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17/7/2016

Il golpe a tempo

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La maldestra sollevazione dell’esercito turco e la conferma del potere di Erdoğan
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​di Alessandro Ferri
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256 morti e 1440 feriti: questo il bilancio degli eventi turchi del 15 e 16 luglio, quando una parte dell’esercito ha tentato di rovesciare il governo, ritenuto incompatibile con i fondamenti costituzionali. Il Parlamento e il Palazzo Presidenziale di Ankara sono stati bombardati, mentre il ponte sul Bosforo di Istanbul è stato bloccato dai militari. Nell’arco di alcune ore, il governo è stato in grado di riprendere in mano la situazione, dichiarando il colpo di stato fallito. Quasi 3000 soldati sono stati arrestati per cospirazione, e un numero simile di giudici sono stati rimossi dal proprio incarico.
Perché una sollevazione dell’esercito contro il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan? I motivi vanno individuati nella storia dello stato turco e nei recenti sviluppi politici della zona. La Turchia moderna nacque all’indomani della Prima Guerra Mondiale, sulle ceneri dell’Impero Ottomano. Sotto la guida autoritaria di Mustafa Kemal, venne fondata una repubblica rigorosamente laica (fu proibito il velo, si adottò l’alfabeto latino in luogo di quello arabo, furono adottati un codice civile di ispirazione svizzera e un codice penale di ispirazione italiana, abolendo qualsiasi legge collegata alla tradizione islamica) in cui il potere apparteneva al partito unico e l’esercito si faceva garante contro ogni deriva islamista. Quando nel 1934 ogni turco fu costretto ad assumere un cognome (altra pratica occidentale), Mustafa Kemal scelse quello di Atatürk, “padre dei turchi”, il che ci lascia intendere il culto che circondava la sua persona. Atatürk morì nel 1938 per una cirrosi epatica: non casualmente aveva legalizzato il consumo di alcool, immorale secondo  le norme religiose.
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L’Anıtkabir, il mastodontico mausoleo di Atatürk costruito ad Ankara negli anni Quaranta.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la posizione geografica della Turchia la rese un baluardo del sistema occidentale, al confine con l’Unione Sovietica. La Repubblica Turca accettò il multipartitismo ed entrò nella NATO nel 1952. Da allora, ogni volta che un leader politico ha messo in discussione i fondamenti laici dello stato, l’esercito ha fatto pressioni per un cambio di rotta; in mancanza di un segnale concreto, le forze armate sono intervenute direttamente. Fino al 15 luglio scorso, si erano verificati tre colpi di stato militari: nel 1960, nel 1971 e nel 1980. Non è un caso, quindi, che la Turchia abbia l’esercito più ampio della NATO (2.442.700 di soldati), secondo solo a quello statunitense.
Negli ultimi trent’anni, l’economia turca è cresciuta e la situazione politica si è resa più stabile, rendendo simili pratiche un lontano ricordo. Erdoğan è il simbolo della Turchia contemporanea. Nato nel 1954 in una famiglia modesta, è riuscito in pochi anni a costruirsi una brillante carriera politica, che lo ha visto diventare, nell’ordine, Sindaco di Istanbul, Primo ministro e Presidente della Repubblica. Il tutto alla guida del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi), erede di movimenti a fondamento religioso sciolti dalla giustizia turca perché contrari alla laicità dello stato. L’AKP, presentandosi semplicemente come “conservatore”, ha accuratamente evitato di insistere sulle proprie radici islamiche, ma ha comunque portato avanti una politica tradizionalista, reintroducendo il reato di blasfemia e la possibilità per le donne di portare il velo. Negli ultimi anni  Erdoğan ha imposto restrizioni alla libertà di parola e di stampa, oltre al controllo di internet e alle limitazioni al diritto di associazione. Sicuramente ricorderete le proteste di Piazza Taksim e nel parco Gezi del 2013: quello era il dissenso popolare, soprattutto dei giovani, contro le politiche autoritarie del governo.
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Le proteste del maggio 2013 in Piazza Taksim contro la politica autoritaria del governo Erdoğan
La situazione non è migliorata negli ultimi mesi, caratterizzati da una pericolosa gestione della politica estera, con l’appoggio dei fondamentalisti islamici in guerra contro Assad, in Siria, che ha agevolato l’espansione dell’Isis, oltre all’intensificarsi del contrasto alla popolazione curda. Il risultato sono stati decine e decine di attentati in tutto il territorio turco, tra cui il massacro all’aeroporto di Istanbul del 28 giugno, con 45 vittime. Benché la Turchia abbia più volte fatto richiesta di entrare nell’Unione Europea, le politiche autoritarie di Erdoğan e la posizione negazionista sul genocidio armeno (ne parlammo qui) hanno reso improbabili esiti in questo senso.A questo punto possiamo capire perché le potenze internazionali non si siano subito espresse a favore di Erdoğan, quasi ne desiderassero la caduta: il Segretario di Stato americano Kerry, per esempio, si è espresso a favore del governo democraticamente eletto solo nella giornata di sabato, con un tweet.
Quello che è sicuro, è che questo golpe è stato organizzato in modo maldestro. Troppo pochi i rivoltosi, e poco efficace il loro operato. Un raffinato esperto di politica turca come Antonio Ferrari ha parlato di minigolpe improprio, per sottolineare il carattere contenuto della sollevazione, esauritasi nell’arco di poche ore, e i suoi contorni poco chiari. Per esempio, sui mezzi di comunicazione internazionali è girata per ore la notizia che Erdoğan stesse fuggendo dalla Turchia alla ricerca di un paese in cui chiedere asilo. Non era affatto vero, anche perché la situazione era sotto controllo.
C’è chi ha ipotizzato, senza usare mezzi termini, una montatura: Erdoğan, venuto a conoscenza dell’esistenza di un piccolo gruppo di militari insurrezionalisti (cosa comunque credibile), li avrebbe lasciati fare, allo scopo di compattare il consenso interno ed epurare giudici e soldati non allineati. Non è possibile oggi dare una conferma a questa ipotesi, ma appare con evidenza che all’indomani del golpe, il potere del Presidente turco è più saldo. Resta da capire quali siano le sue intenzioni. E quale sarà l’atteggiamento della comunità internazionale.


