Il neo eletto Presidente degli Stati Uniti sta incontrando più di qualche difficoltà nell’attuazione del suo progetto politico.
Detto fatto, o almeno provato. Dopo appena qualche giorno dal suo insediamento, il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha tentato di dare seguito alla sua campagna elettorale passando dalle parole ai fatti.
Molte sono state le promesse di Trump durante la campagna per strappare la presidenza all’establishment americano, ma forse in pochi immaginavano che per prima cosa si occupasse degli immigrati islamici. Forse l’attenzione era più rivolta verso il famoso muro al confine col Messico o alla battaglia politica con la Cina e le istituzioni internazionali; invece Trump ha iniziato il suo mandato con l’emanazione di un provvedimento che vieta l’ingresso sul suolo americano di immigrati musulmani provenienti da sette paesi (Iraq, Iran, Yemen, Siria, Somalia, Libia e Sudan). Tuttavia il decreto non ha avuto vita lunga. Le proteste sono dilagate velocemente in tutto il Paese e gli aeroporti hanno vissuto giorni concitati e, in alcuni casi, sono stati completamente bloccati.
Inoltre, nonostante questa situazione già di per sé complicata, il neo presidente ha dovuto incassare un duro colpo quando un giudice federale di Seattle, James Robart (Repubblicano per giunta), ha sospeso il decreto, seguito a ruota da tanti altri giudici di altrettanti stati. I motivi di questa bocciatura sono da rintracciarsi nei gravi danni economici, sociali e soprattutto dei diritti umani che il decreto avrebbe comportato, riaprendo così le frontiere a quanti ne erano stati esclusi nei giorni precedenti.
Ovviamente Trump non si è arreso: la casa bianca ha presentato ricorso, prontamente respinto dalla corte d’appello federale di San Francisco ampliando addirittura gli errori del decreto. Infatti, si è fatto notare non solo come la sospensione non rechi nessun pericolo di sicurezza al Paese ma addirittura che il decreto in nessun caso possa essere utile alla lotta al terrorismo, che era il motivo centrale per cui era stato emendato. L’ultima carta rimasta da giocare per il tycoon è la corte suprema, ma persino i suoi più stretti collaboratori sconsigliano ciò visto che la parità dei suoi componenti (8 in tutto) tra repubblicani e democratici e un pareggio lascerebbe inalterato la sentenza della corte d’appello. Detto questo le conseguenze del decreto presidenziale sono state davvero importanti, tanto negli States quanto all’estero. In alcuni stati il decreto è stato eccessivamente rispettato e questo ha portato a centinaia di fermi di immigrati con l’obbiettivo di rispedire a “casa” gli irregolari con precedenti. La stampa americana afferma che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono state fermate persone in regola, con la fedina pulita o macchiata da reati minori. Anche dall’estero la risposta al decreto non si è fatta attendere, soprattutto dall’Iran dove sia l’ayatollah Ali Khamenei che il presidente Rohani hanno manifestato il loro malcontento accusando Trump di rilevare l’America per quello che è in realtà, un paese ipocrita e corrotto, il che chiude di fatto quel periodo di disgelo nei rapporti tra le due nazioni voluto dal predecessore Obama con il programma nucleare iraniano. Probabilmente Trump non si aspettava una tale politica ostruzionista nei suoi confronti; tanto dall’opinione pubblica, quanto dalla stampa oltre che ovviamente dalla magistratura. Di fatto il neo presidente ha comunque annunciato l’emendazione di un nuovo decreto volto a contrastare in qualche misura l’immigrazione, sfidando tutti coloro che si oppongono alla sua decisione e in generale alla sua presidenza. La battaglia del “giovane” presidente, nonostante i tanti contrasti e oppositori, è destinata dunque a proseguire e vedremo come andrà a finire.
Immagini tratte da:
- http://www.lastampa.it/2017/02/10/esteri/nuovo-decreto-di-trump-permetter-alle-aziende-usa-il-commercio-di-minerali-insanguinati-dAQWWKxgG3c6CsiBcAXpEN/pagina.html - http://www.today.it/mondo/decreto-trump.html
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Novembre 2020
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