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29/5/2017

I Vaccini – Intervista integrale al Prof. Pier Luigi Lopalco

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di Lorenzo Alemanno

La caratteristica più notevole del Professor Lopalco è senza dubbio la chiarezza, dono piuttosto raro tra gli addetti ai lavori. Professore di Igiene e Medicina Preventiva all’Università di Pisa dal 2016, precedentemente ha lavorato come ricercatore e professore associato presso l’Università di Bari oltre ad aver concluso un’esperienza di circa dieci anni a Stoccolma presso l’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione delle Malattie), l’agenzia dell’Unione Europea preposta al monitoraggio delle malattie infettive. Nel tempo libero è stato co-autore di un capitolo della sesta edizione di ‘Vaccines’, un bignami di sole 1500 pagine dal costo di 500 dollari scritto da tre medici statunitensi (non sappiamo se prezzolati da Big Pharma o meno). Un tale curriculum, dicevamo, non osta alla linearità dell’esposizione del professore, che si dimostra una persona disponibile oltre quanto fosse lecito attendersi.

Professore, iniziamo dalle basi più elementari. Che cos’è un vaccino?

Un vaccino è un prodotto biologico: in esso sono contenuti gli antigeni, ovvero microrganismi o parti di essi che, una volta somministrati ad un soggetto, ingenerano la risposta immunitaria del suo corpo. La differenza tra il vaccino e la malattia vera e propria è che il primo simula la malattia, induce il corpo a rispondere ad una malattia - che non c’è - per mettere in condizione l’organismo di essere già pronto alla reazione qualora entrasse in contatto con la malattia vera, “selvaggia”. Pertanto dire che con il vaccino viene somministrata la malattia nell’organismo del ricevente è del tutto sbagliato, un luogo comune privo di fondamento: ad essere somministrato è un antigene, non il virus o il batterio causa della malattia.

Sappiamo che esistono dei vaccini obbligatori ed altri che non lo sono. Quali sono quelli obbligatori e perché per alcuni è previsto un regime differente?

I vaccini obbligatori oggi, per legge, sono tre: per la difterite, per il tetano e per la polio. Il motivo per cui questi sono obbligatori è un motivo puramente storico. La loro obbligatorietà è molto risalente nel tempo, intorno agli anni ‘50/’60, periodo in cui era mediamente diffusa l’incidenza di simili patologie. Nel ’91 è stata introdotta l’obbligatorietà anche del vaccino contro l’epatite B. Accanto a questi vi è una importante sequela di vaccini fortemente raccomandati, ma la cui eventuale evasione non comporta alcuna sanzione: sono i vaccini contro pertosse, morbillo, rosolia, parotite ed emofilus. E’ molto discutibile lasciare che alcuni di questi non siano obbligatori. Ad esempio la polio è una malattia quasi del tutto eradicata ma continua la vaccinazione obbligatoria, mentre l’emofilus è attualmente circolante con conseguenze pericolosissime: un bambino non vaccinato colpito dal virus potrebbe sviluppare la meningite e morire. Questo dualismo tra vaccini raccomandati ed obbligatori è finto, inutile o addirittura dannoso.

Dunque dalle sue parole pare di capire che occorra un ripensamento della legislazione in materia.

Assolutamente si. Le leggi sulle vaccinazioni sono obsolete e frammentarie. Sarebbe auspicabile un Testo Unico che regoli integralmente la materia e che superi questo dualismo artificioso tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate. L’obsolescenza della materia è tangibile: si pensi al neonato che fa il vaccino contro la pertosse, ma il medico che gli somministra il vaccino non è vaccinato poiché 30-40-50 anni fa tale vaccino non esisteva. E’ recente il caso di un’infermiera di un reparto di oncoematologia che ha contratto la varicella. La varicella di per sé è una malattia piuttosto banale, ma contratta da un bambino immunodepresso è mortale.