 Fonti e approfondimenti:

• [inglese] La documentata pagina di Wikipedia, https://en.wikipedia.org/wiki/2016_Turkish_coup_d%27%C3%A9tat_attempt (qui la pagina italiana, più leggera ma non meno interessante, https://it.wikipedia.org/wiki/Colpo_di_Stato_in_Turchia_del_2016);
• L’utilissimo vademecum di Antonio Ferrari, pubblicato sul sito del Corriere della Sera: http://www.corriere.it/extra-per-voi/2016/07/16/chi-c-dietro-golpe-fasulloin-turchia-che-cosa-succede-ora-600dabda-4b47-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml?cmpid=SF020103COR;
• Il vademecum del Post, http://www.ilpost.it/2016/07/17/colpo-di-stato-golpe-turchia-spiegazioni/;
• Un ritratto di Erdoğan, http://www.ilpost.it/2016/05/18/erdogan-turchia/;
• La situazione degli attentati in Turchia a fine giugno, http://www.ilpost.it/2016/06/29/turchia-terrorismo/;
• Il tweet di John Kerry, https://twitter.com/StateDept/status/754089931169861633.

 Immagini tratte da:
• Erdogan parla con Facetime, foto tratta da https://timedotcom.files.wordpress.com/2016/07/turkey-coup-attempt-istanbul-ankara-4.jpg?quality=75&strip=color&w=838;
• Il mausoleo di Atatürk, foto di Mesut Aktürk at de.wikipedia - Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=13007521;
• Le proteste di Piazza Taksim nel 2013, foto di Fleshstorm - Opera propria, CC BY-SA 3.0,  HYPERLINK "https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26669700"https://commons.wikimedia.

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