Come la Spagna del 2015 si è ritrovata nelle condizioni dell’Italia del 2013. Ma non è detto che ne esca allo stesso modo. Uno stallo degno della migliore tradizione scacchistica, con un re che non può muoversi e un alfiere che non ha abbastanza forze per sostituirlo. A vederla da fuori, l’attuale situazione politica spagnola ricorda quella italiana di tre anni fa, all’indomani delle elezioni politiche del 25 febbraio: nessun partito riesce a formare un governo, e l’unica soluzione possibile è una improbabile coalizione tra forze contrapposte. Vediamo perché. ![]() Il popolo spagnolo ha votato poco prima di Natale 2015, smentendo nei fatti decenni di bipartitismo. Fino ad allora, le Cortes Generales (il Parlamento) avevano sempre visto un solo partito di maggioranza, che fosse il PSOE (Partito Socialista Operaio, di ispirazione socialdemocratica) o il PP (Partito Popolare, di tendenze conservatrici e ispirazione cattolica). In conseguenza di una fortissima crisi economica (la disoccupazione è passata dall’8% del 2007 ad oltre il 20% del 2014) e della perdita di autorevolezza della classe politica, hanno trovato spazio nell’agone politico due partiti di fondazione recente, Podemos e Ciudadanos. I primi, guidati dal carismatico Pablo Iglesias, professore di Scienze Politiche all’Università Complutense di Madrid, sono un movimento di sinistra, critico nei confronti del PSOE è favorevole alla democrazia diretta. Come immaginerete, in molti hanno paragonato Podemos al Movimento Cinque Stelle, anche se l’identità di sinistra degli spagnoli è molto più evidente rispetto al M5S, che si dichiara apertamente “nuovo” rispetto alle idee di destra e sinistra. Ciudadanos (“cittadini”, o “partito della cittadinanza”) è un partito nato a Barcellona in opposizione al nazionalismo catalano. Si definisce di centro-sinistra, anche se molti osservatori lo considerano come una formazione decisamente centrista e liberale. Suo leader è Albert Rivera. I due partiti, pur collocandosi idealmente nello schieramento di centro-sinistra (al punto da non avere preclusioni nell’allearsi ai socialisti del PSOE), hanno idee decisamente divergenti in merito ai rapporti con l’Europa e con i nazionalismi iberici. Al forte europeismo di Ciudadanos si contrappone la visione critica di Podemos, che rifiuta la logica di austerità che ha condizionato le politiche fiscali europee degli ultimi anni. Allo stesso tempo, Ciudadanos è contraria all’indipendenza della Catalogna, mentre Podemos ha sul tema posizioni ambigue ma che non escludono la possibilità di un distacco della regione di Barcellona dal resto del regno. ![]() Alle elezioni di dicembre, i Popolari di Mariano Rajoy, premier uscente, hanno ottenuto più voti di tutti gli altri partiti: 7.236.965, pari al 33.4%. Eppure, non esistendo premi di maggioranza nella legge elettorale spagnola, il loro risultato si è tradotto in appena 123 seggi, insufficienti a formare un governo: il Congreso è costituito da 350 deputati, per cui ne servono 176 per avere la maggioranza. ![]() I socialisti del fotogenico Pedro Sánchez non si trovano in acque migliori, con i loro 90 deputati (20,8% dei voti). A questi si aggiungono i 69 eletti (con varie liste) per Podemos e i 40 di Ciudadanos, senza dimenticare i partiti nazionalisti. Per la prima volta dal 1982, la Spagna pare costretta ad un governo di coalizione. Ma la situazione è meno semplice di quel che sembra: immaginare una coalizione ampia di sinistra che comprenda PSOE, Ciudadanos e Podemos è impossibile, perché i due nuovi partiti si guardano in cagnesco. A ben vedere, la somma di socialisti e uno solo dei due partiti non è sufficiente a raggiungere la quota di 176, il che rende fosche le prospettive, a meno di non ipotizzare sommovimenti imprevedibili di deputati, un po’ come accadde in Italia al momento della formazione del governo Letta, prima, o del governo Renzi, dopo (con partiti di centrodestra che accettano la coalizione con il centrosinistra). ![]() Mercoledì 3 marzo scorso, Sánchez si è presentato al Congreso proponendo un governo di coalizione con Ciudadanos, ottenendo in tutto 130 voti; due giorni dopo, con una soluzione simile, è arrivato a 131 voti. Fino al 3 maggio (60 giorni dal primo tentativo di Sánchez), le Cortes possono riunirsi per superare l’impasse. Dopo, il re Filippo VI scioglierà le Cortes e convocherà nuove elezioni, probabilmente già in giugno. Ad oggi, pare l’esito più probabile. Immagini tratte da:
Pablo Iglesias da Ahora Madrid CC BY-SA 2.0, da Flickr Logo Ciudadanos da Trademarked by Ciutadans. This file, by Jotaele91, da Wikimedia, Pubblico dominio. Mariano Rajoy da European People's Party - EPP Summit, March 2015, Brussels, CC BY 2.0 Immagine campagna elettorale PSOE dal sito www.psoe.es. Filippo VI da User:Ruben Ortega; cropped by MrCharro - Lavoro personale, CC BY-SA 4.0
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Novembre 2020
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