Alla luce di quanto lei sta affermando non sarebbe il caso di rendere coercitivo l’obbligo di vaccinazione per il personale medico, impedendo ai non vaccinati di lavorare in strutture sanitarie, e ancor più per i bambini, subordinando l’accesso a scuole ed asili al corretto adempimento delle vaccinazioni?

L’obbligo è declinabile in differenti modi. In Australia ad esempio è prevista l’esclusione dall’assicurazione sanitaria per chi sceglie di non vaccinarsi. Loro dicono: non ti vaccini? Allora ti curi a pagamento da solo. E’ una coercizione indiretta che però funziona. Negli Stati Uniti ci si può sottrarre alla vaccinazione dichiarando espressamente al medico la volontà di non vaccinarsi e i motivi di tale scelta, ed è impedito l’accesso alle scuole per i bambini non vaccinati. Diventa così impossibile sottrarvisi. Bisogna parlare quindi di incentivi e disincentivi, non di obbligo.

Perché i genitori non vaccinano i bambini? Io non credo che si possa ridurre tutto alla diffusione di Internet.

No, infatti non è solo quello. Premettiamo: la stragrande maggioranza dei genitori vaccina i propri figli, siamo comunque intorno al 90%.

…però colpisce la diminuzione degli ultimi anni, dal 95% al 90%. Non è assurdo?

C’è un motivo sociologico. Abbiamo genitori molto informati che però vivono un periodo storico di enorme sfiducia nelle istituzioni, che travolge tutto ciò che viene visto come “sistema”, e quindi indistintamente professori, medici, politici. Questi individui, sfiduciati, trovano in internet una quantità di informazioni spropositata che risponde alla loro disaffezione verso tutto quel che viene visto come istituzione, si auto-convincono delle loro opinioni finendo col ritenerle vere. Internet agisce come un amplificatore della sfiducia di questo periodo storico, è diventata la cassa di risonanza di un malanimo che ha le sue radici in tutt’altro, principalmente la crisi economica, ma che finisce col travolgere anche la scienza. E così si mescola la realtà con il complotto permanente, tutto diventa corrotto, pagato da Big Pharma, veicolato dalle lobby.

Qual è la soglia di sicurezza? Il cosiddetto “effetto-gregge” a quale percentuale statistica risponde?

Innanzitutto l’immunità di comunità – è abbastanza fastidiosa definirla “di gregge” – dipende dalla contagiosità della malattia. Ad esempio il morbillo, che si trasmette con molta facilità, richiede la più alta copertura possibile [è notizia recente un aumento, in Toscana, dei casi di morbillo: la percentuale di bambini vaccinati è scesa all’88%, ndA]. Esistono invece malattie come il tetano che non sono trasmissibili, quindi non si può definire alcuna soglia di copertura. Molto spesso la soglia del 95% è solo un obiettivo di sanità pubblica, rappresenta l’obiettivo concretamente realizzabile nelle campagne di vaccinazione. Il restante 5% è costituito da soggetti che non possono essere vaccinati o perché troppo piccoli o perché immunodepressi o semplicemente soggetti che non figurano nelle liste dell’Asl per problemi burocratici.

Quali sono i reali rischi di un vaccino?

I rischi sono ben conosciuti dalla scienza. In un soggetto sano, come ogni medicinale, un vaccino ha degli effetti collaterali molto accettabili. Partiamo con un esempio: gli effetti collaterali di alcuni farmaci usati per la cura di neoplasie sono devastanti, caduta di capelli, vomiti, desquamazione della pelle. Possono essere letteralmente tossici. Però questi farmaci vengono somministrati a causa della altissima probabilità di morte del soggetto: in una semplice analisi rischi/benefici è preferibile un effetto collaterale terribile rispetto al naturale decorso della malattia che sarebbe ancora peggiore. Il vaccino, essendo destinato ad un neonato, per forza di cose ha degli effetti collaterali estremamente blandi e tollerabili in confronto alla malattia che con esso si previene. Gli effetti collaterali tipici sono febbre, rossore, indurimento, dolore, che rapportati alla gravità, per esempio, della difterite, sono del tutto tollerabili. Il vaccino contro il morbillo, in 1 caso su 40mila, può dar luogo ad una diminuzione delle piastrine (piastrinopenia): la malattia del morbillo, invece, provoca piastrinopenia in 1 caso su 10. La differenza statistica è abissale.

