto della dignità umana allo stato di diritto, dalla lotta a qualsiasi forma di discriminazione e violenza ai principi democratici, valori a fondamento del modello europeo. Modello che di certo non ha mancato di vacillare negli ultimi tempi. La condanna di Mladic non è solo una svolta nella storia dei Balcani ma, riecheggiando al di fuori delle mura della Tribunale, dei confini di quei paesi colpiti negli anni Novanta, e di cui ancora adesso sono visibili le ferite, è una dichiarazione di giustizia che in anni pieni di fragilità, smarrimento e perdita di fiducia nei confronti del mondo internazionale, delle Istituzioni, viene proprio da un Tribunale internazionale. Una sentenza che dovrebbe ricordare che il passato non è poi così passato, che ancora brucia e segna il presente di un’Europa preoccupata dai nazionalismi, e dalle divisioni. Una decisione che, pur non potendo lavare colpe e coscienze per fatti avvenuti a due passi dai nostri confini, dovrebbe servire per ricordare all’opinione internazionale che, piuttosto che agire solo di forza, bisognerebbe agire anche di giustizia.
Fonti:
http://www.lastampa.it/2017/11/23/cultura/opinioni/editoriali/i-valori-delleuropa-nella-forza-del-diritto-38haA31tsMrDcgot26SfYJ/pagina.html http://www.huffingtonpost.it/marco-perduca/mladic-non-e-lultimo-criminale-la-giustizia-internazionale-resta-un-grosso-problema-politico_a_23286515/?utm_hp_ref=it-homepage http://www.ilpost.it/2015/07/11/massacro-srebrenica/ Immagini: https://plaggastory.files.wordpress.com/2015/11/mappa.gif http://www.lastampa.it/rf/image_lowres/Pub/p4/2017/09/08/Esteri/Foto/RitagliWeb/AP_691027165984-kr0G-U1101612311604-1024x576%40LaStampa.it.jpg
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Perché è fondamentale l’engagement dei Millennials nel processo democratico
I Millennials o generazione Y sono quella fascia di popolazione, nata tra il 1980 ed il 2000, che rappresenta il 30% della popolazione mondiale e che potrebbe conquistare una porzione considerevole di potere decisionale. Una generazione in stretta connessione con il mondo tecnologico, ed è proprio la continua interazione che la distingue dalle altre.
È la generazione più indefinita che esista: i più giovani sono nati nell’epoca dei social media, gli altri li hanno scoperti col tempo, ma entrambi non riescono a farne più a meno e questo approccio ne influenza le scelte e gli interessi non solo in termini di gusti, consumi, ma incidendo anche sugli orientamenti, le scelte individuali, le idee. È una generazione che ha un infinito potenziale. Ecco perché recenti studi, soprattutto quelli anglo – americani sono sempre più interessati all’engagement of Millennials. Ogni singolo voto conta nel processo democratico e lo è ancora di più se consideriamo l’importante gap generazionale del mondo politico, dove la media si assesta sui 58 anni. Gap che influenza negativamente i giovani qualificandosi come “altro” rispetto al mondo di cui dovrebbero, invece, sentirsi i principali attori. Si pensi al referendum sulla Brexit quando i Millennials, soprattutto londinesi, piangevano dopo il risultato, perché la volontà europea, comunitaria, bisognosa d’integrazione, si era vista completamente calpestata da quella conservatrice, tradizionalista e vincitrice. Vecchia. Una generazione che si percepisce come invisibile, quando un tempo era proprio quella che accendeva la miccia della rivoluzione culturale e politica. L’allarme è evidente e in Italia si concretizza nel bisogno, se non vera necessità, di emigrare all’estero, nel disimpegno politico, nell’astensione elettorale; ma il trend può e deve essere invertito, perché è una generazione che può cambiare lo status quo. Se è vero quanto detto in questi giorni da Mario Draghi, Presidente della BCE, secondo cui la crescita economica è presente non solo in Europa, ma anche in Italia allora questa crescita deve riguardare anche e soprattutto la generazione Y. È fondamentale che i policymakers coinvolgano i Millennials, all’interno delle istituzioni democratiche e del processo democratico, perché impedire una partecipazione coesa dei giovani, ostacolando l’accesso al mondo della politica e democrazia mortificandone le speranze, significherebbe negare qualsiasi forma di progresso. Un modello interessante di engagement, esposto durante il World Forum for Democracy 2017, tenutosi a Strasburgo, è quello americano: rendere partecipi i giovani attraverso attività sociali, a cui loro sono molto vicini e interessati, eventi che si focalizzino sulle relazioni, sul mondo social, al cui interno si parli anche di politica. Sviluppare attività di crowdfunding accessibili alle tasche di questa generazione, la più instabile in termini economici e di futuro. Inoltre, iniziative nell’ambito della cooperazione possono aumentare l’impegno civico e, se perseguite con costanza, avrebbero il potenziale di migliorare il livello appartenenza civica che nel lungo termine potrebbe trasformarsi in partecipazione politica. È necessario, però, che gli sforzi siano comuni: i policymakers devono tenere presente la diversità delle voci dei Millennials, voci che cercano innumerevoli risposte; ma soprattutto, i policymakers devono essere davvero convinti di voler rispondere, esplicitandone concretamente la volontà. Quella dei Millennials non è solo la generazione che vive tra un Whatsapp e un selfie su Facebook, ma è quella che spera di poter trovare un giorno una collocazione spazio – temporale nel mondo. Un engagement dei Millennials è fondamentale affinché si possa ritornare a credere in una stabilità, nel valore della comunità e nella possibilità di costruire qualcosa di duraturo. È necessario che la democrazia, da governo del popolo, riscopra l’essenza di essere governo per il popolo. E di questo i Millennials, tra uno stage non retribuito, un caffè di fretta, start – up e idee controcorrente, ne sanno qualcosa.
Fonti:
http://www.covi.org.uk/general-election-tell-us-engage-millennials-future-politics/ file:///C:/Users/Utente/Downloads/The_Civic_and_Political_Participation_of_Millennials%20(1).pdf Immagini tratte da: Immagine http://bound4life.com/wp-content/uploads/2015/01/MillennialGeneration640.jpg Immagine 2: https://horizonresourcesinc.files.wordpress.com/2015/07/millennials-info-graphic-big.png Immagine 3: http://nst.sky.it/content/dam/static/contentimages/original/sezioni/tg24/politica/2012/12/31/discorso_napolitano_fine_2012_tag_cloud_150_parole.jpg |
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Novembre 2020
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