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28/3/2016

Cosa sta dietro alle stragi di Bruxelles

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Di cosa parliamo quando parliamo di foreign fighters e ISIS
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​di Alessandro Ferri
ImmagineImmagine ripresa dalle videocamere di sicurezza dell’aeroporto di Bruxelles, con Najim Laachraoui (a sinistra), Ibrahim el-Bakraoui (al centro), e un terzo attentatore non identificato (a destra), poco prima delle esplosioni.
Martedì scorso, Bruxelles ha subito il più devastante attacco terroristico della storia del Belgio. Al momento le vittime sono 31, cui vanno sommati tre attentatori suicidi (i fratelli Khalid e Ibrahim el-Bakraoui e Najim Laachraoui). I feriti sono almeno dieci volte di più.
Le prime esplosioni si sono verificate alle ore 8.00 circa all’aeroporto di Zaventem-Bruxelles, in corrispondenza della sala d’attesa per le partenze internazionali. Un ordigno è esploso tra il banco d’accettazione di American Airlines e quello di Brussels Airlines; un altro nei pressi dello Starbucks dell’edificio. Per un caso fortuito, una terza bomba inesplosa è stata trovata e fatta brillare successivamente. Un’ora più tardi, in una carrozza della metropolitana nei pressi della stazione di Maelbeek/Maalbeek (a pochi metri dagli uffici della Commissione Europea) è avvenuta la terza esplosione.

Un episodio come questo non nasce dal nulla. Sono evidenti i legami con l’arresto di Salah Abdeslam, avvenuto il 18 marzo. Abdeslam, ritenuto la “mente” degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, è stato catturato a Molenbeek, quartiere di Bruxelles noto per l’altissima presenza di cittadini di religione islamica (oltre l’80%) e per i legami con il fenomeno dei foreign fighters, cittadini non mediorientali che decidono di affiliarsi all’ISIS. Non casualmente, già nel pomeriggio del 22 marzo è l’ISIS a rivendicare gli attentati in Belgio, con un minaccioso comunicato. Ma cos’è l’ISIS?
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Salah Abdeslam, 26 anni.
ImmagineLa bandiera dell’ISIS. La scritta in arabo è la shahāda, ossia l'atto di fede del musulmano: «Testimonio che non c'è divinità se non Allāh e Muḥammad è il Suo Profeta».
L’acronimo ISIS sta per Islamic State of Iraq and Syria, “stato islamico dell’Iraq e della Siria”, termine con cui fino al 2014 era chiamato il territorio compreso tra la Siria nord-orientale e l'Iraq occidentale sotto il controllo di un gruppo terroristico guidato da Abu Bakr al-Baghdadi. A inizio 2014, al-Baghdadi ha troncato ogni rapporto con al-Qaida, organizzazione terroristica cui era affiliato, e si è proclamato “califfo” dello “stato islamico” (IS), togliendo ogni riferimento geografico perché il suo obiettivo è ora la conquista del mondo. Alcuni governi e fonti di informazione usano l’acronimo Daesh, dall’arabo, per due motivi: non è evidente il riferimento all’Islam, così da non urtare i musulmani, ed è ripudiato dal califfato, che punisce con la fustigazione chi ne abbia fatto uso, perché assomiglia a un verbo che significa “pestare, inciampare”.
Benché sia impossibile raccontare in poche parole le origini del Daesh, possiamo affermare con certezza che ogni suo sviluppo è successivo alla Seconda guerra del golfo (2003), che pose fine a ventiquattro anni di regime di Saddam Hussein. Il governo imposto dagli americani, di ispirazione sciita, fu visto come usurpatore dalla parte della popolazione irachena di tradizione sunnita. Ai sunniti più intransigenti e radicali si unirono, tra gli altri, molti ex membri del partito Ba’ath (il partito unico, ai tempi di Saddam), epurati da ogni incarico pubblico e dall’esercito su ordine USA.
Ma non ci sono solo iracheni tra le file del Daesh: dei 200.000 soldati attualmente arruolati, un numero compreso tra 15.000 (statistica dell’ONU) e 30.000 (secondo la CIA) è di provenienza straniera (foreign fighters, appunto), dei quali almeno un quinto proviene da un paese occidentale, Francia in primis.

