Obama a Cuba, in attesa del dopo-Castro
Non vi suona strano, sentire un inglese che pronuncia lo spagnolo? Eppure questo breve video ha un che di storico. Con queste poche frasi, infatti, Mick Jagger ha preannunciato al popolo cubano il primo concerto dei Rolling Stones all’Avana (25 marzo scorso). “Storico” nel vero senso del termine: a lungo la musica occidentale è stata proibita in terra cubana, in quanto incompatibile con gli ideali del socialismo reale. Altri artisti rock (Manic Street Preachers, Audioslave, anche i nostri Nomadi) si sono esibiti a Cuba prima del gruppo inglese, ma non si è mai trattato di un evento di simili proporzioni. Come possiamo spiegare infatti un concerto che ha portato alla Ciudad Deportiva della capitale 250.000 persone, tra cui Alejandro, figlio di Fidel? La risposta è la stessa che sta dietro alla recente visita di Barack Obama (dal 20 al 22 marzo): il regime è vecchio, vecchissimo. Dall’8 gennaio 1959, quando Fidel Castro, Ernesto Guevara e il Movimento del 26 Luglio entrarono in armi all’Avana, instaurando il nuovo regime socialista, sono passati 57 anni. All’epoca il Presidente del Consiglio italiano era il senatore Adone Zoli (DC) e il Presidente degli Stati Uniti era Dwight Eisenhower, l’eroe dello sbarco in Normandia. In Francia era appena nata la Quinta Repubblica, col generale De Gaulle presidente e in Gran Bretagna… in Gran Bretagna c’era sempre la regina Elisabetta II, ieri come oggi. ![]()
Oggi Fidel ha quasi novant’anni (li compirà ad agosto), e da dieci ha lasciato ogni incarico (“Presidente del Consiglio di Stato” e “Comandante in capo”) al fratello Raúl, di cinque anni più giovane. Appare evidente ai più che la parabola politica della Rivoluzione Cubana è giunta al capolinea, e i Castro si trovano nella situazione di dover negoziare un’uscita di scena indolore e il più possibile conveniente per i cubani.
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La visita di Obama, prima per un Presidente USA dal 1928, nasce dall’esigenza di consolidare i rapporti tra le due nazioni, in vista della prossima scadenza di mandato dello statunitense. Cuba è oggetto, dal 1962, del Bloqueo, ossia l’embargo commerciale, economico e finanziario da parte degli Stati Uniti, sino ad allora il principale partner commerciale dell’isola. È stato proprio Obama a voler riaprire la questione, autorizzando nel 2009 i voli commerciali tra i due paesi e le rimesse da parte della comunità cubana in Florida verso i propri parenti sull’isola (fino a una cifra annuale che ad oggi è di 3000 dollari). Negli ultimi mesi, i progressi sono stati ancora maggiori, con la riapertura delle rispettive ambasciate (americana all’Avana e cubana a Washington), la ripresa del servizio postale diretto, la fine della discriminazione cambiaria nei confronti del dollaro e la concessione dei visti turistici ai singoli cittadini statunitensi, che prima dovevano o viaggiare in gruppo o fare scalo in altri paesi. Appare chiaro che questi provvedimenti, giustificati come un modo per poter rendere il popolo cubano meno dipendente dal regime, intendono creare i presupposti per rapporti commerciali futuri. Se è improbabile pensare alla Cuba di domani come al cinquantunesimo stato dell’Unione, è comunque ipotizzabile che alla scomparsa del castrismo, l’isola entri nel sistema del mercato libero, e gli Stati Uniti non vogliono perdere l’occasione.
Il percorso di avvicinamento tra i due Stati sarà molto lungo. Troppe, le differenze, a partire da quella tra l’efficiente sistema sanitario dell’isola e il complesso sistema di assicurazioni private del paese continentale. A rimanere in sospeso sono soprattutto due questioni: da parte cubana, quella degli oppositori politici, da parte americana, l’embargo.
Per quanto riguarda il primo punto, il sito di Amnesty International ricorda che la Commissione Cubana per i diritti umani e la riconciliazione nazionale (CCDHRN), una ONG che si occupa del dissenso anticastrista, ha documentato per il 2015 oltre 8600 arresti nei confronti di oppositori politici. Neppure sul fronte statunitense si vedono grandi cambiamenti: nonostante le intenzioni di Obama, l’abolizione dell’embargo appare ancora improbabile, in quanto dovrebbe essere votata dal Congresso, a maggioranza repubblicana (il fatto che due tra i più importanti partecipanti alle Primarie repubblicane 2016, Rubio e Cruz, siano di origini cubane, lascia capire quanto contino gli anti-castristi nel partito dell’elefante). Già, Barack: you can’t always get what you want.
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Novembre 2020
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