Esistono vaccini che hanno effetti collaterali gravi?

No, nessuno. Si parla spesso dello shock anafilattico: questo è un falso problema dato che varrebbe per qualsiasi tipo di medicinale, e viene controllato tenendo il soggetto in osservazione per i dieci minuti successivi alla somministrazione del vaccino. Altre reazioni avverse invece non sono documentate, o lo sono in misura talmente minima – nell’ordine di 1 su un milione o anche meno – da non avere alcuna rilevanza statistica. Vale il discorso di prima: i benefici sono talmente elevati e diffusi da compensare enormemente eventuali svantaggi. Per quel che riguarda invece autismo o malattie neurologiche siamo di fronte a vere e proprie bufale, non esiste nessun caso di correlazione diretta tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza di patologie del genere: detto in termini poveri, è una balla colossale.

Eppure risale a febbraio una sentenza della Cassazione che ha riconosciuto un danno da vaccino in un bambino, oggi quasi quarantenne, che nel 1981 ha contratto una encefalopatia epilettica dopo la somministrazione del vaccino. Come la spiega?

Nutro forti dubbi su questa vicenda. Dopo 36 anni faccio fatica a pensare che le cartelle cliniche possano essere affidabili, ma ammettiamo anche che sia vero: i vaccini usati negli anni passati erano diversi da quelli odierni. Ad esempio il vecchio vaccino contro la poliomielite aveva come effetto collaterale, in 1 caso su 600mila, una paralisi post-vaccinale. In pratica un caso ogni tre anni. Quindi qualche caso effettivamente c’è stato. In molti altri casi, e posso parlare per esperienza personale avendo lavorato come perito in Tribunale, spesso viene accertata una verità puramente processuale, che è tutt’altra cosa rispetto a quella scientifica. Spesso ci si trova di fronte a cartelle cliniche vecchie, illeggibili, discordanti. Basta che su una delle svariate cartelle compilate da differenti medici in differenti ricoveri ci sia scritto “possibile danno da vaccino”, se non si riesce a dimostrare la diversa reale causa della malattia, si ricorre al danno da vaccino. Ma spesso così non è. Tuttavia gli antivaccinisti traggono linfa da queste sporadiche sentenze per confermare le proprie tesi, senza tener conto della realtà dei fatti, molto più complessa delle equazioni “vaccino = autismo” non comprovate da nessuna base scientifica.
Il Professore si lascia andare, alla fine di questa chiacchierata, ad alcune considerazioni più personali, ma l’impressione che rende è sempre quella di un professionista equilibrato e preparato, che non ha bisogno di iperboli o paroloni per spiegare le proprie tesi, circostanza che infonde di per sé fiducia nell’ascoltatore. L’argomento dei vaccini è tristemente importante: è singolare che uno dei traguardi migliori della scienza medica, che insieme agli antibiotici ha contribuito a raddoppiare l’aspettativa di vita nel mondo nell’ultimo secolo, sia messo oggi in discussione. Ci sono esempi, però, che parlano da soli: forse molti ignorano che a causa del vaiolo, nel XX secolo, sono morte oltre 300 milioni di persone. A seguito di una massiccia campagna di vaccinazione portata avanti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ultimo caso al mondo registrato si è avuto nel 1977. Da allora la malattia è stata eradicata, ovvero è letteralmente scomparsa dalla faccia della Terra, primo caso nella storia. Oggi, infatti, il vaccino contro il vaiolo non esiste più. E questo è forse lo scopo ultimo, fondamentale, di un vaccino: serve a fare a meno di esso.

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