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Il territorio occupato dal Daesh, in grigio, al 20 marzo 2016.
L’espansione del Daesh fuori dall’Iraq appare impetuosa. La Guerra civile siriana, iniziata nel 2011 con le proteste nei confronti del presidente Baššār al-Asad e tutt’ora in corso, ha aperto enormi spazi ad ovest. La Seconda guerra civile libica, iniziata nel giugno del 2014, ha avuto effetti simili, con l’occupazione del territorio circostante Sirte, la città natale di Mu'ammar Gheddafi, leader libico fino al 2011. Negli ultimi mesi, numerosi gruppi di terrorismo jihadista del mondo hanno dichiarato la propria affiliazione al Daesh. Il più noto è Boko Haram, che opera in Nigeria.
Il dramma umanitario che si sta consumando tra Turchia e Grecia, così come sulle coste del mediterraneo, è diretta conseguenza di questa espansione, che costringe popoli interi alla migrazione, dal Medio Oriente come dal Nordafrica.
La conquista dei pozzi di petrolio e la “nazionalizzazione” delle banche dei territori conquistati ha fruttato al Daesh una disponibilità finanziaria immensa, dell’ordine di due miliardi di dollari.
Nei territori occupati, organizzati in province (wilāyāt) con capitale al-Raqqa (Siria), vige un’interpretazione molto rigida della shariʿah, la legge islamica. A cristiani ed ebrei sono concesse tre opzioni: convertirsi, pagare una tassa (la jizya) o essere condannati a morte. Altri gruppi religiosi, come gli yazidi, non hanno la seconda possibilità, e devono decidere se convertirsi o morire. Le donne yazide sono stuprate e divengono spesso oggetto di una tratta. Gli omosessuali sono lapidati o gettati nel vuoto dagli edifici più alti. Svariati giornalisti e operatori umanitari sono stati catturati e decapitati a favore di obiettivo, in modo da diffondere nel mondo un’immagine terrificante del Daesh. Statue e costruzioni antiche ritenute non consone con la religione vengono sistematicamente abbattute, come accaduto ad agosto 2015 con il sito archeologico di Palmira.
Non è facile riassumere le azioni intraprese dalla comunità internazionale contro il Daesh: la sua stessa espansione in luoghi e contesti diversi ha reso necessarie più azioni, coordinate in prevalenza dagli Stati Uniti (ma non vanno dimenticati i bombardamenti russi in Siria). 
L'articolo di Wikipedia alla voce "​Military intervention against ISIL" chiarisce (in inglese) lo stato dell’arte.
Ad oggi, non sembrano apparire risultati apprezzabili: spesso i bombardamenti hanno effetti devastanti sui civili, aumentando l’odio nei confronti dell’Occidente. È in questo sentimento anti-occidentale che deriva, secondo molti, il fenomeno dei foreign fighters. Cittadini occidentali, spesso immigrati di seconda o terza generazione, che vedono nel Daesh una realtà positiva, vittima più che carnefice. Le motivazioni sono state indagate in un report realizzato dall’agenzia libanese Quantum, riassunte dall’Espresso in questo modo:
  • quelli che cercano un'identità: sono propensi a sentirsi isolati o alienati, "si sentono spesso come degli outsider nel loro contesto", che risulta estraneo, non comprensibile, e cercano di identificarsi in un altro gruppo. L'Islam, per molti di loro, offre un'ottima "identità trans-nazionale preconfezionata";
  • quelli che cercano vendetta: considerano se stessi come parte di un gruppo che è represso dall'Occidente o da altri;
  • quelli che sperano nella redenzione: si sono uniti all'Isis perché credono possa scagionarli da una colpa, da un comportamento peccaminoso;
  • quelli che lo fanno per senso di responsabilità: molto semplicemente, persone che si sono unite all'Isis perché questa dà aiuto materiale o economico alla loro famiglia;
  • quelli che partono per avventura;
  • quelli che ci credono: vogliono imporre la loro visione, e la Sharia, sugli altri;
  • quelli che cercano giustizia rispetto a un'oppressione;
  • quelli che cercano la morte: nell'ambizione di andarsene da martiri piuttosto che da suicidi.
Come potete capire, non sempre si tratta di poveri od emarginati, provenienti da disperate banlieues. C’è perfino chi parte “per avventura”, o per senso di “giustizia”. Come se ci fosse giustizia nell’uccidere vittime innocenti.
Approfondimenti e fonti:
  • Sulla presenza di ex ufficiali dell’esercito iracheno nel Daesh (inglese), https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/the-hidden-hand-behind-the-islamic-state-militants-saddam-husseins/2015/04/04/aa97676c-cc32-11e4-8730-4f473416e759_story.html.
  • Sulla de-Ba’athificazione dell’Iraq (inglese), https://en.wikipedia.org/wiki/De-Ba%27athification.
  • Sui problemi di denominazione del Daesh (inglese), https://pietervanostaeyen.wordpress.com/2014/02/18/on-the-origin-of-the-name-daesh-the-islamic-state-in-iraq-and-as-sham/.
  • Sulla volontà di conquistare il mondo intero, http://www.longwarjournal.org/archives/2015/09/us-counterterrorism-efforts-in-syria-a-winning-strategy.php.
  • Sul numero di soldati affiliati al Daesh (inglese), https://en.wikipedia.org/wiki/Military_of_ISIL.
  • Sulle finanze del Daesh (inglese), http://www.ctvnews.ca/world/how-isis-became-the-richest-terrorist-group-in-the-world-1.1872634.
  • Sugli stupri di massa, http://www.ilpost.it/2015/08/14/isis-teologia-stupro/.
  • Sulla distruzione del patrimonio culturale (inglese), https://en.wikipedia.org/wiki/Destruction_of_cultural_heritage_by_ISIL.
  • Sui sofisticati metodi di propaganda del Daesh: http://www.ilpost.it/2016/01/22/propaganda-isis/.
  • Infografica di Radio Free Europe sui foreign fighters, http://www.rferl.org/contentinfographics/foreign-fighters-syria-iraq-is-isis-isil-infographic/26584940.html. 
  • Report realizzato dall'agenzia libanese Quantum  https://now.mmedia.me/Pages/ImageStreamer/param/DocId__3f9f8a57-06ab-4909-afbc-2db99976bafe/white-paper-2--.pdf
  • Articolo dell'Espresso sulle motivazioni di chi si unisce all'Isis  http://espresso.repubblica.it/internazionale/2015/12/14/news/le-9-motivazioni-di-chi-si-unisce-all-isis-1.243272
Immagini tratte da:
Bandiera dell’ISIS, da Wikipedia, di The Islamic State, da:  Flag of Islamic State of Iraq.svg, Pubblico dominio

Gli attentatori di Zaventem, da Wikipedia Inglese, CCTV system - lemonde.fr, Pubblico dominio, voce "2016 Brussels bombings"

Salah Abdeslam, da Wikipedia Inglese, http://www.bbc.com/news/world-europe-35312556, Pubblico dominio, voce "Salah Abdeslam"

Territori occupati dal Daesh, da Wikipedia Inglese, di BlueHypercane761 - Lavoro proprio:en:Template:Syrian, Iraqi, and Lebanese insurgencies detailed map, CC BY-SA 4.0, voce "
Military intervention against ISIL"

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